Pecore al pascolo

“Io sono dell'amico mio; e l'amico mio, che pascola il gregge tra i gigli, è mio.” (Cantico dei cantici 6:3)

Riflettevo su questo verso e voglio condividere con voi alcune mie considerazioni.

“Io sono dell’amico mio”: Dio ci ha prima immaginati e poi formati nel grembo materno (Giobbe 31:15). Siamo dunque Suoi, e io ritengo che siamo una sua proprietà. Sì, voglio usare un termine forte perché oggi non ci rendiamo conto che la nostra vita non è in nostro potere. Soltanto il Signore conosce i nostri giorni e sa che siamo polvere. A sua immagine e somiglianza, certo, ma pur sempre un soffio che passerà prima o poi.

Ma voglio anche parlarvi del senso di appartenenza che questo versetto ha suscitato nel mio cuore. Noi apparteniamo a Dio, se lo abbiamo fatto entrare nel nostro animo e facciamo la Sua volontà. E se siamo nati di nuovo in Cristo Gesù, siamo come la pupilla dell’occhio Suo (Zaccaria 2:8). Un predicatore diceva “chi tocca noi, tocca il sangue di Gesù”. Un’affermazione abbastanza difficile da comprendere e forse un po’ azzardata, eppure… Dio ci guarda attraverso Cristo.

“L’amico mio”, un termine molto intimo che ci fa pensare ad una relazione profonda. D’altronde nella nostra vita abbiamo sicuramente degli amici che definiamo “intimi”, persone che conoscono di noi tante cose, ma che non potranno mai conoscerci come il nostro Creatore e Salvatore Cristo Gesù. Questo tipo di intimità spirituale, questa relazione che va oltre la nostra comprensione, è questa che Dio richiede alle sue creature affinché diventino Suoi figli ed Egli possa dimorare con loro.

“…e l’amico mio, che pascola il gregge tra i gigli, è mio.”: Questa seconda parte del verso dice tante cose. Dio è il nostro Buon Pastore e ci pascola tra i gigli. Ora, io non sono esperta del lavoro dei pastori, di pecore e di tutto ciò che concerne questa attività, ma ho fatto qualche ricerca e sembra che:

L’habitat naturale delle pecore è rappresentato dalle zone montuose o boscose. Le zone di pascolo si trovano frequentemente in montagna (altopiani, valli, radure) o al di sopra del limite della vegetazione arborea (pascolo d'alta quota o alpeggio), ma possono trovarsi anche in collina e pianura in zone non coltivate sgombre di vegetazione.

Abitudini, comportamento e preferenze delle pecore: Con la stagione cambia anche il comportamento della pecora al pascolo. Le pecore, infatti, non pascolano allo stesso modo nelle diverse stagioni e, a parità di stagione, in qualsiasi ora del giorno. Nel corso della giornata alternano fasi di pascolamento (pasti) e di riposo associato alla “ruminazione”.

Quest’ultima fase è altrettanto importante per la salute dell’animale e per la qualità del latte.

L’attività pascolativa giornaliera è dettata dal fotoperiodo, dalle condizioni meteo e dai fabbisogni delle pecore che variano con lo stato fisiologico (gravidanza, lattazione asciutta). Le pecore preferiscono pascolare la mattina presto e il pomeriggio piuttosto che a metà mattinata.

In Sardegna, là dove non si hanno pascoli irrigui, le pecore vanno in asciutta (l’asciutta è il periodo in qui le pecore non fanno latte e coincide con introduzione nel gregge degli arieti e col periodo dei salti). Nei mesi estivi passano gran parte della giornata all’ombra, amano pascolare di notte alimentandosi prevalentemente con erba secca, esse devono avere sempre acqua pulita a disposizione (ogni pecora in estate beve fino a cinque-sei litri di acqua al giorno).

Nel pascolare scelgono le erbe e le parti di piante che preferiscono: le pecore in genere preferiscono le leguminose (es. i trifogli) alle graminacee (es. l’avena) e le foglie agli steli. Tutto ciò è utile alle pecore, perché potendo scegliere brucano un’erba di migliore qualità rispetto a quella media o scarsa, che talvolta è presente nel pascolo. (varie fonti)

Da tutto ciò ho compreso delle cose:

  1. Le pecore necessitano di cure e attenzioni particolari.
  2. Il pastore deve essere attento ai loro bisogni e passare molto tempo con loro in questa attività.
  3. Il pastore deve avere molta pazienza.

La vita del credente è fatta di monti e di valli, periodi di benedizioni e momenti difficili. Senza la cura del Buon Pastore, noi pecore, saremmo perdute. Ma il Signore ha lo sguardo su ognuno di noi e scruta i nostri passi (Giobbe 34:21).

Concludendo: Noi apparteniamo a Cristo ed Egli appartiene a noi se gli permettiamo di entrare nel nostro cuore. Egli ha cura di noi e guida i nostri passi con il Suo Santo Spirito, affinché non ci voltiamo né a destra né a sinistra ma volgiamo lo sguardo a Lui per comprendere la direzione da dare alla nostra vita.

Infine, abbiamo un amico, un Padre benevolo, che non ci abbandonerà mai!

A Dio la gloria in eterno!

 

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