Comunità

DOMANDA:

Mi chiedo se sia giusto frequentare o no una chiesa tra le tante, oppure pregare per conto mio. 

RISPOSTA:

Ritengo che almeno negli anni formativi sia bene essere inseriti dentro una comunità, anche se questa potrebbe non essere perfetta. Il discepolato è una fase basilare importante che non possiamo sviluppare in solitudine.  Alcuni brevi periodi di isolamento o ritiro possono anche essere utili per fare il punto della situazione (“Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” Osea 2:16 CEI) in modo da chiarirsi per quanto riguarda la eventuale conversione, la decisione del battesimo, ecc., ma poi tutto il percorso del discepolato si realizza nel frequentare una comunità, non nel cammino “fai da te”. Inoltre da come penso io, frequentare una chiesa evangelica non significa seguire pedestremente in modo passivo tutto quello che dicono o fanno, ma entrare in una forma di comunicazione fraterna organizzata comunitariamente, in cui ci si conosce, ci si stima, si dà e si riceve. Si impara ad andare d’accordo, a sentire le varie interpretazioni ordinate di un pastore, gli eventuali studi… L’assiduità dell’edificante confronto fraterno ci aiuta ad abbassare il nostro “Io”, l’orgoglio naturale (che tutti abbiamo e che deriva dal peccato dall’autonomia dei nostri progenitori in Genesi); poi ci aiuta a non rispondere sempre come una polemica o come un dibattito, a non essere troppo suscettibili, a renderci conto che possiamo anche sbagliare nelle interpretazioni. Possiamo imparare a pregare insieme ai fratelli, liberi nelle parole ma espresse con ordine e pace, seguendo un filo logico; possiamo partecipare all’adorazione comunitaria (e non c’è cosa più sublime di questa).

Quando ero molto giovane contestavo sempre mio padre, egli ogni tanto mi diceva: “ti ci vorrebbe qualche anni di militare!” Non aveva tutti i torti. Penso che in questo mondo fatto solo di diritti e ribellioni, avremmo tutti bisogno (io per primo) di imparare una certa ubbidienza, o comunque essere meno suscettibili, perché non abbiamo sempre ragione. Chi procede da solo invece, per ovvi motivi non avendo riscontri, pensa sempre di avere ragione. 

Vi è una guida personale dello Spirito Santo che organizza i nostri pensieri personali e le nostre meditazioni ed è una cosa buona, ma vi è anche una guida comunitaria dello Spirito Santo (ben conosciuta dai bravi pastori) che cerca di condurre una famiglia di fratelli e sorelle a crescere insieme, aspettandosi a vicenda. Chi va troppo forte rallenta, chi va troppo piano si immobilizza. Ebbene anche noi potremmo essere chiamati e a migliorare questa famiglia, perché la Chiesa di Gesù è sempre plurale.

Dunque frequentare o non frequentare una comunità non riguarda solo la nostra convenienza personale evangelica, ma anche il nostro “dare” evangelico. Se tutti abbandonassimo le adunanze nelle chiese che ne sarebbe della Chiesa del Signore?

VI POSSONO ESSERE DEI CASI PARTICOLARI PER NON FREQUENTARE: La distanza fisica della sede di una comunità dove riunirsi ha la sua importanza. Molti di quelli che mi scrivono vorrebbero frequentare ma non hanno una comunità vicina; per questo sono quasi costretti a vivere la fratellanza a distanza. Ma esistono molti modi per non restare isolati. Molte chiese evangeliche sono spesso organizzate attraverso culti in internet. Non è proprio la stessa cosa, ma se usati bene parecchi supporti virtuali possono essere di grande aiuto.

Riguardo alla cura personale della spiritualità nei silenzi e nella solitudine, purtroppo le chiese evangeliche non assistono molto in questo cammino di tipo “mistico”. Certo molti pastori e dirigenti hanno le loro giuste motivazioni e fanno bene i responsabili ad essere cauti, perché il mondo di oggi è e sarà sempre più inquinato da falsi profeti visionari che, credendo di “sentire Dio”, sentono invece una serie di spiriti che non hanno nulla a che vedere. Lo spiritismo mascherato è molto presente in certe chiese. Ad ogni modo escludere del tutto questa possibilità di intimità nella spiritualità non lo condivido. Se valesse sempre questo principio avrebbero ragione anche quelle chiese che ti dicono di non leggere mai la Bibbia da solo. Nel protestantesimo valdese molti fratelli hanno dato la vita per diffondere liberamente la Sacra Scrittura. Forse non si dovrebbe precludere la strada dell’intimità spirituale nei ritiri con Dio, ma spiegarla e introdurla meglio.

PER TENERLI CON SÉ

Ritengo che a persone anziane d’anni e mature nella fede, il Signore può anche chiedere o  concedere una vita più contemplativa ed un rapporto con Lui particolare. Proviamo a leggere questo passo:

Marco 3:13 Poi Gesù salì sul monte e chiamò a sé quelli che egli volle, ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì dodici per tenerli con sé 15 e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.

Posso sbagliare ma il v. 14 e il v.15 uniti da una congiunzione “e” possono esprimere due diversi modo di essere in Cristo: costituiti “per tenerli con sé” il primo, “e“, costituiti “per mandarli a predicare” il secondo. Si, possono essere intesi come un tutt’uno, ma credo ci possa essere una prevalenza a volte dell’uno e a volte dell’altro. A volte il Signore amava che i Suoi discepoli stessero con Lui per il solo fatto dello stare con Lui vicini.

Per alcuni allora questo “tenerli con sé” è vissuto come la corrispondenza ad un richiamo d’amore, per stare accanto a Gesù, come faceva Maria, la sorella di Marta.

L’età l’esperienza di maturità del percorso evangelico ha la sua importanza. L’apostolo Giovanni il più “mistico” tra tutti gli apostoli, ricevette le importantissime rivelazioni dell’Apocalisse proprio quando era molto vecchio e viveva su un’isola.

Senza adesso riferirci a grandi cose, che voglio dire con questo? Che un certo tipo di contemplazione spirituale, che possiamo anche chiamare “consacrazione mistica nella fedeltà biblica” (con tutti i limiti della dicitura), non è da escludere dalla nostra vita. Ma, primo deve essere preparata da molti anni da parte del Signore stesso nella vita di chi è chiamato a questo, infatti non si può improvvisare;

secondo, questa spiritualità elevata non sarà mai staccata dalla Chiesa di Gesù perché in qualche modo queste persone continueranno a confrontarsi fraternamente con fratelli e sorelle e a pregare insieme quando possibile;

terzo, se il Signore concede davvero questo dono della intimità elevata di tipo mistico, chiede anche molto. Chi vive una fede nella solitudine dal mondo, nel puro ascolto del Signore, sa anche che sarà tentato più degli altri. La sua consacrazione sarà rivestita di preghiera praticamente per tutto il giorno proprio per discernere vigilare e provare continuamente la propria fede. Il Signore stesso infatti permetterà che questa anima sia spesso tentata. Sarà sempre per il suo bene, ma non sarà certo un cammino facile ed è bene che si prenda coscienza di questo.

Vorrei spiegare meglio questo concetto con l’esempio del profeta Elia perché l’anima di molti di noi, dolorosamente ferita da certe ingiustizie ed empietà nel mondo, vorrebbe scappare subito dal mondo e riunirsi a Dio sulla montagna più isolata possibile.  Elia era un grande profeta e come tale aveva con lo Spirito di Dio una unione molto viva ed intensa. Il Signore lo attestò con grande potenza fino a far scendere il fuoco dal cielo in presenza di migliaia di falsi sacerdoti. Tuttavia nel corso della sua missione ebbe un profonda crisi e si incamminò nella solitudine del deserto in uno stato di profonda depressione, tanto da non dare più importanza alla sua vita:

1 Re 19:4 ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: «Basta! Prendi la mia anima, o SIGNORE, poiché io non valgo più dei miei padri!» 

Il Signore non gli rispose subito. Pur non abbandonandolo (gli mandò da mangiare v.7) lo provò facendolo camminare “per quaranta giorni e quaranta notti” (v.8) prima di giungere finalmente al monte di Dio.

1 Re 19:9 Lassù entrò in una spelonca, e vi passò la notte. E gli fu rivolta la parola del SIGNORE, in questi termini: «Che fai qui, Elia?» 10 Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita».

Ma anche lì, nonostante il lungo e sofferto cammino. Il Signore non rispose subito e gli disse: 1 Re 19:11a Dio gli disse: «Va' fuori e fermati sul monte, davanti al SIGNORE»….

Molto significativo quel “va fuori”. Il Signore nella Sua sapienza ci spiega spesso  le cose con i fatti, facendoci vivere le esperienze che Lui stesso sta spiegandoci. Elia doveva “uscire fuori da alcuni pensieri che ancora lo legavano” che, se sembravano giusti davanti alla logica del mondo, non lo erano davanti a Dio:

1 Re 19:11b E il SIGNORE passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al SIGNORE, ma il SIGNORE non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il SIGNORE non era nel terremoto. 12 E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il SIGNORE non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un mormorio di vento leggero. 13 Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all'ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e disse: «Che fai qui, Elia?»

Il Signore non comparve ad Elia nello sconquasso della tempesta o nella devastazione del terremoto, ma nella dolcezza della Sua Parola calma e ferma. Anche se alla nostra mente tante emozioni e paure avrebbero ragioni di essere, Dio è al di fuori della nostra emotività; per questo fa in modo di liberarcene quando diventa pericolosa. La realtà di Dio non è la realtà del mondo; la realtà del mondo davanti a Dio è solo apparenza.

La risposta di Dio, seppure come “un mormorio di vento leggero (v.12)” è in un certo senso più potente e sconcertante di qualsiasi cosa che sta nel mondo: Elia viene invitato a rifare tutta la strada in senso inverso, ritornare dove era prima e riprendere quello che aveva interrotto. Gli viene rivelato quello che in certo senso avrebbe potuto già conoscere nella progressione degli eventi, se non fosse scappato, cioè che non era affatto solo, ma che l’Eterno si era riservato un “rimanente fedele” che lo avrebbe aiutato. Penso che quel rimanente fedele non fu suscitato in quel momento solo perché Elia era disperato, ma esso era già vivente ed operante, ed Elia lo avrebbe comunque trovato.

Rapportando questo esempio a noi, nel contesto che stiamo trattando, potremmo dire che in effetti chi si ritira in preghiera da solo e si occupa di profetismo (tipo lo studio del rapimento, del ritorno del Signore, del giudizio delle nazioni, dell’evolversi del periodo millennale, dell’ultima ribellione al termine del millennio, del giudizio finale e della terra nuova e cieli nuovi nella nuova creazione)  e vive questo dono in modo mistico, cioè in una relazione spirituale diretta con il Signore, è pur vero che potrebbe non frequentare le  regolarmente le chiese-denomiazioni, tuttavia nel continuo scontro inevitabile con il mondo, sarà sottoposto a prove molto difficili. Alcune di queste prove colpiranno la nostra anima al centro, in un modo tale che nemmeno Elia riuscì a superare, cadendo egli stesso in una forte e pericolosa depressione. Bisogna considerarlo molto a lungo. Anche per questo, l’invito di Dio ad Elia a ritornare “giù” (nel mondo) e a continuare con l’aiuto del “rimanente fedele”, è una indicazione a non isolarci troppo. 

IN CONCLUSIONE rileggendo l’ultimo passo: 1 Re 19:18 Ma io lascerò in Israele un residuo di settemila uomini, tutti quelli il cui ginocchio non s'è piegato davanti a Baal, e la cui bocca non l'ha baciato», anche noi cerchiamo questo “rimanente fedele”, ci accorgiamo che non indica una “denominazione  perfetta”. Infatti in questo versetto precedente di 1 Re 19:15 Il SIGNORE gli disse: «Va', rifa' la strada del deserto, fino a Damasco; e quando vi sarai giunto, ungerai Azael come re di Siria; 16 ungerai pure Ieu, figlio di Nimsci, come re d'Israele, e ungerai Eliseo, figlio di Safat da Abel-Meola,…  vediamo che il Signore non parla in modo impersonale di “un residuo generico”, ma fa nome e cognome delle persone preposte. Da come capisco significa anche che la scelta del Signore nelle nostre chiese è sempre nominativa; non si tratta di etichette attaccate sopra la porta di una denominazione, che o sono tutte buone o sono tutte cattive, ma di persone scelte dal Signore che agiscono COMBATTENDO tutto ciò che è idolatra (è questo COMBATTIMENTO l’altro punto da considerare molto bene).

Anche il profeta o l’uomo di Dio dunque, benché chiamato, non sta sull’eremo a pregare sempre in estasi, ma attraverso l’eventuale misticismo nei momenti dell’eremo, capisce che è comunque nel mondo che deve tornare, assieme agli altri fratelli che Dio ha chiamato e designato. È con gli altri fratelli che deve testimoniare il Cristo, non in una solitudine contemplativa personale.

R.R.

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