Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

SECONDA RACCOLTA DI APPUNTI  VERSO L'ESPANSIONE SPIRITUALE 1994-1995  (Rev. Febbraio 1998)

di Renzo Ronca

 

 

IL VIAGGIO DELL'UOMO E DELLA CHIESA VERSO DIO nella relatività delle nostre azioni limitate e dei nostri piccoli pensieri

 

PARTE  IV

 

CAP. 2 - LA REAZIONE DELL'UOMO ALL'ABBRACCIO DI DIO

 

     Vedete nella frase da poco citata di Rom. 12, come e' collegato il conoscere la volontà di Dio con l'abbandono incondizionato a Lui? Come può agire il Germoglio del Signore in noi stessi, se noi non gli permettiamo di crescere? E come può crescere se noi lo soffochiamo?  Si, lo soffochiamo. La nostra personalità e' pesante, ingombrante; come una mamma troppo ansiosa, come una organizzazione ecclesiastica troppo presente e saccente, come le nostre paure, le nostre falsità.

      Dobbiamo tenere conto, infatti, che l'impronta di Dio e' come un innesto di una pianta buona su una selvatica. Noi per natura non siamo buoni: siamo la conseguenza del peccato iniziale di ribellione, ovvero di una pianta che all'inizio era buona, anzi "molto buona"[1], ma che e' diventata inselvatichita, peggiorando in mille generazioni fino ai nostri giorni; oggi tra noi ed il legno secco c'e' ormai poca differenza.

      E' qui che interviene il Signore nostro: egli innesta di nuovo, nella giusta stagione, nel giusto modo, la nostra pianta selvatica e striminzita con un germoglio nuovo, forte e rigoglioso: Se stesso: il Cristo. Lo Spirito Suo torna a dare nuova vita alla vecchia linfa e ad ogni primavera mettiamo nuovi rami e nella loro stagione torneremo a dare grande quantità di frutti. Nessuno si deve sentire debole o incapace: la pianta del Signore e' veramente forte e possente: innestati in Lui saremo come risucchiati verso il cielo e diventeremo un albero grande dove tanti piccoli, deboli nella fede, si potranno riparare. E' il Tempio di Dio, cari amici, il nostro corpo.

      Ma pensate che la pianta selvatica faciliti l'innesto buono? Al contrario: e' piena di rami spinosi cresciuti in tutte le direzioni che quasi impediscono al contadino di avvicinarsi; come l'uomo lo impedisce al suo Signore. In un certo senso la pianta e' richiusa in se stessa, come tante persone rabbiose o deluse dalla vita; e' piena di rami inutili che invece di portare frutti disperdono ogni energia della pianta, che così non può più crescere, ma solo incupirsi fino a soffocarsi in una specie di lento suicidio. Come a trionfare su questo sfacelo, ci sono sempre grossi insediamenti di rovi e piante parassite con lunghe spine, che partono dal suo tronco: gli spiriti cattivi, quelli si che crescono ed abbondano in queste situazioni! Sembrano arrampicarsi sul tronco e sui rami più bassi fino a salire in cima. Povera pianta! la terra e' ormai indurita e non permette più l'ossigenazione delle radici; l'acqua piovana neanche filtra nel terreno e sembra nutrire solo i rovi.. se nessuno interviene morirà certamente.

      Eppure Gesù, il nostro Contadino, non si mette paura delle spine: a costo di ferirsi e sanguinare comincia a togliere i rovi fino a sradicarli definitivamente; poi sfoltisce la maggior parte dei rami; poi quando la pianta sembra mostrare il ricordo di una forma, felice l'abbraccia, riprende possesso del suo albero, del suo figliolo che era perduto.

      Questa operazione che sembra semplice e' invece molto pericolosa e difficile e non sempre, purtroppo, riesce.

      Già parlammo della potatura e di quanto, tutto sommato, all'inizio non sia gradita al nostro amor proprio; un po' come il giovane adolescente che si rifiuta di tagliare i capelli. Ma il punto di ora, quello decisivo, quello dell'abbraccio-innesto e' veramente drammatico:

      1) Il contadino sceglie la pianta più adatta, anche se selvatica, quella che sembra forte, giovane, che può dare una certa fiducia nella buona riuscita.

      E' duro accettare questa realtà. Già ci secca dover accettare l'idea di un Dio che ci "comanda", figuriamoci poi che duro colpo per il nostro concetto di "democratica libertà" l'idea di un Dio che "sceglie" le piante che più gli vanno bene! Non ci sembra "giusto", vero? Perché alcune si ed altre no? Ma vediamolo in dettaglio:

      Più che selezione di Dio si tratta di "un'autoselezione" dell'uomo stesso: pensate alla parabola del gran convito: il padrone ci casa manda a chiamare gli invitati, ma e' a causa del loro rifiuto che questi vengono poi definitivamente esclusi[2] ed il padrone della casa si rivolge ad altri. Quindi non si può imputare a Dio la colpa delle nostre disubbidienze. Ci si dimentica infatti che Lui e' il "padrone di casa" non noi. Lui e' il Signore della terra, del nostro corpo, non noi; e quando ci chiama (per giunta per una festa!) e' sempre il Signore che chiama. Certo, ci lascia liberi di dire di no, ma poi non andiamo a protestare, a parlare di ingiustizia quando Lui prende altri al nostro posto! Tutti siamo chiamati, per il fatto stesso di essere piante Sue nella terra Sua, ma pochi abbiamo voglia di andare.

      Per inciso possiamo aggiungere che sovente purtroppo sono proprio quelli che avrebbero più "diritto" perché più "amici", più "della famiglia", quelli che lo tradiscono di più.

     

      2) Il criterio della selezione da parte di Dio non e' di facile comprensione logica per noi e non guasterebbe un po' d'umiltà: ciò che all'uomo appare difettoso, debole, incapace, sciocco, potrebbe invece, davanti a Dio, essere l'albero giovane e che promette bene per l'innesto. La pianta che da sola si vede forte e sana rischia di essere come i farisei "ciechi" spiritualmente che dicono di vederci molto bene.[3]

 

     Ed eccoci ora all'innesto-abbraccio vero e proprio: quando Gesù, dopo averci "visto", ci vuole abbracciare, noi istintivamente ci chiudiamo di nuovo e tendiamo a fuggire. E' comprensibile data la nostra natura esteriore ormai così estranea a quella divina. Pensate a come si fa realmente un innesto: uno dei modi e'  recidere di netto il giovane tronco della pianta, quindi inserire il germoglio buono dentro la corteccia del ceppo rimanente legandolo stretto.

      E' proprio questo essere recisi che non possiamo istintivamente accettare! Si certo crescerà una pianta buona, diverrà albero, porterà frutti... belle parole... ma il fatto e' che al momento quel taglio equivale alla mia morte. Il mio istinto di conservazione mi impedirà di accettarlo.

      Qui sta la vera differenza tra chi crede e chi non crede. Un atto cosciente-incosciente di fede che supera la paura della morte. E' inutile mitigare il cristianesimo, annacquarlo di un manto leggero di faciloneria e perbenismo... la croce e' una scelta drammatica che non lascia spazio agli intellettuali e ai ragionamenti dei saggi: o la accetti o non la accetti.

      All'inizio chi non accetta l'ideale cristiano? Basta volersi bene, credere in Gesù... in fondo e' facile. Ma e' proprio questo che ci viene chiesto? 

 "....siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente.. "

      E' questa trasformazione radicale che non ci riesce. Accettiamo l'abbraccio del Signore fino ad un certo punto. Non proseguiamo la strada dell'espansione cominciata al momento del battesimo. Non riusciamo a fidarci del tutto. Poca fede, tiepida e pigra; questa e' l'amara verità.

      Abbiamo paura di esser trasformati; ed e' logico, non abbiamo conoscenza alcuna di come avviene questa trasformazione; ma la logica nella fede serve a poco.

      Pensate alla trasfigurazione di Gesù davanti a Pietro, Giovanni e Giacomo: nonostante fossero stati portati sopra "un alto monte, in disparte" (elevati, riservati, staccati dal quotidiano), scelti persino tra altri buoni fratelli, essi  non capivano, erano frastornati e volevano fare tre tende.[4] Noi non abbiamo conoscenza del nostro vero aspetto, di come eravamo e di come saremo alla resurrezione e per sempre; persino vedendolo non capiremmo niente, saremmo frastornati proprio come i tre apostoli.

 Però sentiremmo che "e' bello restare lì" e desidereremmo abitarci dimenticandoci di tutto.

Ecco potremmo percepire le cose solo per rivelazione ma anche quella, finche' staremo in questo corpo non sarà del tutto consapevole.

In mancanza di questa grazia, della rivelazione vera, reale, di Gesù, dovremmo procedere per sola fede.

      Solo tre apostoli hanno visto Gesù trasfigurato prima della sua resurrezione. Una piccola parte del già piccolo gruppo di apostoli. A questi tre, poi, "mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine dicendo: -Non parlate a nessuno di questa visione finche' il Figlio dell'uomo non sia resuscitato dai morti-" 

      Una piccolissima parte di noi stessi percepisce, "vede" il Signore, pure se non lo comprende del tutto; ma anche quel poco che può capire non lo deve rivelare fino a che non sarà il momento. Come i tre apostoli sono una parte degli altri, così una parte di noi stessi, la più piccola, sa, ha visto, ha conosciuto "sopra un alto monte" la realtà della divinità; sa, conosce. Ma questa sapienza e' come un'impronta non consapevole, che non può rivelarsi; non può parlare alla nostra coscienza fino a che Dio non lo vuole. In questo modo tutta la nostra persona, pur sapendo, e' come se non sapesse affatto.

      E' come se le sensazioni del tatto, della vista, dei nostri sensi insomma, non arrivassero momentaneamente all'elaborazione del cervello, e rimanessero invece conosciute dalle mani e dagli occhi.

      In pratica non vi sarebbe una conoscenza "cosciente", esteriore, chiara, presente, ma solo "latente", nascosta, sotterranea. Un'impronta appena rivelata.

      Allora come procederemo "sapendo ma senza sapere"?

      Tutta la nostra persona procederà per sola fede.

      Un innegabile profumo testimonia che c'e' un bocciolo di rosa nel nostro cuore; per quanti sforzi facciamo non riusciamo a vederlo, ma sappiamo che fiorirà presto.

      Una innegabile impronta ci attrae e si specchia nei nostri occhi quando nella solitudine pensiamo al mistero della vita e guardiamo il cielo. Non sappiamo dire a parole, ma e' in noi qualcosa che e' anche lassù, che c'e' e "ci illumina d'immenso" il cuore, come dice il poeta.

      Ma di questa impronta abbiamo anche paura.

      Pure se questa vita ci delude e arriviamo ad odiare il mondo, non troviamo alternativa preferiamo continuare a vivere scontenti e male piuttosto che saltare tutto per abbandonarci totalmente alla pura fede in Cristo, al suo abbraccio. 

     Abbiamo paura di quell'innesto, di essere recisi. Abbiamo paura di morire a noi stessi.

      La parola di Gesù contro l'evidenza dei fatti: abbracciare Gesù potrebbe significare rivivere DOPO; ma ORA se lascio "recidere" questo "tronco selvatico" che sono, significa per me certamente morire.

      Mai come in questo abbraccio si presenta drammatica la scelta tra la vita e la morte:

 "Poi disse a tutti: -Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia,la salverà.-"[5]

      Seguire Gesù allora non e' il piacevole seguire funzioni liturgiche comodamente seduti, sbilanciandoci al massimo in qualche offerta natalizia; qui si parla di un rinnegamento di se stessi, di una trasformazione radicale, una rivoluzione del nostro modo di essere, di pensare e di operare.

      Si tratta di credere sul serio ed abbandonarci a questa "morte-vita" che il Signore solo può sapientemente fare.

      Non e' vero che la croce sia una morte terribile e dolorosa: certo lo e' per chi e' attaccato a questo mondo, ma vi domando, non sarebbe innaturale vedere una pianta d'oleastro che disperatamente cerca di restare aggrappata ai rovi ed alle spine quando potrebbe tornare ad essere ulivo?

      Ci vuole coraggio e forza. Ed il coraggio e la forza vengono da Dio: chiediamo allora coraggio e forza perché la nostra debole vita non sia sopraffatta dalla paura e dalla chiusura per le ansietà giornaliere!

      Abbandoniamo TUTTO della nostra precedente personalità e lasciamoci indirizzare dallo Spirito di Dio:

 "Non mentite più gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell'uomo vecchio con i suoi atti, e vi siete rivestiti dell'uomo nuovo, che si va rinnovando nella conoscenza ad immagine di colui che l'ha creato. Qui non c'e' più Greco o Giudeo, circonciso e incirconciso, barbaro e Sciita, servo e libero, ma Cristo e' tutto e in tutti."[6]

 Cambia tutto il nostro modo di vedere sia noi stessi, sia gli altri. 

"Perciò d'ora in avanti noi non conosciamo nessuno secondo la carne;..." "Se dunque uno e' in Cristo egli e' una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco tutte le cose sono diventate nuove."[7]

 Queste frasi profonde e meravigliose che abbiamo sentito tante volte, ma siamo davvero così? Chi e' che riesce a non conoscere più nessuno secondo la carne? Chi e' consapevole di essere in Cristo una nuova creatura? E se anche uno ne fosse convinto in se stesso, e' proprio sicuro di lasciarsi sempre e continuamente trasformare secondo la Sua volontà e non secondo la propria? 

     Io penso che questo abbraccio, così abbandonato verso il nostro Signore, tanto cieco da dimenticare persino la nostra vita, da essere superiore perfino ai legami terreni più forti, tanto fiducioso da lasciarci VERAMENTE TAGLIARE ED INNESTARE, difficilmente lo abbiamo attuato.

      Almeno io non mi sento così bravo.

      L'unica cosa che ci può salvare e' questo voler procedere nonostante tutto, nonostante noi stessi, nonostante i peccatori quali siamo; sapendo con certezza che se dipendesse da noi nessuno si salverebbe; confidando solo sull'immeritata benignità e fedeltà di un Dio che, nonostante le nostre azioni, ci rimane fedele, perché e' Dio e non può mentire come facciamo noi regolarmente.

     Allora, per quanto possibile, seppure con la normale paura di chi non può conoscere l'eternità o il nostro aspetto futuro di "nuova creatura", lasciamoci lo stesso abbracciare, innestare, trasformare dal nostro caro Signore Gesù. Pensate che ogni spina, ogni dolore e delusione e ferita che ci ha ridotti così selvatici e diffidenti, chiusi, ribelli e violenti, ecco, ogni spina di queste, Gesù l'ha presa su di sé, ne ha fatto una corona: e di quelle poche spine che ci ha lasciato accettiamole senza mormorare perché saranno anche la nostra corona quando verremo portati via da qui.

      Coraggio! Lasciamoci abbracciare da Gesù e nel silenzio delle nostre preghiere personali diciamogli "sia come tu vuoi"..

 

 

 
Correlazioni:
 

1 - L'IMPRONTA DI DIO: ORIGINE E FINE

3 - LA REAZIONE DELLA COMUNITA' ALL'ABBRACCIO DI DIO:

4 - ECUMENISMO ED IMPOCRISIA - PERSONE NON CHIESE - PROPOSTE CONCRETE PER TUTTI   

 

 

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[1] Gen. 1:3

[2] “Perché io vi dico che nessuno di questi uomini che erano stati invitati gusterà la sua cena” Luca 14:24

[3] Giov. 9:40-41

[4] Matt 17:1-3

[5] Luca 9:23-24

[6] Col. 3:9-11

[7] 2 Cor 5:16 e segg.

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