Martin Lutero espone le 95 tesi

Giacomo 2:14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, 16 e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? 17 Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. 18 Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». 19 Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. 20 Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? 21 Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare? 22 Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; 23 così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. 24 Voi vedete dunque che l'uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. 25 E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un'altra strada? 26 Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

 

Il sopracitato brano della lettera di Giacomo nel tempo è stato oggetto di profonde disquisizioni teologiche sul suo autentico significato.

In questa sede, evitando diatribe teologiche varie non utili all’edificazione io ritengo che secondo la linea di fede che ho scelto di seguire le opere non sono un requisito necessario per la salvezza come alcuni vogliono far intendere, ma altresì esse sono la prova evidente di una autentica fede riposta nel Signore. 

Di conseguenza Giacomo in questo brano ci richiama a ricordare che una vera fede in Dio produce frutto visibile (opere coerenti) e se questo frutto non c’è allora la fede è morta in sé, perché è come un meraviglioso albero da frutto che non porta frutto, è cioè fine a sé stessa, non ha senso! 

Ora, soffermandoci in particolare sui versetti 19-20 credo si possa cogliere il vero monito del brano e in ultimo il suo insegnamento più profondo: La fede in Dio non è e non può essere una semplice adesione intellettuale sull’esistenza di Dio, altrimenti dovremmo includere tra i credenti anche i demoni! La vera fede invece è qualcosa di più profondo che un’adesione intellettuale perché cambia radicalmente il cuore e la mente dell’uomo e porta ad una “nuova nascita”. La nuova nascita non agisce soltanto sugli atteggiamenti ma anche necessariamente sui comportamenti del credente, che ne sono la diretta conseguenza.

Per meglio comprendere questo punto si può tenere conto del fatto che anche a livello sociologico un concetto base è che certi tipi di atteggiamenti (intesi come predisposizioni mentali) richiamano certi tipi di comportamenti (stimolo-risposta). Se questi comportamenti non ci sono o sono diversi dagli atteggiamenti dichiarati allora probabilmente questi ultimi non sono mai stati reali e presenti nell’individuo.

Ora, similmente e a maggior ragione una fede (che qualcosa di più profondo di semplici predisposizioni mentali) che non fa seguire a nuovi atteggiamenti anche nuovi comportamenti conseguenti in realtà è secondo Giacomo una fede che è da principio inesistente oppure è ancora incompleta.

Per cui la vera fede fa agire, è azione e porta a cambiamenti visibili all’esterno. D’altronde qualunque cosa in cui si crede veramente porta a opere conseguenti ad essa, se non agisco, se non ho comportamenti conseguenti, allora in realtà è indice che in fondo non ci ho mai creduto veramente.

Ora, non c’è dubbio che le opere dell’uomo non concorrono assolutamente a nulla alla salvezza perché:

1) Egli da sé è totalmente incapace di fare qualcosa in tal senso;

2) Il sacrificio di Cristo è stato pienamente sufficiente agli occhi di Dio e la Sua opera perfetta e quindi noi con le nostre opere non possiamo aggiungere nulla ai fini della salvezza;

Ma allo stesso tempo, dobbiamo tenere conto che questo non significa assolutamente essere liberi di non fare nulla per la fede e dirsi comunque credenti! Questo è evidenziato nei versetti 15-16 del brano, dove chiaramente non si può essere davvero caritatevoli col prossimo senza fare la carità!

Quindi, delle opere degne della fede riposta in Gesù Cristo possono essere prova di una fede autentica in Dio. In altre parole, le opere possono costituire prova evidente di salvezza e di autentica fede in Dio per il credente benché allo stesso tempo queste non siano mai un requisito necessario per raggiungere la salvezza, la quale si ottiene invece per sola grazia mediate la fede nell’opera e nella persona di Cristo Gesù. Le buone opere secondo le Scritture sono cioè un effetto, una conseguenza, di una fede salvifica in Cristo e questa, in sintesi, è tra l’altro la conclusione a cui sarebbero arrivati Lutero e Calvino dopo svariati studi sul testo.

Ritengo perciò che in generale l’intero capitolo 2 di Giacomo può essere considerato un edificante monito all’azione conseguente alla fede riposta in Dio, a una sorta di

verifica che ogni credente può fare.

In ultimo ritengo comunque che la relazione opere-fede come prova di vera fede del credente e salvezza di quest’ultimo non è un qualcosa (secondo me) di meccanico o che si possa forzare: Il vero credente spontaneamente e naturalmente guidato dallo Spirito Santo agirà con opere coerenti alla fede riposta in Dio. Per questo chiediamo con piena fiducia e convinzione la guida dello Spirito Santo ed egli non tarderà ad arrivare per renderci conformi alla volontà del Signore e ad aiutarci a perseverare nella fede viva fino alla fine, fino al giorno del Rapimento dei credenti in Cristo. Sia ogni lode e gloria a Dio.

Gianni Cellitti

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