Gesù guarisce cieco

Giovanni 9:35 Gesù udì che lo avevano cacciato fuori; e, trovatolo, gli disse: «Credi nel Figlio dell'uomo?» 36 Quegli rispose: «Chi è, Signore, perché io creda in lui?» 37 Gesù gli disse: «Tu l'hai già visto; è colui che ti sta parlando». 38 Egli disse: «Signore, io credo». E l'adorò. 39 Gesù disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi».

Il passo sopra citato si riferisce ad uno dei grandi miracoli compiuti dal Signore Gesù durante il suo ministero terreno: la guarigione del nato cieco. La narrazione di questo evento a mio avviso può ben offrire ricchi e molteplici spunti di riflessione, ne esporrò uno in particolare: Le similitudini e le alterità reciproche tra il nato cieco e i farisei increduli, entrambe, a mio modo di vedere, figure archetipiche del rapporto uomo-Dio.

All’inizio della narrazione l’uomo nato cieco e i farisei increduli, si trovano nella medesima situazione spirituale: entrambi non hanno ancora veramente conosciuto Dio. Ad entrambi il Signore, nella sua infinita misericordia e giustizia, da più che eque possibilità di conoscerlo, mediante l’unica vera via, Gesù Cristo.

Infatti, il “nato cieco” e i farisei sono non diversamente l’uno dall’altro destinatari del miracolo compiuto da Gesù e in generale di tutto il suo ministero terreno. Entrambi sono posti di fronte alla domanda fatidica, che ancora oggi è più valida che mai: come mi pongo di fronte a Gesù, detto il Nazareno? Accetto nel profondo del cuore la sua opera o la rifiuto?

Ora, proprio qui, emerge un primo elemento radicale, che in questo episodio narrato si presenta chiaramente: Il nato cieco non è “soggetto passivo” del miracolo (1). In altre parole, Gesù non compie il miracolo e poi semplicemente se ne va, fa molto di più, pone un seme spirituale nel cuore del “nato cieco”. Quest’ultimo è chiamato a rispondere ovvero scegliere o meno di riconoscere pubblicamente Gesù. Nella storia questo accade progressivamente: In un primo momento riconosce nell’uomo Gesù l’autore del miracolo benché non sappia dove si trovi (9:11); poi gli riconosce l’autorità minima di profeta (9:17) e infine riconosce, di fronte all’autorità dei farisei increduli, che Gesù sia senza dubbio da Dio e che la portata del suo ministero è straordinaria e mai vista prima d’ora. A motivo di ciò egli viene espulso dalla sinagoga (9:30-34). Che progressione magnifica! Il seme spirituale impiantato da Dio è stato nutrito ed è pronto per sbocciare e non a caso è proprio allora che Gesù torna a trovarlo e gli porge la domanda più importante della sua vita: “Credi nel Figlio dell'uomo?”. Il seguente “Signore, io credo” dell’uomo è apoteosi della fede. Il nato cieco aveva ricevuto la grazia di Dio, aveva riconosciuto a livello intellettuale e pubblicamente l’autorità di Gesù e infine, maturato il seme divino in lui, conosce spiritualmente e accetta nel suo cuore l’opera di Gesù: Egli è il Messia, il suo Salvatore. In un solo giorno il nato cieco ha acquistato sia la vista fisica che quella, ancor più importante, spirituale.

Ciò che può insegnarci quest’uomo è l’umiltà con la quale accetta l’opera di Dio nella sua vita, l’umiltà ma anche allo stesso tempo prontezza di spirito. In altri termini, egli si è lasciato guidare dalla ragione dello Spirito, anche andando contro le autorità umane del suo tempo.

Da notare poi che, in fin dei conti, è Gesù che fa tutto: Trova l’uomo una prima volta e pianta in lui il seme dello Spirito e poi torna una seconda volta per farlo germogliare pienamente. In tutto questo il nato cieco non deve far altro che accettare umilmente e lasciar lavorare lo Spirito in lui. Similmente noi non dobbiamo far altro che accettare Gesù nella nostra vita e seguirlo con tutto il nostro cuore, la nostra mente e la nostra forza, Dio farà tutto il resto.

Dal versante opposto, invece, ci sono i Farisei increduli. Istruiti e studiosi della Scrittura avrebbero dovuto riconoscere, prima di ogni altro, Gesù come il Messia promesso e tanto atteso. Eppure, ciò non avviene, anzi tutt’altro, è tacciato addirittura di essere un peccatore! I motivi di ciò sono molteplici e d’altronde è bene ricordare che questo doveva accadere secondo le Scritture, tutto era già stato profetizzato nell’Antico Testamento (2).

In ogni caso anche i farisei increduli rispondono a modo loro alla domanda “Credi nel Figlio dell'uomo?”. Per loro la risposta è negativa e lo è come tale perché in ultima istanza hanno scelto nel cuore la loro legge corrotta e deformata a quella autentica di Dio. 

Ed ecco che emerge il secondo elemento radicale: Tutta la loro conoscenza intellettuale non gli era servita a conoscere veramente il Signore, e questo perché non lo avevano accettato davvero nel cuore. Si può essere profondi conoscitori intellettuali della Scrittura e allo stesso tempo essere spiritualmente morti, ovvero senza una vera conoscenza di Dio nel cuore e nella mente.

I farisei increduli, di fronte a Gesù si erano posti con l’orgoglio, l’arroganza e la superbia in luogo dell’umiltà. Avevano scelto di difendere la loro autorità debole e finita anziché sottomettersi ad una più alta e definitiva. In tal senso il “da’ gloria a Dio” del versetto 9:24 era altresì un da’ gloria agli uomini! Essi non volevano essere smentiti nel loro rigido legalismo distorto a tal punto da essere ciechi di fronte all’opera di Gesù, il loro Salvatore promesso.

Ora, messe a confronto le due figure ritengo che la miseria e l’ignoranza dell’uomo nato cieco non gli abbiano impedito di vedere in Gesù il Cristo promesso; La ricchezza e la presupposta conoscenza dei farisei increduli hanno impedito loro, nonostante tutto, di vedere in Gesù il Cristo.

In conclusione: Qual è l’elemento chiave di tutto? L’umiltà di cuore e spirito. Il nemico più grande: La superbia e l’orgoglio che ognuno può avere nei confronti di Dio.

La sapienza umana se distorta può distruggere il seme di Dio in noi; è totalmente incapace di crearlo.

Che Dio ci protegga dai pericoli che hanno afflitto i farisei e ci guidi per l’evento che tutto il creato attende: Il Ritorno in gloria di Cristo Re. Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni». E chi ode, dica: «Vieni». (Apocalisse 22:17) Amen.

Gianni Cellitti

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(1) In generale in tutti i miracoli compiuti da Gesù i destinatari non sono “soggetti passivi”. Tutti ad ogni modo sono chiamati a porsi onestamente di fronte a Gesù e decidere se seguirlo con tutto il cuore o meno. In tal senso il miracolo è allo stesso tempo una grazia e una chiamata di Dio all’uomo. L’opera di Dio ci pone un seme spirituale nel profondo del cuore e noi siamo chiamati a decidere se coltivarlo o meno.

(2) Un esempio di questo è Giovanni 12:39-40; Vedere anche Isaia 53:3 e in particolare è da tenere presente la parola ebraica אישים (ishim). Quest’ultima è tradotta in italiano con “uomini” ma il significato in lingua originale sta ad intendere meglio “uomini di alto rango”. Questo conferma che Gesù sarebbe stato rifiutato, in primis, dai ranghi più alti della società ebraica e cioè proprio da coloro che per primi dovevano riconoscerlo.

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