catena spezzata si trasforma in uccelli che volano

(Prosegue da UN CUORE CALMO - 617 std )

RIFLESSIONE PERSONALE

Riflettevo sullo scritto precedente della sorella Stefania intitolato “Un cuore calmo”. Mi ritrovo molto in quanto ha scritto sulla instabilità dei sentimenti. Ho fatto spesso errori gravi nel seguire in modo impulsivo svariate emozioni, che poi hanno causato danni pesanti in me stesso e in chi mi era vicino. Questa consapevolezza diventa a volte devastante quando con i sensi di colpa, ad esempio, si continua a dare spazio a certi impulsi del cuore. “Possiamo però prendere il nostro cuore e decidere di riporlo al sicuro, fuori dall’influenza degli elementi del mondo. In Dio, per la Grazia donataci in Cristo Gesù” dice la sorella Stefania, ed ha ragione. Io questo lo capivo razionalmente da molti anni, ma c’era qualcosa dentro, che a volte mi impediva di farlo mio, di gustare appieno la grazia. Recentemente ho compreso che la gioia della gratuita grazia non può prescindere da un passaggio in una profonda sofferenza interiore (almeno per me). Il Signore ci perfeziona di giorno in giorno ma più entra la Sua luce e più si vedono le nostre ombre scure, come il tumore in una radiografia. Accettare che esistano questi punti neri è estremamente difficile e doloroso. E quando proprio sono evidenti questi peccati ce la prendiamo con noi stessi. Ho davanti ai miei occhi i momenti neri in cui sono caduto e ogni volta li vedo più grandi. So bene che il Signore perdona i nostri peccati, sono io che nel mio perfezionismo esagerato mi auto-giudico e non so perdonare bene me stesso nelle imperfezioni che ho. Poi quando finalmente abbattuto e stanco della mia lotta e dei miei giudizi sul mio passato imperfetto mi arrendo e mi metto in ginocchio davanti al Signore, è lì che la grazia mi avvolge. Ma spesso è diversa da come l’avevo idealizzata. Ho sempre pensato che la grazia fosse una cosa solo gioiosa e piena di felicità, allegra quasi; tuttavia pure se col suo abbraccio mi calma, avverto in me un timor di Dio diffuso, molto difficile da definire: magari non mi abbatto nel senso di colpa, ma nemmeno faccio salti di gioia, perché ricordo che ho comunque sbagliato. Probabilmente Pietro si sentì così quando, dopo aver rinnegato Gesù ed aver pianto amaramente, il Signore lo ristabilì e lo rafforzò.

Come si fa a “prendere il nostro cuore e decidere di riporlo al sicuro, fuori dall’influenza degli elementi del mondo. In Dio, per la Grazia donataci in Cristo Gesù”? Mi chiedevo se esiste una prevenzione, se possiamo farlo prima di commettere dei peccati, in modo da evitare tutto il travaglio che ne deriva.

APPROFONDIMENTO BIBLICO

C’è un salmo meraviglioso di Davide, il 139 che forse ci può aiutare: Pensiamo a questo tipo di consapevolezza:

SIGNORE, tu mi hai esaminato e mi conosci.
2 Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo,
tu comprendi da lontano il mio pensiero.
3 Tu mi scruti quando cammino e quando riposo,
e conosci a fondo tutte le mie vie.
4 Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua,
che tu, SIGNORE, già la conosci appieno.
5 Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle,
e poni la tua mano su di me.
6 La conoscenza che hai di me è meravigliosa,
troppo alta perché io possa arrivarci.

a) Davide “sa”, che Dio lo conosce di una conoscenza impossibile da capire per l’uomo. Sa che “6La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci”, per cui non fa speculazioni teologiche o filosofiche ma lo prende come un dato di fatto.

b) Egli si abbandona a tale conoscenza e sapienza di Dio non solo accettando il profondissimo sguardo dell’Eterno nelle profondità del suo cuore umano, ma sapendo i limiti e le imperfezioni di se stesso, CHIEDE questo esame continuo da parte del Signore nelle sue azioni e nel suo pensiero; chiede di essere provato, chiede che vengano evidenziate le eventuali “vie inque” affinché possa essere corretto e giungere così, al traguardo della vita eterna.

23 Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore.
Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri.
24 Vedi se c'è in me qualche via iniqua
e guidami per la via eterna.

Penso che in questa assiduo esame divino, se lo richiediamo con regolarità ed umiltà, noi possiamo trovare molta pace. Se ci fate caso non si tratta di un “esame di coscienza” come quello che nel catechismo ci insegnavano da bambini. In quello infatti rimaneva come la possibilità di una gestione personale, come se l’uomo stesso potesse da solo vedere i peccati e correggersi. Qui siamo su un altro piano: umanamente più umile (l’uomo da solo non sa nemmeno vedere certi suoi peccati né dove portino), ma spiritualmente molto più elevato (solo tu o Dio puoi veramente conoscere il mio cuore). Non solo ma in questo timor di Dio non è presente la paura, Davide “sa” che il passaggio dello sguardo del Signore dentro il suo cuore, pur se vedesse le ombre del peccato e gli causasse una contrizione dolorosa, è uno sguardo buono, teso a rimuovere le parti di peccato, a riparare il cuore. Solo in questo modo, quando il nostro cuore è privo di peccato e di intenzioni di peccato, Egli ci può abbracciare senza più il rischio di alcuna condanna. E' quell'abbraccio, forse, che l'anima nostra cerca costantemente ed in esso non è nemmeno definibile il sentimento meravigliso che proveremo. Lode a Dio.

 

 

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