Uomo guarda il cielo

(Continua da... COME COMUNICA IL SIGNORE CON NOI: OSSERVAZIONE, CONTROLLO, CONSTATAZIONE, APPROVAZIONE DELL’ETERNO (PARTE 4) - 702 ST)


Nelle precedenti parti abbiamo detto: "... la comunicazione divina, che si articola in modo sempre più perfetto, è simile a quel meccanismo che chiamiamo feedback o retroazione...". Cercheremo ora di prendere in prestito questo meccanismo adattandolo al nostro ragionamento cristiano.

Proviamo a schematizzare il dialogo tra Dio e l'uomo in Genesi 3:

 fig.1

La domanda, vedete nella fig.1, è un “input-pungolo-Parola” che viene inviato all’uomo (il cerchietto con la “u”) e quasi lo “trapassa” investendolo. L’uomo non può non sentirlo; però potrebbe non voler rispondere, perché è piaciuto a Dio lasciare le Sue creature libere di scegliere.

Ognuno di noi nel corso della sua vita si è trovato smarrito ed impaurito di fronte a questa domanda di Dio che viene a cercarci, ed ognuno di noi ha dato (o evitato di dare) la sua risposta. Diciamo che Dio fa il primo passo e aspetta una risposta.

Certo la risposta dell’uomo sarà fondamentale per la salvezza futura dell’uomo stesso, ma pensate prima all’importanza della domanda. Dio non era tenuto a cercarci; poteva anche non farlo. Che sarebbe successo se non ci avesse cercato? Semplice: l’uomo sarebbe rimasto sotto la condanna della morte che si era scelto da solo, allontanandosi per sempre dal Padre Eterno. Il fatto dunque che Lui per primo ci abbia cercati è già un motivo di riconoscenza perché ci permette di modificare un destino di morte.

Ad ogni modo l’uomo, seppure con tutte le sue paure, rispose a Dio.

Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto». (Genesi 3:10)

Vediamo di schematizzare anche questa risposta:

 fig.2 

Osservate con attenzione: La domanda-Parola-input “dove sei?”, così intensa e potente, raggiunge l’uomo che si era nascosto; nel momento in cui questi risponde usa anche lui delle parole. Ma sono limitate parole umane, che parlano di paura, di angoscia, perché la luminosa voce di Dio evidenzia per prima cosa la nostra oscurità. A noi sembra normale che l’uomo possa rispondere e dialogare con Dio, come probabilmente era prima del peccato, ma non è così ovvio. Infatti come può l’essenza dell’uomo ormai “inquinata” nel profondo del suo essere, arrivare direttamente a Dio così puro e potente senza distruggersi? L’uomo si rese conto che qualcosa era cambiato in lui e avvertì questo dramma anche come “nudità”.[1]

La nuova condizione dell’uomo di fatto lo aveva estromesso dall’Eden (Genesi 3:24) perché vi è una incompatibilità tra peccato e Dio. Avendo l’uomo commesso un grave peccato, si era caricato/sporcato di quel peccato nell’anima e nel corpo. Non gli era e non gli è più possibile avvicinarsi a Dio senza che questa vicinanza inconciliabile lo distrugga. Sembrerebbe una divisione insanabile, senza via d’uscita. Eppure qualcosa succede, un vero miracolo d’amore e di potenza divina: Vediamo nella fig.2 la domanda-Parola-di-Dio “dove sei?” giunge all’uomo, il quale, seppure atterrito, risponde. La risposta “ho avuto paura mi sono nascosto” è come trasportata all’indietro da quella specie di ponte di freccette, che sale e va a confluire di nuovo nella stessa scia che il primo input “dove sei?” percorse prima di incontrare l’uomo.

Fate attenzione! Il meccanismo è semplice, ma spiegarlo e comprenderne la portata è difficile. In pratica, Dio ha pensato ad un sistema che prende la parola (minuscolo) dell’uomo, la fa passare attraverso una specie di filtro “P”, che rende la parola umana conciliabile con quella divina. La “parola” piena di peccato-morte dell’uomo, si trasforma in PAROLA (“P”) elevata, compatibile a quella divina, e viene reimmessa purificata davanti a Dio; quindi DIO-PAROLA-VERBO può assumere in Sé stesso la parola dell’uomo, senza procurare danni alla natura dell’uomo stesso. In questo modo l’Eterno può inviare all’uomo (che ha perso la sua vita eterna) un nuovo secondo input-messaggio, sempre finalizzato al suo cammino di redenzione, per salvarlo dalla orribile situazione di non-vita, in cui si è cacciato.

fig.3

Osserviamo con attenzione la fig.3: La seconda domanda del Signore viene a sovrapporsi e a continuare il programma divino, che coinvolge sempre più l’uomo, affinché questi si renda ben conto di ciò che è successo e ne acquisti sempre più consapevolezza.

Questa volta il secondo input-pungolo di Dio è composto di due domande incalzanti: la prima: «Chi ti ha mostrato che eri nudo? La seconda: Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?» (Genesi 3:11). Il Signore sapeva perfettamente cosa era successo; era l’uomo che tutto sommato non l’aveva ancora capito bene.

Questo secondo “impulso-pungolo”, sotto forma di due domande, aveva lo scopo di ripercorrere e tirare fuori dall’uomo la verità e fissarla nella sua coscienza. Era un pressing divino, affinché l’uomo imparasse l’amara nuova realtà senza scappare e maturasse, seppure nel dolore di aver offeso l’Eterno.

Se la prima volta la domanda “dove sei?” aveva messo in crisi l’uomo, tanto da farlo nascondere, ecco che con questo secondo “lancio”, composto di due domande (potremmo dire “il doppio” della volta precedente), l’uomo è messo davvero alle strette perché deve identificare prima la causa (chi ti ha mostrato…) e poi deve ammettere in modo molto chiaro la sua disubbidienza (hai forse mangiato…). Ma non basta, la sua disobbedienza viene evidenziata dolorosamente fino in fondo (…che ti avevo comandato di non mangiare).

Sarebbe bastato all’uomo rispondere un semplice “sì”, ma la nostra natura mostra ancora la sua debolezza, perché non ce la fa subito ad ammettere gli errori in modo semplice ed umile.

fig.4

Vedete nella fig.4, in questo secondo pungolo del Signore, composto di due domande (chi ti ha mostrato…? hai forse mangiato…?), l’uomo risponde schivando la prima domanda (chi ti ha mostrato che eri nudo) e dando la colpa alla donna per la seconda (hai forse mangiato…) e a Dio stesso: “la donna CHE TU mi hai messo accanto, è lei che…”. Grande immaturità.

 L’uomo che doveva essere “uno” [2]non riesce a comprendere il senso dell’“unità composta divina” [3] a cui dovrebbe assomigliare, essendo creato ad immagine di Dio. Non ci riuscì allora e non ci riesce nemmeno oggi. Il virus del peccato infatti, porta alla dispersione, allo smembramento, alla polverizzazione dell’unità. L’uomo sembra ridursi in tante piccole parti staccate tra loro alla ricerca di un personalismo senza vita.

Ma Dio, pazientemente, sa come entrare nel cuore dell’uomo al di là del peccato oltre la sua paura e il suo sfuggire; sa fargli capire la realtà delle cose, la verità dell’accaduto. Per questo Egli scende dentro l’uomo, fino alla sua “seconda parte”, Eva, proprio quella parte che dialogò col serpente, la quale (se qui la intendiamo simbolicamente come parte dell’Uomo in generale) è costretta a rispondere in modo più chiaro alle domande incalzanti dell’Eterno. Il Signore infatti apre quel “chi ti ha mostrato…” a una più ampia prospettiva aggiungendo un “perché?”: “Dio il SIGNORE disse alla donna: «Perché hai fatto questo?» La donna rispose: «Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato». (Genesi 3:13).

È qui che il Signore come un chirurgo, una volta aperta la ferita e individuato il tumore, può operare efficacemente condannando il serpente e prospettando la sua rimozione (Genesi 3:14-15). Davanti all’Eterno esce fuori sempre la verità, nulla può essere nascosto. Attraverso la comunicazione ci accorgiamo di come Dio vigila e realizza sempre il Suo perfetto piano di salvezza.

La comunicazione di Dio allora non è mai fine a sé stessa, ma ha sempre un obiettivo benefico per noi che è mostrare la verità affinché noi possiamo rendercene conto ed operare bene una scelta. 

(continua...)


[1] “Per comprendere, o almeno per avvicinarsi a ciò che la Bibbia intende dire quando afferma che Adamo ed Eva si accorsero di essere nudi, è necessario porre attenzione a quello che era il loro obbiettivo quando, sospinti dal diavolo, hanno colto e mangiato il frutto proibito. Essi volevano travalicare la natura umana per diventare come Dio. Dopo aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male Adamo e sua moglie si aspettavano di subire una mutazione positiva, una evoluzione, di diventare uguali al Creatore, ma non accade nulla di tutto ciò. Essi subirono, invece, una trasformazione che non fu migliorativa ma peggiorativa. Fu una regressione, una perdita drammatica di ciò che avevano e che ha ridotto l’umanità a quella che è. Ad Adamo ed Eva, dice la Bibbia, dopo il peccato gli si aprirono gli occhi. Questa affermazione indica la presa di coscienza del disastro che avevano combinato, del male che avevano fatto a se stessi e “si accorsero di essere nudi”, si accorsero, cioè, di non essere più quello che erano, di aver perso la loro precedente natura oltre ad essersi resi conto dei propri limiti, di quei limiti – attinenti alla natura umana - che essi ignoravano e che sono risultati loro evidenti dopo il peccato.” R. Sargentini in https://www.ilritorno.it/postapic_quest/333_adam_eva_erano_nd.htm)

[2] A) Adamo doveva essere “uno” con Eva che era “stata tratta da lui” che era “carne della sua carne ossa delle sue ossa”; B) attraverso l’esempio del matrimonio dove i due simbolicamente ritornano ad essere “uno” (Matt 19:5; Mar 18:8); C) Tutti gli uomini dovrebbero essere “uno” a somiglianza di Dio che pur essendo “Uno” si manifesta in Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito

[3] Può essere utile leggere il nostro: “DIO PADRE, DIO FIGLIO, DIO SPIRITO SANTO” in https://www.ilritorno.it/studi_bibl/169_pers_SpS-intro.htm

 

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