Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

COME SI DIFENDE L’IO

Allegato a  TRATTI DI PERSONALITA’ TRA NORMALITA’ E PATOLOGIA - di Gabriella Ciampi psicologa psicoterapeuta - 28/05/2013-  (Livello 3 su 5)

 

Per evitare il disagio derivante dal conflitto con l’ambiente, le persone usano dei meccanismi di difesa. Si tratta di un meccanismo automatico inconscio, cioè non studiato o intenzionale della persona.

Nella misura in cui queste difese abbassano il livello di tensione e non causano altri problemi, sono adattivi e permettono all’individuo di funzionare meglio di quanto farebbe senza. Quando queste difese sono eccessive, si aggiunge un disagio in più alla tensione già presente all’inizio.

Normalmente si attivano i nostri meccanismi di difesa perché è raro non trovarsi in conflitto con qualcuno o qualcosa nei vari ambienti che frequentiamo. L’azione di queste difese ci permette di “sopravvivere” alle situazioni, di tollerare le diversità, di superare i conflitti, quindi sono “adattivi”, favoriscono il nostro adattamento nelle relazioni.

I meccanismi di difesa sono molti e qui vi cito soltanto alcuni.

LA DISSOCIAZIONE : meccanismo inconscio per cui l’IO temporaneamente interrompe la funzione di integrare le varie funzioni della coscienza, della memoria, della percezione di sé e dell’ambiente e del comportamento. Esempio: quando non ricordiamo un evento passato traumatico pur avendo sotto gli occhi uno stimolo che dovrebbe richiamarcelo alla mente.

LA RIMOZIONE: incapacità di riconoscere un proprio desiderio, sentimento, emozione o ricordo disturbante

LA RAZIONALIZZAZIONE: inventare spiegazioni rassicuranti e utili a se stessi circa il comportamento proprio o altrui, ma queste spiegazioni non sono del tutto corrette

L’INTELLETTUALIZZAZIONE: orientarsi verso un pensiero eccessivamente astratto per evitare di provare un’emozione disturbante

 

I meccanismi di difesa sono stati teorizzati per la prima volta da Sigmund Freud.

 

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