Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 

ESSERE CONSACRATI VALE PER TUTTI – DIFFERENZE SEMPLICI TRA CATTOLICESIMO E PROTESTANTESIMO

- di Renzo Ronca - (16-5-13) - 4-3-16- h.11,15 -

 

 

 

 

Quando il Signore si fece presente nella mia vita, molti anni fa (testimonianza) mi sentii subito molto attratto, volevo corrispondere a questo che sentivo come irresistibile invito a seguirLo. Siccome ero di nascita ed educazione cattolica pensavo che l’unica soluzione fosse farmi prete.

Questa cosa mi provocò forti tensioni interne. Da una parte sentivo chiara questa vocazione verso il Signore, ma dall’altra sentivo pure chiara la vocazione alla famiglia. Ero triste per questa impossibile scelta. Alla fine vinse il desiderio di Dio. Si, forse, se Lui voleva, potevo rinunciare a tutto.

Una mattina decisi di avvicinarmi ad un convento per chiedere se mi prendevano…  Siccome era presto ed era tutto chiuso e nessuno rispose al campanello, decisi di fare due passi nel bosco, fino ad un eremo abbandonato, dove ero solito andare a pregare da solo. Erano tanti anni che ci andavo; mi piaceva quel posto per la sua quiete ed il suo silenzio. Di solito mi fermavo lì, leggevo la Bibbia, sentivo il rumore del vento tra i rami… e a volte sentivo nel mio cuore le rassicurazioni del Signore. In fondo era questo sentirmi sempre rassicurato da Lui che mi aveva permesso di proseguire.

Ma quella mattina fu una cosa diversa, mai accaduta prima né mai accadde una seconda volta: mentre mi avvicinavo all’eremo, già lo vedevo di lontano, vidi un branco di cani selvatici che cominciarono ad abbaiarmi minacciosi. Venivano proprio da quella ex-chiesa scavata nella roccia dove era situato l’antico eremo. Pensavo che sarebbero scappati invece più mi avvicinavo e più abbaiavano decisi; li sentivo anche ringhiare, e mi sembrò pure che si muovessero per aggredirmi. Ovviamente mi fermai. Per arrivare all’eremo che distava forse duecento metri, avrei dovuto passare una valletta nel bosco ma rimasi nella collina di fronte. I cani erano minacciosi e non si spostavano e non mi avrebbero certo fatto entrare. Forse c’era una femmina in calore, non lo so, ero troppo lontano per vedere bene e poi vedendo che si movevano abbastanza velocemente ebbi anche un po’ paura. Era come se mi impedissero di avvicinarmi.

Tornai indietro pensieroso e impressionato. Pensai che poteva essere un segno ma non ne parlai a nessuno. Se era un segno della volontà del Signore, cioè che la mia decisione di farmi frate era sbagliata, Lui me lo avrebbe fatto capire meglio. Nel dubbio al ritorno non passai più al convento per quel giorno.

Poco tempo dopo parlai con un uomo di Dio (sinceramente non ricordo chi fosse, però ricordo con esattezza quello che mi disse perché mi colpì molto) dello stesso problema, cioè della vocazione verso Dio prioritaria e della vocazione per la famiglia. Io ero triste perché da buon cattolico sapevo che se mi volevo consacrare al Signore dovevo “prendere l’abito” e dimenticarmi di una donna e della famiglia. Lui mi ascoltò con attenzione e poi mi disse:

-No! Stai sicuro di una cosa: Dio non ti chiederà mai di fare una cosa contro la tua volontà, una cosa che a te causerebbe dolore! Le richieste di Dio, quando le mettiamo in pratica, producono in noi gioia, stabilità, pienezza soddisfazione, sicurezza delle nostre azioni-

Presi questa risposta come seconda testimonianza contraria per la mia eventuale decisione di farmi frate.

Però non ero del tutto convinto, se seguire il Signore mi causava tristezza, allora non devo seguirLo?  Allora cos’era quell’ardore dentro al cuore insopprimibile che sentivo quando era davanti a Lui in preghiera? Cos’era quella sete inestinguibile della Sua presenza? Quel voler fare tante cose per Lui? Io VOLEVO seguirLo. Però ero anche consapevole anche che non sarei mai stato uno senza moglie e senza figli, perché anche quella cosa lì era dentro di me. Sembrava un conflitto senza uscita.

Quando incontrai il primo “pastore evangelico”, che aveva il ministero davanti a Dio ma era anche sposato, capii.

La confusione nasceva dall’uso distorto che  si faceva della parola “consacrato a Dio”.

La dottrina cattolica ha diviso in due gli uomini: da una parte il clero che ha chiamato “quelli consacrati”, “quelli che hanno reso i voti”, “quelli che hanno rivestito l’abito”, e dall’altra quelli “del mondo” che si sposano ma non possono accedere al servizio di Dio.

Questa differenziazione tra uomini di serie A e uomini di serie B, questa legge dottrinale che dice: “chi serve Dio non si deve sposare”  non è una regola di Dio (come ebbi modo di appurare dopo), non è una cosa che ci chiede l’Eterno e tanto meno la Bibbia che è la Sua stessa Parola. Lasciare che i credenti siano dilaniati da questa atroce scelta disumana “se seguo Dio non posso amare una donna non posso avere figli” è una regola terribile che può incoraggiare solo repressioni e perversioni. E’ solo una imposizione della chiesa cristiana cattolica.  Persino la Chiesa cristiana ortodossa la pensa in modo diverso, oltre che la Chiesa cristiana evangelica.

Non è necessario rendere troppo difficili e dogmatiche le parole che usiamo: consacrarsi a Dio significa dedicare la propria vita al Signore. Tutto qui.

Vi sono diversi spessori di consacrazione in base alla nostra maturità ed in base ai compiti che il Signore stesso ci invita a compiere, però essere consacrati è alla portata di tutti quando ci affidiamo sempre a Dio e dedichiamo a Lui i pensieri le scelte le attività….

Per essere consacrati non occorre una laurea, non occorrono attestati con firme di capi importanti. Basta voler fare sempre la volontà di Dio prima di ogni altra cosa.

I “voti”?  Anche qui abbiamo una istituzionalizzazione della scelte ed una sovrapposizione di pesi: cose umane e cose spirituali; da qui nascono sempre i guai. Non è che per servire il Signore dobbiamo dare in cambio delle rinunce (se non quella del peccato). Se così fosse, cioè se la consacrazione dipendesse dalla nostra capacità di fare rinunce, allora ritorneremmo alla salvezza per opere e non per fede, in quanto solo quelli “bravi” che si “crocifiggono” più degli altri potrebbero servire il Signore. Servire Dio è gioia rotonda e piena ogni giorno.

Tranquilli dunque! Servite il Signore nel piacere di un marito o di una moglie accanto! Lodate il Signore se vi concede una famiglia e dei figli! Questo non diminuirà affatto la vostra consacrazione! Anzi l’esperienza vissuta della famiglia vi farà capire meglio cosa significa amore e donazione di sé.

 

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