L’INDIFFERENZA - la prigionìa del vuoto per condurti a morire dentro - come uscirne -

di Renzo Ronca - (14-7-15)- 13-12-17

 

 

L’indifferenza non va confusa con un sano distacco che in certi momenti è necessario per difendersi dalle forti emozioni o per poter analizzare con freddezza ed obiettività un problema senza  DISTRAZIONI.

 

“Nell’uso comune, spesso con tono di biasimo, l’indifferenza è la condizione e il comportamento di chi, in determinata circostanza o per abitudine, non mostra interessamento, simpatia, partecipazione affettiva, turbamento e simili.” (Treccani).

 

Nell’indifferenza sussiste uno stato di non riconoscimento dell’altro come essere umano (e persino di se stessi)   che, se prolungato, può portare ad una APATIA (1) cronica della vita interiore; come una morte spirituale che non ci permetterà più di esercitare la suprema libertà che dovrebbe avere ogni uomo, cioè la “possibilità di scegliere”.

 

Non siamo più nella decadenza morale di una famiglia borghese come nel romanzo del 1929 “Gli indifferenti” di Moravia; siamo piuttosto di fronte ad un terribile fenomeno globale di distruzione dell’uomo, per assenza di ogni forma di spinta costruttiva, per l'assenza di vita, per un vuoto interiore che non sa più riconoscere l'altro che ci investe tutti, soprattutto i giovani.

 

In effetti l’indifferenza può anche essere una reazione di fronte ad uno stato sociale che ha rubato il futuro dei giovani. I ragazzi si lasciano andare. L’indifferenza e la droga vanno di pari passo; forse l’indifferenza stessa è una droga;  forse sono la stessa faccia della debolezza di fronte a un sistema privo d’amore. Non si lotta più. Ma è giusto? E’ “normale” questo abbandono di sé? Dov’è il punto in cui possiamo agire per ricostruire la nostra dignità?

 

Ci vuole energia e forza per vivere;  e per trovare energia e forza occorre una motivazione: e per la motivazione occorrono ideali in cui credere. Ma dove sono gli ideali? Possono finire gli ideali solo perché la vita è difficile?

 

Ci sono state nel recente passato situazioni anche più difficoltose dove la vita mostrava una parte violenta e dolorosa, ma le persone gli ideali li avevano, per questo combattevano. L’indifferenza non faceva parte di chi credeva in qualcosa: ricordo una bellissima canzone della mia gioventù, “Canto para una semilla” in cui tra l'altro si diceva:  "me espanta la indiferencia" (Mi spaventa l'indifferenza,)

  

L’avversario del Signore ha tagliato le gambe alle nuove generazioni togliendo loro le motivazioni del vivere. E’ come un tumore che li ha scavati dentro privandoli della consapevolezza di sé.

La corruzione dei governi e di molte chiese, la mancanza di lavoro, le guerre, i genocidi, gli esodi per disperazione, la povertà, la politica che è diventata estranea al popolo, la diffusione di modelli inarrivabili con inevitabili crisi esistenziali, lo sfaldamento della famiglie, ecc. hanno contribuito a rendere i giovani molto fragili; ma non so se siano le vere cause. Se c’è un ideale si può combattere tutto.

La sofferenza per esempio era parte “normale” nella generazione dei nostri nonni. Ci voleva coraggio, grinta, per pescare per coltivare per allevare gli animali per costruire le case per fare i mercati e per lavorare come operai… coraggio per vivere insomma. Ma a quel tempo gli ideali c’erano. Due di questi per cui valeva la pena di vivere e lottare era la famiglia e Dio. Con ragionamenti tra il filosofico ed il razionale  materialista oggi abbiamo ridicolizzato il nostro passato nel tentativo di costruire una vita migliore, ma con che cosa abbiamo sostituito quegli ideali? Non con altri ideali perché non ne abbiano trovati, ma con il vuoto di belle teorie che parlano di libertà e diritti; e così la famiglia oggi non si sa più cos’è nel miscuglio di “libertà sessuale” in cui si è ridotta. E Dio? Si identifica con la chiesa degli uomini e non più con un Essere vivo e pensante. Con queste prospettive che possiamo fare di buono? Come sono cresciuti i ns figli?  Abbiamo evitato ai nostri figli ogni trauma ed ogni contrarietà pensando di proteggerli; ma evitando loro le regole e qualche sana sculacciata ne abbiamo fatto invece dei giovani viziati, egoisti, prepotenti, fisicamente e moralmente fragili, senza difese. Fortuna che non sono tutti così; tuttavia in linea di massima la loro risposta ai mali di questo tempo è insufficiente, per non dire del tutto assente. Scivolano sui programmi demenziali dei media e  si rifugiano in un mondo virtuale dove tra una chat e l’altra ci sono le gare dei cuochi, i vari “saranno famosi” e le liti televisive che coinvolgono centinaia di persone per il cane del vicino che abbaia troppo forte.

 

Con tutto questo voglio dire che se anche capisco l’indifferenza come conseguenza e magari come fuga da una realtà orribile, non la giustifico. Qualunque siano stati gli errori e le responsabilità adesso è il momento di ripartire e salvare il salvabile! E questo va fatto anche velocemente  prima che sia troppo tardi.  L’indifferenza infatti è la conseguenza di chi sta morendo dentro o è già morto. Un tumore che svuota dentro, che le chiese troppo spesso hanno ignorato. Forse anche molte di loro sono pure svuotate all'interno della vita che è la presenza dello Spirito di Dio.

 

L’indifferenza che ti priva delle emozioni e della COMPASSIONE (2), è un grave segnale che può degenerare; rallenta e anestetizza  anche i nostri pensieri e conduce inesorabilmente  ad un peccato contro Dio, che, seppure in disuso si chiama “ACCIDIA” ed è importante.

 

Nell’accidia infatti non solo si ha disinteresse verso tutto, ma si evita di fare il bene. Evitare il bene significa non avere più vita interiore, nessun dialogo con Dio che ci insegna a rispettare e conoscere Lui noi ed il prossimo. Evitare di fare il bene è (sempre secondo la prospettiva cristiana) una negligenza, un peccato che si può e si deve evitare con tutta la forza di volontà di cui siamo capaci, chiedendo aiuto al Signore.

 

Si potrà obiettare che è proprio la volontà quella che viene a mancare. Questo è vero per i figli di questo mondo, che davvero -vedendo crollare tutto attorno a sé- vanno in crisi, ma per i figli di Dio, cioè i credenti, non può, non deve essere così! E’ vero che anche noi credenti possiamo non avere forza di volontà, ma noi sappiamo che possiamo attingere a Dio per ricevere la forza di vivere ed amare! Si perché per amare ci vuole un grande forza ed un grandissimo coraggio, infatti per farlo sappiamo di dover aprire il nostro cuore anche a delle ferite.

 

Il linguaggio biblico non è fatto di filosofie lontane e volatili, ma di forza e concretezza: Sentite quanto vigore in queste frasi semplici:

“C'è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi. C'è qualcuno d'animo lieto? Canti degli inni. 14 C'è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore: 15 la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati”. (Giac 5:13-15)

 

La preghiera -usata male e trasmessa da chiese flaccide- si presenta spesso come un atto ripetitivo tradizionale molliccio passivo…  un qualcosa insomma che non intacca minimamente il cuore e che annoia persino chi la insegna.

Ma il Signore non ci ha insegnato questo. La preghiera se fatta bene è impegnativa perché richiede concentrazione, fede vera, lotta energica contro le distrazioni la fantasia e l’immaginazione. LA PREGHIERA è l’attività virile dei vincitori con Cristo, che hanno vinto già questo sistema ormai al collasso. Il Signore non ci ha mai detto che avremmo avuto una vita facile ma in ogni difficoltà ci ha promesso la Sua pace e la vittoria finale:

 

“Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”. (Giovanni 16:33)

 

Caro lettore, esci dall’indifferenza, considera che l’indifferenza è l’arma con cui l’anti-Dio ti ha legato per ucciderti dentro. Hai un modo per uscirne: ricordati di Dio, ritorna a Lui, mettiti sotto la Sua protezione! Se non hai adesso la volontà per metterlo in atto con le azioni, non importa, basta un atto mentale piccolo piccolo: un barlume di vita e di fede: ti basta dire: “Signore salvami” “Signore confido in te” “Signore guidami”. Prova! Non è poi così difficile! E’ da qui che ripartirà la tua forza.

 

 

Note

(1) L’apatia è la privazione della “passione d’amore” che la Chiesa dovrebbe avere per il Suo Sposo Gesù.  Ma io ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore.” (Apoc 2:4) - Questa indolenza, questa insensibilità mascherata da tradizione, dall’abitudine a delegare ad altri le proprie scelte, a lasciar fare, è un sonno che prende l’anima sempre più fino a farla morire. (Tratto dal nostro "PROFEZIE BIBLICHE - PARTE SECONDA - USCIRE DALL'APATIA"

(2) Sul mio commentario, alle “Lamentazioni” (C. H. Dyer)  è giustamente evidenziata la parola “compassioni” di Dio. “La parola per compassioni è hesed che dà l’idea di amore fedele. Dio rimaneva fedele al popolo che aveva scelto. […] Le compassioni di Dio (da rehem  grembo è al plurale per dare maggiore forza) mostravano la sua amorevole cura per coloro che Gli appartenevano” (tratto da nostro LE COMPASSIONI DI DIO SI RINNOVANO OGNI MATTINA)

 

Correlazioni

L'immondizia indifferente (satira - amarezza di un giornalaio)

INDIFFERENZA (due righe ed una foto)

IL GATTO IL PICCIONE L'INDIFFERENZA (riflessioni in pillole su una panchina)

 

 

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