Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

SECONDA RACCOLTA DI APPUNTI  VERSO L'ESPANSIONE SPIRITUALE 1994-1995  (Rev. Febbraio 1998)

di Renzo Ronca

 

 

IL VIAGGIO DELL'UOMO E DELLA CHIESA VERSO DIO nella relatività delle nostre azioni limitate e dei nostri piccoli pensieri

 

PARTE  III

 

CAP. 1 - L'ESPANSIONE PROSEGUE: AMORE VERSO DIO E AMORE VERSO IL PROSSIMO - PIù NESSUNO SECONDO LA CARNE

 

        

Fig.11

  

     Il nostro Signore Gesù ("G"nel disegno), divide subito in due il nostro modo di vedere e di vivere.

      Egli più che mai e' l'elemento di contraddizione, la "pietra d'inciampo", la "roccia di scandalo" per chi non crede in Lui,[1] la "pietra vivente, rigettata dagli uomini, ma eletta e preziosa davanti a Dio";[2] Egli e' la presenza chiara e senza compromessi che mette le persone, anche della stessa famiglia, di fronte alle loro scelte qualche volta laceranti e dolorose.[3]

     La Parola del Signore e' veramente affilata come una spada e scende nel nostro cuore, al centro della nostra essenza e divide anche noi stessi: "penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito"[4]

      Ma per chi crede in Gesù ed ascolta e pratica quello che Lui dice, allora questo bivio-prova diviene mezzo di salvezza. "Nella Scrittura si legge infatti: -Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa e chi crede in essa non sarà affatto svergognato- Per voi dunque che credete, essa e' preziosa, ma per coloro che disobbediscono: -La pietra, che gli edificatori hanno rigettato, e' divenuta testata d'angolo, pietra d'inciampo e roccia d'intoppo che li fa cadere- Essendo disubbidienti, essi inciampano nella parola e a questo sono altresì destinati. "[5]

      Gesù dunque ha due aspetti: uno condizionante ed uno liberatorio. Agli occhi del mondo la fede in Lui appare restrittiva, limitante; una regressione di fronte al consueto concetto di libertà. Tuttavia, per chi lo incontra e l'accoglie con fede, la strada del mondo perde d'importanza, mentre scorge in se stesso una strada diversa, in rapida espansione: una finestra aperta sull'eternità e la gioia.

      Nella conversione si perde gradatamente il desiderio dell'avere, fino a quando nella consapevolezza della nostra povertà si apre il nostro cuore alla felicità dell'essere e dell'amare. 

     Agli occhi di un non credente noi cristiani saremo sempre delle persone limitate; non ha torto. Noi poniamo dei limiti alla sfrenatezza del mondo. Cerchiamo di ricordare il patto di Dio con l'uomo e facciamo del nostro meglio per osservarlo, per esempio coi 10 comandamenti. Sono dei limiti alla nostra libertà, e' vero, ma quanto ci sarebbe da dire su questa parola: "libertà"! In un sistema basato sull'inganno e la prepotenza e' ovvio che la definizione di "libertà" sarà molto diversa dalla nostra: per il  mondo libertà e' poter far tutto. Per noi cristiani libertà e' rinunciare a far tutto. Il gesto più elevato della libertà e' rinunciarci offrendola a qualcuno.

      Ma a chi affidiamo questo enorme potere di gestire la nostra libertà?

      Chi crede in Cristo affida a Lui la sua vita: egli ama Dio di un completo e totale amore che investe il corpo, lo spirito, la mente, i gesti, i pensieri, l'anima intera.[6]

      Difficile da capire come si possa essere così pazzi da offrire la libertà a Dio: e' rischioso, non vi pare?

      Prendiamo il matrimonio: non e' incredibile come ad un certo momento della vita si decida di compiere una scelta così poco razionale? In fondo che sappiamo di questo altro essere, il nostro compagno o la nostra compagna, che ci sta accanto e che probabilmente ci resterà tutta la vita? Non e' una scelta logica l'amore. E' una specie di forza irrazionale che ci spinge a legarci con una persona sconosciuta. Perche'? Non lo sappiamo bene, però ad un certo momento capita che ci sentiamo sicuri di quella persona, ovvero le diamo fiducia, stima, le vogliamo bene come e forse più di noi stessi. Insomma ci decidiamo; e da una momento all'altro andiamo a vivere insieme. 

     Provate a far capire ad una persona innamorata, in procinto di sposarsi, che sta perdendo la libertà. E' questo un argomento su cui si scherza molto, vero? Bene, che dice quella persona? Non lo nega, forse e' cosciente di perdere qualcosa però al di là delle battute scherzose si sposa lo stesso perche' sa che acquista molto di più. 

     C'e' come una predisposizione in noi ad unirci e a generare.

      Uno stimolo insopprimibile, naturale.

      Questo sentimento o cos'altro e', così difficile da definire, e' comunque decisamente presente e forte in noi stessi.

      E' la radice dell'amore. Il carattere di Dio impresso nella nostra persona a Sua  somiglianza.

      Ma attenzione non dimentichiamoci l'azione dell'ingannatore: egli e' talmente penetrato nelle cose di Dio da essere in grado di confonderci tutti; e così sarebbe se non intervenisse lo Spirito di Dio ad aiutarci. Una delle opere meglio riuscite di Satana, quando non può negare certe verità, sta nell'assecondarle sbilanciandole. Non nega la scrittura apertamente ma fa in modo da gonfiare certe rivelazioni ad alcuni, potenziando spiegazioni non del tutto errate, ma certamente marginali e parziali nel contesto della Scrittura. In questo modo i credenti si trovano frazionati, deboli ed in lite tra loro per questioni non determinanti, ma che ai loro occhi sembreranno invece più che determinanti, tanto da farne quasi una bandiera, un elemento di predicazione e distinzione.

      L'amore e' un sentimento che investe misteriosamente tutta la persona, la cambia, la trasforma, le permette di vedere, di vivere e di operare in modo meraviglioso; ma questo sentimento e' oggi decapitato; non e' più quello che era all'inizio. L'azione del serpente antico e' riuscita a staccare i pensieri degli uomini da Dio e a rivolgerli verso se stessi in una narcisistica visione tutta umana. Questo circolo chiuso taglia fuori completamente l'azione liberatoria e protettiva di Dio verso l'uomo, che alla fine risulta perduto.

  

                                                                                                         Fig.12

 

L'amore verso Dio e l'amore verso il prossimo sono due spinte che sembrano uguali, sullo stesso piano, ma lo sono veramente?

L'amore verso il prossimo e' un sentimento giusto e piacevole, provato da molti, non necessariamente evangelici e neanche obbligatoriamente cristiani. Ma la persona credente, dopo il battesimo (B nella figura) ha, o dovrebbe avere, un amore particolare, che lo contraddistingua dall'ateo.

      Amando il prossimo senza prima amare Dio si ha una gestione "controllata" del sentimento che apparentemente dà più sicurezza. Cerchiamo di gestire l'amore, di dosarlo e darlo a chi vogliamo senza esserne troppo coinvolti; lo immaginiamo senza regole e senza limiti in un teorico e filosofico concetto di donazione universale.

      In questo modo, nel corso dei secoli, c'e' stato un continuo "appesantimento" del sublime per un aumento dell'umano.

      Si potrà obiettare che l'umano e' sufficiente. Vediamolo:

 Fig.13

 

Nella fig.13 schematizziamo il rapporto tra due persone (P), per esempio marito e moglie. Supponiamo che non siano credenti. Quale sarà il limite massimo del loro amore? Certo ci vorrebbe uno psicologo, ma possiamo azzardare qualche ipotesi:

 Il loro carattere, le loro esperienze, i loro principi determineranno il loro comportamento affettivo. Prendiamoli di fronte ad una difficoltà: un'offesa reciproca. Supponiamo che la loro persona abbia già delle ferite nel passato a causa di genitori, o di amici, o di altre storie sentimentali finite male. Non sarà facile superare il momento di crisi. L'elemento decisivo sembra essere la volontà, il buon senso, la generosità. Ma si riesce davvero a perdonare?

      Ci si confronta con le migliori intenzioni, ma le parole spesso dividono ancora di più. Si analizzano i fatti; ma i fatti significano rivivere il passato; ed il passato e' carico di rabbia, sofferenza e rancore. Con questi pesi dentro al cuore come riusciremo a perdonare in maniera vera, pulita, senza portarci appresso un poco di amarezza? Il confronto degenera facilmente e sono pochi quelli che riescono a mantenerlo in una forma accettabile. Conflitti personali, esterni, interni, ricordi dolorosi si sommano e diventa sempre più difficile amare...

      Non credo si possa chiamare perdono, direi che e' più una repressione. Repressione che con la nostra buona volontà, per il bene delle famiglia attuiamo volentieri, ma che tuttavia costituisce un pericolo: infatti ad ogni "perdono-repressione" accumuliamo nel nostro cuore un'esigenza di giustizia che non può essere soddisfatta facilmente.

      Dopo diverse volte questo "accumulo" di accettazione poco digerita, nonostante la massima buona volontà, diviene scontento, irrequietezza, fastidio, noia, nervosismo, irritabilità, ecc.  

     Non sempre siamo consapevoli della causa di questi fastidi e non sempre hanno le stesse origini, tuttavia col passare del tempo aumenta la nostra stanchezza ed i nostri comportamenti non corrispondono più alla nostra volontà: vorremmo... ma non possiamo.

      Si cerca di rimuovere questo sgradevole deposito di scontento in vari modi: il più comune e' mettere "la spazzatura sotto il tappeto", ovvero sforzarsi di non pensarci occupandoci a tempo pieno di mille altre cose che ci appassionano. Ma non funziona, non può funzionare, e' come avere una mina vagante che può esplodere da un momento all'altro, o una ferita che sanguina in continuazione... Uno dei rischi e' che a questo modo si può arrivare improvvisamente a prendere decisioni impulsive, spesso illogiche, magari idealizzando altre persone o situazioni che rappresentano un ideale di amore che non riusciamo ad avere... Così la situazione e' peggiore di prima.

      Io sono sempre per risolvere direttamente, frontalmente, ogni questione, costi quello che costi; per cui mi pare inutile questa fuga continua più o meno idealizzata in tutta la nostra vita alla ricerca di una perfezione che non potremo mai trovare; o peggio ancora l'attesa di un indefinita felicità che non arriva mai. La perfezione non si potrà mai trovare nell'uomo perché l'uomo si dimentica di Dio.

      Ma quando se ne ricorda allora tutto assume una forma diversa perché "le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio".[7]

      Pensiamo al nostro corpo come un insieme di cellule e di pensieri che devono essere "orientati". Abbiamo già incontrato l'uso di questa parola nei nostri appunti. L'orientamento e' fondamentale per volgere lo sguardo nella stessa direzione. Se orientiamo i nostri pensieri e di conseguenza le nostre attività nell'analisi della nostra stessa mente e dei nostri comportamenti, per quanto abili possiamo essere, ci troveremo in un cerchio chiuso: l'uomo limitato dall'uomo.

 

     Rifacciamo lo schema di fig.13, questa volta però orientando il tutto verso Dio.

 


Fig.14

  

Il perdono dell'uomo da solo non esiste: e' come voler mettere in moto una macchina senza benzina. E' rivolgendo lo sguardo con fede a Dio, tramite il nostro Signore Gesù, che la Sua grazia può agire ed avviene il miracolo: la tendenza piccola e limitata dell'uomo "voler perdonare" non e' più rivolta in un'azione diretta ed immediata ad un'altra persona come se si trattasse di un affare solo tra due persone, ma coinvolge Dio e lo  riconosce come Signore. Allora quando il "vorrei perdonare", nel nome di Gesù va al Padre, ritorna a me, e quindi all'altra persona, dopo una trasformazione sublime, diventando "ti perdono realmente".

 Non e' affatto facile capire a fondo questo movimento. Razionalmente si può intendere con una certa semplicità, ma vi e' una comprensione più interna e vera, che "fa nostro" il concetto, ovvero lo inserisce nella nostra persona come parte di noi, stabilmente.

 Vediamone i passaggi i forma più approfondita:

      Quando ci rivolgiamo a Dio avviene un fatto incredibile: il nostro peso, qualsiasi peso, ci viene sollevato. Le ferite del nostro cuore, qualsiasi ferita, viene curata. Più guardiamo verso di Lui e meno osserviamo la limitatezza di noi stessi.

      Dopo questo fatto, di per sé inspiegabile, allora non vedremo più il nostro compagno con gli stessi occhi di prima, ma con gli occhi di Gesù. Vedremo il suo lato umano ed il nostro come poco rilevanti, come se non ci fossero più, perché di fatto il nostro essere sarà situato in un altro spazio, in un'eternità che tutto contiene e non può essere più contenuta dalla sola umanità.

      Vicino alla presenza di Dio, il nostro spirito, la nostra essenza fondamentale della vita, cosa avrà più a che vedere con la questione di una parola detta o non detta o di un torto subito l'altro giorno?

      E' con questa grazia, ancora permeati di questa presenza divina che ci accingiamo a perdonare.

      In realtà non vediamo più nemmeno cosa ci sia da perdonare perché la presenza del Signore riempie ogni cosa. Egli riempie il nostro "tempio-corpo" ed avvolge in esso quanto e' contenuto di una meravigliosa luce.

 "Giustificati dunque per fede..."[8]

 E' questo il vero miracolo: attraverso un semplice atto di fede, ovvero portando il nostro pensiero prima a Dio e poi al mondo, si ha una giustificazione da parte di Dio: Egli ci rende "giusti" davanti a Lui, proprio nella consapevolezza che nessuno lo e'.

     Prima vediamo il peso, il peccato degli altri, poi il Signore ci mostra il nostro (che quasi sempre e' più grande) e un attimo prima di esserne schiacciati ce lo toglie del tutto, sorprendentemente, gratis; e considerandoci da un momento all'altro senza più peccato, ci trasforma, ci cambia le vesti della nostra personalità e rendendoci puliti ci dà libero accesso alla Sua casa che diviene la nostra stessa casa.

      Non ci tiene a lungo però in questo meraviglioso stato di grazia perché subito ci rimanda nel mondo, nel peccato in cui si vive tutti i giorni, nel corpo limitato della nostra persona carnale e ci ritroviamo con le tribolazioni quotidiane, le ingiustizie contro di noi, gli insulti, le offese... Ma qualcosa di Lui e' rimasto nel nostro sguardo, come quando guardavamo il cielo... e osserviamo chi ci aveva offeso con gli occhi dello Spirito di Dio. Il suo peccato, il suo errore non e' diverso dal nostro, e come e' stato tolto il  nostro così Dio ci toglie il suo, lo prende su di sé.

      Questo e' il vero perdono: un atto d'amore incomprensibile. Non c'e' più offesa o ferita se restiamo nella fede. E la fede e' in questo circolo d'amore che abbiamo schematizzato:

 

Fig.15

  

Se nel ciclo della vita non interviene il creatore della vita stessa avremo voglia da soli a volerla gestire!

 Possiamo capire il nostro prossimo solo se guardiamo prima verso Dio. Questo orientamento deve essere continuo ed allora solo in questo caso si riuscirà ad amare.

      Non si può non amare se il Signore e' in noi: c'e' come una forza superiore un fiume potente che ci avvolge meravigliosamente.... e' l'amore di Cristo che ci costringe"[9] che ci spinge ad amare a trovare pace gli uni con gli altri.

      Infatti se la pace di Dio arriva a me per merito della giustificazione gratuita da parte di Gesù nei miei confronti, e se in questo modo si forma una intima unione spirituale perché Dio stesso entra nel mio cuore,[10] allora ci sarà forte una spinta che mi indirizzerà ad amare allo stesso modo il mio prossimo, semplicemente perché sarà Lui ad agire in me; così essendo io giustificato senza merito alcuno, tenderò a giustificare allo stesso modo, secondo un'azione della grazia, chi mi sta davanti, anche se non ha merito alcuno.

      Non sarà semplice considerare giusto chi ci ha offeso, eppure questa e' la spinta dello Spirito di Dio. Tutto sta a non vedere mai più gli altri così come sono nella loro forma umana ma a vederli per quelli che sono nella loro forma divina. In ognuno c'e' l'immagine di Dio che va rispettata ed amata.

 "Perciò d'ora in avanti non conosciamo più nessuno secondo la carne;.."202

  "Se dunque uno e' in Cristo, egli e' una nuova creatura, le cose vecchie sono passate; ecco tutte e cose sono diventate nuove." 

     Lo stesso discorso vale per noi stessi: se io mi analizzo e mi giudico in base al mio solo giudizio non sarò mai obiettivo: o mi giustificherò continuamente assolvendomi in un permissivismo egoistico dove posso fare ciò che voglio o mi giudicherò sempre colpevole e senza mai perdonarmi.

      In questo caso il mio cuore sarebbe diviso in me stesso e non troverei mai pace. Anzi nel rapporto con gli altri tenderei a trasferire, a proiettare questa mia dolorosa divisione verso di loro magari giudicandoli continuamente senza pietà o lasciandoli fare tutto quello che vogliono senza intervenire. Ecco allora l'uomo diviso in se stesso: carne e spirito si fronteggiano e ciò che rimane e' una persona che si abbandona all'istinto chiamandolo "libertà" o che si distrugge nei sensi di colpa, chiamandola "giustizia".

      Ma se io trovo pace presso Dio, tutto in me stesso trova la pace e la quiete. Almeno finché lo spirituale assorbe l'umano. Quando poi la mia parte carnale riprenderà il sopravvento allora sarò nella tempesta degli istinti e delle passioni come su un cavallo imbizzarrito; ed ogni volta dovrò faticare per domarlo.

      E' tutta così la vita nostra su questa terra: un'altalena da controllare continuamente in un difficilissimo equilibrio. La gravità delle cose del mondo ci spinge lontano da Dio, la fede ci attira a Lui: noi dobbiamo agire con forza e guidare con decisione il timone della nostra barca fino al porto sicuro e calmo, in Gesù.

      Ma che succede quando chi ci offende va contro Dio? Si potrebbe obiettare che questi non essendo giustificato dal Signore perché non ha fede in Lui andandogli contro, merita il nostro giudizio negativo.

      Ma come facciamo a sapere che non e' giustificato? Pensate a quelli che uccisero Gesù. Gesù ha chiesto al Padre di perdonarli.[11]

      Non possiamo sapere chi e' accolto da Dio e chi e' escluso fino all'ultimo giorno quando vedremo coi nostri occhi.

      Allora ci converrà stare molto attenti per non cadere anche noi di fronte ad uno che ci risulta nel peccato. Possiamo restare in silenzio, non essere d'accordo, distaccarci, qualche volta rimproverare anche, ma mai condannare. Partiamo dal principio che c'e' una trave che non vediamo nel nostro occhio[12] e saremo più umili. E se anche ADESSO non abbiamo più quel peccato come quella persona, non ci ricordiamo più di poco tempo fa, quando avevamo quei peccati gravi? Chi ce li ha tolti? E non certo perché siamo bravi visto che ogni tanto ci ricadiamo, vero? Perciò stiamo veramente attenti al giudizio verso il prossimo perché e' come se giudicassimo noi stessi. 

     Ma tutto questo non basta.

      Vi sono periodi molto difficili in cui ci capita di soffrire enormemente a causa di persone care che si allontanano da noi. Certe divisioni momentanee o più durature a volte sono anche necessarie; ma l'amarezza e il dolore che procurano possono lasciare dei segni profondi. Voglio dire che non sempre le cose sono risolvibili in maniera così logica e rapida come abbiamo detto. Credo che il Getsemani per Gesù sia sembrato non lo spazio di qualche ora, ma un tempo infinito, che non passava più. L'angoscia e l'amarezza spingevano alla disperazione. La consapevolezza del presente era l'abbandono, il tradimento, l'inutilità delle azioni e del sacrificio, l'incomprensione, la solitudine... questo diceva l'analisi del presente; come accettarlo? La nostra fede, alle volte dice: -non temere- ma il cuore dice: -e' tutto inutile-. 

     Non sono facili per nessuno questi periodi di tenebre.

      La tentazione di abbandonare tutto e' molto forte.

      Se fosse solo una persona, un fatto, da vedere con gli occhi della fede forse ce la faremmo, ma quando sembra crollare tutto intorno a noi, quando ogni nostra fatica risulta vana, allora come resistere? L'ingannatore e' specializzato in questo: conosce i nostri punti deboli e prepara i suoi piani con molta cura; poi quando e' pronto, improvvisamente ci chiude la strada con spine e tribolazioni, con l'evidenza delle sconfitte; dicendoci continuamente: -e' inutile, non ce la puoi fare, lascia perdere, e' inutile-    Noi lottiamo con tutte le nostre forze per resistere e preghiamo con grande fede, ma davvero sembra inutile, ci pare perfino che ci deridano per questo. Quelle poche persone su cui contavamo o "dormono" o si sono addirittura rivoltate contro di noi. Siamo veramente soli.

      Non ci sono regole che tengano in questi casi. Si soffre molto, moltissimo.

      Rimane solo una piccola speranza che si rimpiccolisce sempre più: la speranza dell'adempimento delle cose di Dio. La sua Parola non può essere bugiarda e se quello che i nostri occhi vedono e' contrario a quanto dice il Signore allora vorrà dire che non guarderemo più. La speranza in Dio non può deludere.[13] E' stato il superamento della prova del deserto a permettere la predicazione di Gesù; ed e' stato il superamento del Getsemani, probabilmente, a permettere lo strazio della passione della croce; e tutto questo, combattuto, accettato, amato, ha permesso poi l'arrivo alla resurrezione.

      Per quanto sia impossibile da credere nei momenti di prova noi DOBBIAMO credere che tutto e' da Dio ed ha un senso buono. La sofferenza, per quanto sia istintivamente e giustamente contraria alla nostra natura, può, alle volte, avere un senso buono nel grande piano salvifico di Dio. Noi non lo possiamo sempre vedere questo piano se non guardando dalla finestrella della fede. Ci dobbiamo fidare. La sofferenza e' parte della nostra vita.  Non e' vero che e' senza scopo, che e' inutile, come ci dice l'ingannatore: essa ha diversi motivi che vanno tutti a nostro vantaggio: uno e' appunto l'amore. Che senso ha avuto la sofferenza di Gesù? Ha sofferto solo per se stesso? Che necessità aveva Lui di soffrire?  Il motivo principale della Sua sofferenza sta in noi. Noi siamo stati sollevati dei nostri peccati proprio perche' Lui se ne e' caricato. Caricarsi dei peccati altrui e' anche vincerli, toglierli per sempre, altrimenti sarebbe un vano suicidio.

      Prendersi i peccati delle persone che ci amano e' relativamente facile: daremmo volentieri la vita per i nostri figli; ma caricarsi dei peccati di chi non ci capisce, di chi ci considera cattivi, estranei, di chi addirittura dice che andiamo contro Dio stesso e' estremamente più penoso.

      Nel Getsemani e poi sulla croce, Satana presentava a Gesù un evidente fallimento della sua missione: nessuno aveva creduto in Lui, i suoi discepoli dormivano, scappavano, lo tradivano e lo rinnegavano; tutte le folle che poco prima l'avevano accolto come Re,[14] ora preferivano Barabba, un volgare assassino, non solo ma se ne assumevano la piena consapevolezza.[15]

      Come negare questa evidenza? Da una parte la fede da una parte l'evidenza del fallimento.

     Il sudore come sangue,[16] il sentimento di abbandono persino dal Padre,[17] testimoniano una lotta che divideva in due Gesù. Di certo non era l'evidenza quella che l'aiutava. Ma cosa l'ha aiutato allora? Cosa gli ha permesso di vincere e può aiutare anche noi nei momenti d'angoscia?

      Riflettiamo su una parola che Lui ha detto sulla croce rapportandole  come insegnamento anche a noi:

      "E' compiuto":[18]

      Vi e' un compito per ciascuno di noi, una missione da portare a termine. Non possiamo lasciarlo a metà, non possiamo abbandonare chi ci e' stato affidato. Se tra le persone che ci sono state affidate ce ne sono di antipatiche, cattive, deboli, ingannate, questo non ci autorizza a lasciarle. Un marito, un padre, una moglie, una madre, non possono andarsene solo perché la convivenza e' difficile. Il Signore ha affidato loro la persona con cui vivono e delle altre creature chiamate figli. Quello e' il "gregge" da condurre in primo luogo. Nella vita familiare ci sono sofferenze terribili e spesso divisioni, l'abbiamo già visto; ma noi non possiamo abbandonarli come Gesù non abbandonò noi.

      Non parlare ad una persona, allontanarla da noi, ovvero allontanarci noi da quella persona equivale a un Gesù che non compie la sua missione. La nostra missione e' l'amore verso Dio e l'amore per il prossimo: il prossimo e' chiunque incontro nella mia vita. Non spetta a noi giudicare, fare selezioni tra chi ci piace di più o di meno. Certo potremo avere le nostre preferenze, le nostre amicizie, ma quelli che incontriamo sono la volontà di Dio e se li incontriamo vuol dire che nella volontà di Dio la loro salvezza passa anche in un incontro con noi.

      Gesù ha spesso parlato a persone che lo rifiutavano ma se non l'avesse fatto, noi oggi non saremmo qui a sperare nell'eternità.

      Vi e' dunque per tutti un viaggio da fare, un compito da svolgere, e nostro dovere e' quello di svolgerlo.

      E' normale che ci siano avversità e contrasti, lo sapevamo già nel momento che accettammo di divenire cristiani[19]

      Ma e' anche vero che la speranza quando e' orientata sempre da Dio, non delude e produce il suo frutto. Infatti dove ci fu peccato, sofferenza, offesa, dolore, ma tanto amore, allora la presenza di Gesù e' ancora più forte e ci libera:[20] egli non e' venuto per i giusti o per chi si reputa tale, ma per i peccatori, quali siamo noi tutti.

 

 

 
Correlazioni:
 

2 - DISCIPLINARE IL CORPO PER LA LIBERTA' DELLO SPIRITO

3 - L'INTERCESSIONE

 

 

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[1] Rom 9:32-33

[2] 1 Pt 2:4

[3] Mic 7:6; Lc 12:49-53; Mat 10:34-36

[4] Ebr 4:12

[5] 1 Pt 2:6-8; Is 28:16; Is 8:18

[6] Deut 6:5; Mat 22:37; ecc

[7] Luc 18:27

[8] Rom 5:1 e segg.

[9] 2 Cor 5:14

[10] Giov 14:23

[11] Luca 23:24

[12] Mat 7:3

[13] Rom 5:4 e segg.

[14] Luca 19:38

[15] "Tutti gli dissero: -Sia crocifisso!"  "Sia il suo sangue sopra di noi e sopra i nostri figli!" Atti 27: 23 e segg.

[16] Luca 22:44

[17] Matt 27:46

[18] Giov 19:30

[19] "Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma io vi ho scelto dal mondo, perciò il mondo  vi odia.Ricordatevi della parola che vi ho detto: -il servo  non è più grande del suo padrone-. Se hanno perseguitato  me perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola osserveranno pure la vostra"  "Vi ho detto queste cose affinché  abbiate pace in me; nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo." Giov. 15:19-20 e 16:33.

[20] Luca 7:47-48

 

 

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