Egli invece [Elia] si inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a sedersi sotto una ginestra e chiese di poter morire, dicendo: «Ora basta, o Eterno! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». (1Re 19:4) –

A volte ci vuole poco, un qualcosa che non ci aspettiamo (come in questo caso la dura reazione di Jezebel) che tutto ci crolla addosso. Magari è un fatto piccolo, poco rilevante in un contesto di grandi lotte dove abbiamo superato prove ben più grandi, però qualcosa dentro di noi può spezzarsi e ci pare di non farcela più. La nostra debolezza umana prende il sopravvento e potremmo anche noi, alla fine di un sofferto periodo di depressione, desiderare di morire. Ciò che fece Elia però non fu solo un ripiegamento su se stesso ma seppure con pensieri disperati, egli si rivolse comunque all’Eterno. E’ questo il giusto atteggiamento anche quando ci pare di essere finiti. Elia non si uccise, chiese all’Eterno di morire. C’è una bella differenza. Quando ci rivolgiamo a Dio qualcosa succede sempre e non siamo mai del tutto abbandonati come può sembrare (infatti Elia poi scoprì l’esistenza di 7000 persone che erano rimaste fedeli all’Eterno). Allora, anche nella disperazione, alziamo lo sguardo a Dio, e Lui ci ridarà forza e motivazione per vivere.

R.R.

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