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QUANDO
FACEVO LA CARTOMANTE
Era grigia e con un’aria viziata la stanza delle cartomanti
telefoniche dove andavo a vendere illusioni a gente senza speranza. Disposte
lungo due pareti, due file di ragazzi e ragazze che non erano riusciti a dare
una svolta alla loro vita, ascoltavano, con le cuffie alle orecchie, per poche
lire, le telefonate di altrettante persone che avevano anch’esse mancato il
bersaglio della loro vita.
Tutto era iniziato da un noioso pomeriggio di maggio
quando, tra un esame universitario e l’altro, appollaiata sul divano, cercavo
qualcosa di elettrizzante, che potesse dare una scossa alla mia vita di annoiata
e senza scopo. Mentre sfogliavo una rivista alla pagina degli annunci lessi un
invito a diventare cartomante telefonica. Era rivolto a chiunque amasse la magia
e il mistero. Balzai su eccitata e composi il numero.
Mi rispose una voce molto seria che mi diede un appuntamento
per un colloquio di presentazione. Al colloquio, che andò bene, seguì un corso
di formazione lungo un mese in uno studio di magia e cartomanzia dove amuleti di
ogni sorta e candele dalle forme più strane facevano bella mostra di sé
accanto a libri di magia ed essoterismo. Affrontammo la storia della divinazione
fin dalle origini, in Egitto passando per le persecuzioni da parte della Chiesa
durante il medioevo e infine arrivammo ad imparare i significati degli arcani
maggiori, quelli legati ad ogni carta e i riti con i quali accompagnare la
lettura. In quel periodo ogni dove conoscevo gente, come per caso, che faceva le
carte e quindi mi ritrovai circondata di persone amanti della cartomanzia.
C’era pure un ragazzo che sosteneva che le sue carte erano state benedette da
un padre francescano che io conoscevo ma al quale non chiesi mai conferma.
C’erano molti ragazzi gay, il che mi incuriosiva perché non avevo mai avuto a
che fare con così tanti ragazzi omosessuali e il sogno di tutti era di aprire
uno studio di magia in proprio. Tutti avevano il pensiero fisso dell’amore e
del tradimento. Non posso dire che fossero persone cattive ma di certo non erano
in pace. E poi c’era il pensiero continuo di dominare gli uni sugli altri, a
volte sbeffeggiando e deridendo il cliente che non vedeva quanto era ingannato
dal suo coniuge o dai suoi parenti. Tutti avevano molta fiducia nelle carte, e
si facevano le carte l’un l’altro, e anche io me le facevo fare ma ancora
tuttavia non ero convinta dubitavo
molto della loro efficacia.
La mia convinzione nelle carte infatti iniziò a scemare ogni
giorno di più mano a mano che mi rendevo conto che a volte inventavo e tiravo
ad indovinare sulla base di indizi che non centravano niente con la divinazione
quanto invece con la comunicazione non verbale, come sospiri malinconici, pause
dubbiose, convinti uhm uhm di incoraggiamento. In pratica riuscivo a “leggere
il futuro” perché interpretavo bene le paure le ansie e tutti gli infiniti
segnali della persona che avevo all’altro capo del filo. Ma mi sentivo male
internamente, non mi sentivo affatto in pace, perché sapevo che stavo giocando
sporco e stavo truffando il mio prossimo.
Un giorno feci un colloquio e un giro di carte di verifica
nella stanza della mia superiore. Il colloquio e il giro di carte di verifica
servivano a vedere se mi stavo attenendo ad una buona lettura. Tutti i
dipendenti della società credevano molto nelle carte, tutti tranne me che
ancora dubitavo della loro efficacia. Il tavolo era di mogano lucido e le
poltrone delle belle poltrone in pelle da ufficio.
Nessuna targa interna e nessuna scritta esterna
all’edificio faceva presupporre che dentro ci si occupasse di cartomanzia. Ho
capito solo dopo essermi convertita e aver letto la testimonianza di una sorella
che aveva vissuto esperienze simili che questa era
la nuova veste discreta e rispettabile della magia.
Un giorno la mia superiore mi disse che avevo una bella testa
e di non buttarmi via con lavoretti. E di non lasciare l’università. Stava
parlando contro il suo interesse e quello della società di cartomanzia ma fece
una buona azione perché mi fece riflettere. […]
Ho sempre pensato che queste persone avessero una idea di
cosa era bene e male ma che fossero in qualche modo legate e intrappolate in un
sistema da cui non potevano o non volevano uscire.
Poiché mi sentivo sempre più in gabbia e non realizzata
decisi di lasciare la società ma comunicai la decisone alla mia superiore e non
al direttore del personale che era un mago di fama nazionale molto cinico. Lei
si preoccupò di andare da lui a dirglielo. Non so cosa accadde tra loro né
cosa si dissero ma fui lasciata andare. Mi sentivo libera.
Poco tempo dopo aver lasciato la società certe cose che
avevano a che fare con la magia tornarono. E tornarono in una veste che non mi
sarei mai aspettata. Ricevevo delle lettere. Erano lettere di medium e
cartomanti che mi chiamavano per nome e cognome e, da ciò che scrivevano,
sapevano tutto di me, anche particolari della mia vita che solo pochi sapevano.
Mi proponevano di chiamarli e prendere contatto con loro per essere guarita da
un avvenire non roseo.
Ovviamente non presi contatto con questi medium anche se il
pensiero di poter avere un avvenire triste soprattutto in amore, mi tormentava.
Non volevo farmi fare le carte ma iniziai a diventare molto superstiziosa. Se
facevo certi riti che la mia immaginazione aveva inventato ero sicura che la
persona che avevo in testa mi avrebbe rivolto i suoi pensieri e si sarebbe
innamorata di me. Ma nonostante i miei scongiuri questo non accadeva ed io mi
fissavo sempre di più su amori impossibili e ragazzi difficili da conquistare.
Ogni nuova infatuazione si trasformava in una sfida con me
stessa ma immancabilmente fallivo nonostante mia madre e le mie amiche
riconoscessero che fossi una ragazza carina.
Fu così che un giorno incappai nell’oracolo.
Il libro dell’oracolo lo trovai in una normalissima
libreria e lo notai perché una mia amica napoletana amante della cartomanzia me
ne aveva parlato.
Bisognava semplicemente tenerlo tra le mani, pensare la
richiesta da porre all’oracolo, aprire il libro con un movimento deciso e
leggere il responso. Ponevo le domande più diverse ma avevo paura a porne
sull’amore. Non sapevo se crederci o no comunque non lo consultai più sino al
giorno dopo la mia decisone di seguire Gesù quando caddi in questo peccato di
divinazione e parole molto severe mi colpirono.
Era natale e stavo scegliendo dei piccoli pensieri per le mie
amiche e la mia famiglia, volevo scegliere un libro per mia mamma perciò entrai
in un tendone che vendeva libri e altre cose natalizie. Vicino alla cassa, vidi
il libro dell’oracolo.
Poiché per seguire Gesù avevo lasciato un ragazzo che non
mi amava né rispettava e mi aveva coinvolto nell’uso di droghe leggere ero
adesso presa dal timore di rimanere per sempre zitella e senza un uomo che mi
amasse. Intuivo che Dio odiava la divinazione ma volli per una volta ancora
consultare l’oracolo, “tanto” dissi tra me e me “è l’ultima volta”
“e poi che male mi fa?”. Così presi
il libro tra le mani, chiusi gli occhi e chiesi all’oracolo “Troverò mai un
marito che mi ama quanto lo amo io?” E ancora con gli occhi chiusi aprii il
libro con uno scatto deciso su di una pagina a caso.
E il libro (casualmente) si è aperto sulla pagina con su scritto MAI.
In quel momento sentivo dentro una voce cattiva che
rideva. Capii tempo dopo che era una grossa menzogna, fatta per scoraggiarmi e
farmi cadere in tentazione, è che chi mi parlava e rideva attraverso quell'oracolo
non poteva essere Dio perchè Dio non ride mai dei suoi figli e poi perchè quel
MAI era così sconfortante che anche se Dio avesse saputo che io sarei rimasta
senza marito o con un marito che non mi ama quanto lo amo io, non me lo avrebbe
detto così: Io mi sono molto spaventata.
Ovviamente non ho più praticato l'oracolo anche perchè ho
letto un passo della Bibbia in cui c'è scritto che è in abominio a Dio fare
queste cose[1].
Molto tempo dopo il Pastore, quando ascoltò la mia
confessione prima di battezzarmi mi chiese se credevo che Dio, anche se avesse
saputo e voluto dirmelo, mi avrebbe mai risposto a quel modo.
Io in effetti dissi di no, anche perché mentre leggevo quel “mai”
avevo avuto la sensazione di una cattiveria e di un astio contro di me, contro
le mie speranze.
Decisi che mai più avrei utilizzato la divinazione e così
spezzai quei legami.
Ho anche chiesto ad una mia amica a cui avevo regalato
l’oracolo se poteva restituirmelo. Lei lo fece volentieri e mi disse che
infatti si era chiesta come potessi averle fatto un regalo del genere e che
comunque da quando avevo quel libro in casa non avevo fatto altro che litigare
con i suoi cari. In cambio le diedi la mia Bibbia.
Lo scambio avvenne il giorno del compleanno della figlia
della mia amica e anche giorno del mio battesimo per immersione.
Ricordo che buttammo via l’oracolo e mentre stavamo
leggendo la Bibbia la bimba venne da me e mi disse: “io ti posso dire che
animale sei?” “Va bene, dimmi che animale sono”, risposi io.
“Una pecora” lei disse.
“Si, di un grande gregge”, pensai.
[1] Deuteronomio 18:10-13 Non si trovi in mezzo a te chi faccia passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco, né chi pratichi la divinazione, né indovino, né chi interpreta presagi, né chi pratica la magia, né chi usa incantesimi, né un medium che consulta spiriti, né uno stregone, né chi evoca i morti, perché tutti quelli che fanno queste cose sono in abominio all'Eterno; e a motivo di queste abominazioni, l'Eterno, il tuo DIO, sta per scacciarli davanti a te. Tu sarai integro davanti all'Eterno, il tuo DIO (n.d.r.)
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