Una lettura psicologica del Primo comandamento. Gli attaccamenti -

di Gabriella Ciampi, psicologa psicoterapeuta - 30-6-19

L'aspirazione del vitello d'oro. Opera di MARC CHAGALL

 

Siamo esseri umani e come tali terreni, ma sempre un po' a metà tra terra e cielo, tra ragione e sentimento, tra razionalità ed emozioni. Ci attacchiamo alle persone, anche alle cose (una casa, un oggetto...), e a volte succede che soffriamo perché una persona si allontana, ci lascia, o quell'oggetto viene perso, ce lo rubano o si rompe. Nella vita accade che tante cose guadagniamo, e altre (o le stesse) le perdiamo. 
È grande la sofferenza quando qualcuno o qualcosa che occupava un posto importantissimo nella nostra vita, si stacca da noi perché è come se ci venisse strappato un pezzo di cuore. 
Questo accade quando i legami (gli attaccamenti) non vengono mai messi in discussione, sotto osservazione. 
Qui non esiste giusto o sbagliato, siamo esseri umani appunto. 

Il più grande e difficile comandamento che il Signore ci ha dato, visto da una prospettiva psicologica, ci parla proprio  dei legami, di ciò a cui ci attacchiamo e che mettiamo al centro della nostra vita, facendo dipendere da questo qualcosa (o qualcuno) tutto il nostro benessere. 
IO SONO IL SIGNORE DIO TUO. NON AVRAI ALTRO DIO FUORI DI ME. 

Quanto è difficile non legarsi troppo e quanto è facile dimenticarsi che Dio è il solo che è veramente degno di stare al centro della nostra vita!! Noi dimentichiamo che gli uomini (esseri umani) hanno limiti, non sono perfetti, non sono immortali, altre volte poi colpiscono volutamente. Perciò li perdiamo, a volte, o ci deludono, ci tradiscono... Ognuno di noi, a ben guardare, ha deluso o tradito qualcuno in qualche modo, così come noi lo siamo stati dagli altri. 
I legami con i figli,  il proprio coniuge, i genitori, gli amici.... bisognerebbe più  spesso resettare tutto e riallinearsi con il nostro nucleo essenziale, lì dove si trovano soltanto  il nostro Sé e Dio, l'unica coppia, l'unico perfetto legame. 
Rimettere ogni giorno al centro del cuore l'essenza,  l'Uno, la Verità... cioè Dio solo, l'Eterno. Tutto il resto, per quanto importante e amato, è il contorno, una cornice. 
Soltanto così possiamo accettare anche la natura mutevole delle relazioni, degli altri, dell'esterno. 

Forse ciò che ho scritto non  sembrerà un discorso psicologico eppure lo è perché quella che ho descritto è la conclusione (cristiana) di un percorso di maturità della persona ("Meno
Io e più  Dio"  è abbastanza psicologico) 

Cominciare a cambiare la propria scaletta di ciò che è importante nella propria vita, per arrivare alla pace nel cuore, assumere una prospettiva diversa, dove gli altri non possono avere il potere di rovinare la tua vita perché nessuno è così potente. Ciò non significa che non soffriremo ma certamente non  perderemo la nostra vita, dono gratuito di Dio.

 

 

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