Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

TUTTI NOI CADEMMO A TERRA

Riflessione di Renzo Ronca su Atti 26:14-18

 

14 Tutti noi cademmo a terra, e io udii una voce che mi disse in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". 15 Io dissi: "Chi sei, Signore?" E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perseguiti. 16 Ma àlzati e sta' in piedi perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose che hai viste, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, 17 liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando 18 per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati". (Atti 26:14-18)

 

Tutte le conversioni iniziano con una “caduta a terra”, una crisi umiliante non piacevole ma benefica, perché ci permette di comprendere la realtà delle cose. La realtà delle cose è la conoscenza del Signore-Dio. Ma non è una conoscenza per sentito dire (come aveva Giobbe all’inizio), quella è una conoscenza mentale, razionale, che inevitabilmente ci spinge a dare dei giudizi sulla base di leggi non sempre capite; bensì una conoscenza di Gesù Cristo Risorto. Un Signore vivo, in grado di relazionarsi con noi e di fermarci, per il nostro bene se occorre, al fine di farci intendere la via giusta ed il vero concetto di giustizia.

Per molti di noi succede come a Saulo: cadute “toste” perché magari abbiamo ignorato i pungoli[1] precedenti.

“alzati e sta in piedi..” non è tanto la caduta che ci fa restare a terra, quanto il senso di annichilimento che si prova di fronte al Signore a causa della nostra inadeguatezza umana. La differenza è tale che se si provasse interamente ci distruggerebbe. Tuttavia sempre il Signore ci risolleva: non solo “alzati”, cosa possibile anche se in maniera incerta, ma “sta in piedi”: ovvero resta in piedi  stabilmente senza più “cadere” (non solo fisicamente).

L’apparizione ha uno scopo preciso che viene rivelato a Saulo. Un compito che se ci pensiamo bene è insito in ogni cristiano “nato di nuovo” come rinacque Saulo stesso: il Signore ci apre gli occhi perché noi possiamo far aprire gli occhi a quelli verso cui Lui ci manda, affinché anche altri si convertano come noi ci convertimmo, affinché anche altri possano ricevere il perdono dai peccati come anche noi lo ricevemmo.

Paolo fa agli altri una testimonianza parlando di quanto gli è accaduto. Ognuno di noi ha le sue testimonianze, fatti significativi che sono accaduti tra lui e Dio: di quelli dobbiamo parlare, non occorre inventarsi niente. Non è necessario dire cose eclatanti; moltissime persone hanno ubbidito ai “pungoli” subito, riconoscendo immediatamente in essi la voce di Dio; sono persone molto amate dal Signore, più miti, alle quali è stato concessa una conversione meno “traumatica”, diciamo così, ma non per questo meno efficace nelle testimonianze!

La cose che mi colpisce in tutto questo è il v. 17liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando”. Il Signore agisce con una logica tutta Sua che noi capiamo solo dopo, per fede. Uno si aspetta che se viene liberato da certe persone, poi ne rimanga lontano; invece il Signore prima ti libera da loro, poi ti ci rimanda. Perché? Evidentemente si riferisce non solo a liberazioni fisiche dalla prigionia reale (che pure ci fu) ma anche alla prigionia spirituale di idee, che dietro una parvenza di giustizia, in realtà avevano l’inganno del giudizio che porta la morte; ed egli vuole che come te anche altri siano liberati, ma ama farlo attraverso te. Certo potrebbe fare tutto da solo, ma si serve dell’uomo, per elevarlo, per considerarlo parte di Sé. Gesù fu il primo ad essere liberato dal peso della legge del giudizio, il cristiano convertito è liberato anch’esso e se vuole testimoniare Gesù deve poterlo fare da persona “libera” veramente.[2]

In pratica il contesto non cambia: intorno a noi è tutto lo stesso, siamo noi ad essere cambiati. Se siamo stati liberati da Dio saremo liberi pure in qualsiasi prigione!

Tuttavia quello che Gesù chiede non è facile: “ti libero dal mondo però ti ci rimando”. Ecco la lotta di noi cristiani: vivere sapendo di avere in noi stessi la sublime grazia della libertà in tutto, in ogni decisione in ogni azione, ma dover esercitare questa libertà, questo anticipo di resurrezione, in un contesto umano dove chi pensa di vedere è ancora cieco e magari ci sarà pure contro; come Saulo che quand’era “cieco” senza conoscenza, perseguitava i cristiani.

Non ci dobbiamo meravigliare dunque se il Signore ci fa restare in situazioni apparentemente difficili, tutto questo è per il suo piano di salvezza, ideato non solo per la nostra salvezza personale ma anche per altri figli cari che Lui ama non meno di noi e che anche noi dobbiamo poter amare a quel modo, passando oltre l’apparenza di quello che dicono e di quello che fanno senza rendersene conto.

Che il Signore ci aiuti a seguire docilmente i suoi “pungoli”.

Intanto ringraziamoLo e lodiamoLo sempre per averci chiamato e riscattato. IN confronto alla gloria che riceveremo al Suo ritorno, servirLo come Lui vorrà sarà poca cosa, anche in situazioni “difficili”, sarà sempre un atto che faremo volentieri e con amore; riusciremo perché non lo faremo solo con le nostre forze, ma essenzialmente con l’aiuto dello Spirito di Dio che continua a correggerci e migliorarci di giorno in giorno.

 

 

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[1] Pùngolo s. m. – Bastone che porta infissa a una delle estremità una punta di ferro e serve a pungere buoi o altri animali per stimolarli a procedere: il contadino incitava i buoi col pungolo. (Treccani) 

Ricordo anche la frase che si dice spesso “Mi sono sentito compungere nel cuore dallo Spirito di Dio”  che esprime un movimento interiore complesso e sofferto: compùngere (ant. compùgnere) v. letter. – Trafiggere, tormentare, riferito a sentimenti che affliggano in modo acuto:. In partic., e più comunem., far sentire il rimorso delle proprie colpe; anche rifl., compungersi, provare rimorso, pentimento (Trecc)

[2] Giovanni 8:36 Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi.

 

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