PRIMO E SECONDO COMANDAMENTO BIBLICO – Rivelazione - non più orfani -  

da "AVVICINIAMOCI AI COMANDAMENTI BIBLICI IN MODO RAGIONATO" parte 12 - di Renzo Ronca – 13-2-19

 

 

 

 

 

(segue)

Torniamo a  Esodo 20:1-6

1 Allora Dio pronunciò tutte queste parole:

2 «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù.

3 Non avere altri dèi oltre a me.

4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

 

Ed in particolare torniamo sul v.1 su cui ci eravamo fermati:

1 Allora Dio pronunciò tutte queste parole:

 

UNA FIRMA INZIALE

Quando leggiamo  “Allora Dio pronunciò tutte queste parole” dobbiamo pensare come a un titolo, un timbro, un suggello regale inziale di quanto poi seguirà; è una firma fondamentale di potenza superiore ad ogni potenza terrena, senza cui tutto il resto assomiglierebbe solo a sterili articoli di codici impolverati. Una indicazione, una attribuzione di responsabilità che non viene da un uomo, ma dal Signore stesso.

A cosa ci serve sottolineare questo punto? E’ semplice: chi si accosta ai comandamenti deve farlo con il dovuto rispetto. Non è un insieme di parole qualsiasi che possiamo modificare come ci pare; possiamo svilupparle, comprenderle a livelli più elevati in base agli insegnamenti del Cristo; ma non possiamo modificarle, perché lo stesso Gesù rispettava tutti i comandamenti e non li ha aboliti: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento” (Matteo 5:17).

 

Proseguiamo:

Es 20:1 Allora Dio pronunciò tutte queste parole:

2 «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù.

 

«Io sono il SIGNORE, il tuo Dio…» Dio si rivela all’uomo in prima persona.

 

CHE TONO DI VOCE POTREBBE AVERE DIO?

Certo non sapremo mai esattamente il tono l’inflessione della voce. Forse un modo potrebbe essere quello di leggere con molta delicatezza di seguito l’espressione: «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù…» Pensiamo a un Dio potente si, ma soprattutto buono, paziente e amorevole col suo popolo…. Con che tono si rivolgerebbe un padre verso il suo bambino che incontra da vicino per la prima volta dopo una lunga assenza? Il figliolo che gli viene portato vicino è spaventato e lo guarda con timore, pronto a scappare… ma il suo papà con dolcezza gli dice:  “ehi sono io, sono il tuo papà, quello che ti ha portato in braccio quella volta lì che ti sei fatto male, non ti ricordi? Sono proprio io…. tuo padre…”  «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù…»

Accanto al timore reverenziale di trovarsi per la prima volta di fronte a Dio, quel popolo avverte anche la bontà di chi lo ha liberato dalla schiavitù e sta continuando a liberarlo da tutte le abitudini malsane dei popoli che ha incontrato e che incontrerà, insegnandogli come comportarsi nel modo più sano e corretto possibile. Pure se spaventato dalla Sua potenza è anche rassicurato da quanto comunica loro: Lui è quel Dio che li ha guidati nel deserto con la nube di giorno ed il fuoco di notte.

 

LEGGERE INSIEME I PRIMI TRE VERSETTI

E’ per questo, per comprendere chi è che sta parlando e le Sue intenzioni di bene, che i primi tre versetti vanno preferibilmente letti insieme:

1 Allora Dio pronunciò tutte queste parole: 2 «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. 3 Non avere altri dèi oltre a me.

 

E’ come se avesse detto: “Tu sei il popolo che amo, che ho scelto e adesso ti trovi qui in un posto e in un tempo che io ho preparato da lontano, per stabilire un patto importante che servirà a te e a tutti i popoli che, osservandolo, comprenderanno chi sono io e come è bene essere. Io sono Dio, che ti guida ed ha cura di te, il TUO Dio e tu sei il MIO popolo. Non ci sono altri dèi: osserva e ascolta, ci sono solo Io. Lo dovrai ricordare per sempre.”

 

INSISTENZA SULLA UNICITA’ DI DIO

L’insistenza sull’unicità di Dio ci può sembrare oggi superata, inutile. Ma va capita bene nelle sue radici perché ci portiamo sempre appresso una specie di semi-orfanezza che ci espone alla dipendenza, come spiegheremo meglio più avanti. Il rischio “politeismo” è molto complesso e diffuso in infinite forme. Vale la pena soffermarci per riflettere bene.

 

PRIMA INFANZIA DELL’UOMO

La “prima infanzia” dell’uomo appena creato in Eden, per diventare maturità necessitava della presenza costante di Dio come riferimento e come modello.

Questo accade per ogni essere vivente sulla terra, sia uomini che animali: all’inizio hanno bisogno e seguono attentamente il comportamento e gli insegnamenti dei loro genitori; è proprio qs “scuola” di apprendimento permetterà loro di diventare adulti ed indipendenti nelle scelte. Non sappiamo come l’uomo potesse relazionarsi all’inizio con Dio, però dalla Genesi sappiamo che Dio c’era, era presente.

 

ORFANI

La scelta di dare ascolto al “serpente” ha comportato un prematuro distacco del “bambino” dal suo genitore – dell’uomo da Dio in qs caso-.  L’uomo è stato forzatamente trasferito come in quarantena in un altro ambiente dove l’incontro e il rapporto con il Padre non poteva più essere come prima; è dovuto crescere per così dire come orfano del Padre.

La mancanza di conoscenza del genitore (conoscenza che si sarebbe dovuta ottenere per esperienza) non può essere sostituita dalla conoscenza intellettuale, cioè razionale, per sentito dire. Certo è meglio che niente, ma se NON si cresce all’interno di una famiglia, non si avrà mai in se stessi la configurazione vera della famiglia a cui assomigliare. A noi uomini è mancata la configurazione sperimentata della “famiglia di Dio” in cui crescere in modo “normale”,[1] fino a raggiungere la maturità (cioè la vita eterna assieme a Dio, che è il fine del Suo progetto educativo). In un certo senso siamo tutti come orfani in terra, pur avendo Dio Padre nel cielo.

Non è facile da capire ma vi è un limite per noi invalicabile tra questo mondo terreno che segue il non-Dio ed il mondo spirituale che segue Dio. Per farsi riconoscere da noi e spiegarci quello che poi sarà, Dio ha dovuto rivestire un corpo di morte come il nostro e passare attraverso la morte fino ad essere portato in cielo. Non sappiamo bene cosa esprime il termine “cielo”, però sappiamo che non è qui. Potremo dire che non potendo noi mortali fare esperienza di Dio, Dio stesso ha fatto esperienza della nostra mortalità pur di portarci via da questa prigione, da questa schiavitù. Infatti quando dice:  «Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù..» non parla solo della schiavitù egiziana degli israeliti, ma parla anche della ns schiavitù in qs sistema di cose destinato alla morte.

Noi allora sulla terra siamo “orfani di Dio Padre” e cresciamo bisognosi di Lui (o per lo meno ne ha bisogno lo spirito nostro, perché vorrebbe crescere a Sua immagine). Invece la parte più esteriore, l’”io” carnale, cresciuto ad immagine dell’ingannatore, vuole sempre l’autonomia, pensando che può benissimo governarsi da solo.

Di fatto la risultante tra le due ricerche è comunque una continua ricerca di paternità/maternità. Quando prevale la parte terrena, manifestiamo dipendenza da quello che nel mondo ci sembra più importante; quando prevale la parte spirituale, manifestiamo dipendenza dalla parte spirituale più importante.

Senza entrare nello specifico del meccanismo, una cosa sembra certa: in una maniera o nell’altra cerchiamo di seguire un “padre”, una “linea generante/illuminante”  più o meno ideale che possa indirizzare la nostra vita. Ci “affiliamo” ad essa, la seguiamo anche per vari ragionamenti, ma soprattutto, io credo, perché è in noi l’istinto del cercare/seguire il “padre-mancante”.  Tendiamo cioè  a seguire tutto quello che inconsciamente rappresenti o assomigli in qualche modo al “Dio-perduto-da-ritrovare”.

Questa tendenza, quando abbiamo sottomano le indicazioni mandataci da Dio (es. i comandamenti) ci spinge davvero ad assomigliare al “Padre perduto” che identifichiamo con Dio.

Senza queste indicazioni invece, la tendenza si consuma dove può, nel mondo; ed ecco che nascono gli idoli, cioè dei sostituti di Dio.

 

 (continua)

 


 

[1]

A mio modo di vedere la tendenza dei ns tempi di considerare la famiglia in modo virtuale, cioè due esseri qualsiasi che si amano (anche dello stesso sesso e non più solo maschi e femmine), è solo la conseguenza di un allontanamento da Dio, dove  “normale” è solo ciò che è succede. Dio la Bibbia il Cristo non sono mai a seguito delle maggioranze mondane, ma propongono un modello. Potrà non piacere ma i princìpi biblico-evangelici non sono di tipo politico-sociale, dove libertà è fare ciò che all’uomo sembra più giusto.

 

 

 

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