LA BIBBIA CONTIENE LA PAROLA DI DIO, O È LA PAROLA DI DIO?

- di Angelo Galliani – da “Il Ritorno” cartaceo n. 11, del giugno 2001 – (12-9-18)

“Anche il concetto di "verità rivelata" è da usare con cautela, perché non tutta la verità è esprimibile in parole: sono convinto che esistano molte verità al di sopra di ogni comprensione umana, e che perciò non troveranno mai alcun genere di formulazione”

 

 Darsi una valida risposta a questa domanda è d'importanza cruciale; non solo per districarsi fra le molteplici interpretazioni del testo biblico (talvolta in stridente contraddizione fra loro ), ma anche, e soprattutto, per dare alle Scritture il giusto ruolo nel rapporto fra uomo e Dio.

E' facile comprendere, infatti, come da un diverso approccio alla Bibbia segua inevitabilmente una diversa comprensione della volontà di Dio, e quindi anche una diversa visione delle scelte da operare in rapporto al contesto in cui il singolo credente è inserito. Semplificando molto, si potrebbe dire che attualmente esistano due principali tipi di approccio alla Bibbia, molto diffusi a livello popolare sebbene siano opposti fra loro: quello cosiddetto “fondamentalista" e quello cosiddetto "liberale". Il primo, intendendo dare valore assoluto al testo in se stesso, lo inquadra e lo interpreta in modo rigido, dandogli un significato "oggettivo" che risulta però più legato al nostro punto di vista, che non a quello dei redattori e dei destinatari originari. Il secondo approccio, invece, tende a relativizzare molto il testo, come se questo fosse del tutto opinabile in quanto "opera dell'uomo". In sintesi, l'approccio "fondamentalista" afferma che la Bibbia sia, in tutto e per tutto, "parola di Dio", e che pertanto essa debba essere presa "così com' è", senza alterarne neanche una virgola. Anzi, si giunge ad affermare che "essa soltanto" sia .parola di Dio. Pertanto, il vero credente sarebbe chiamato a sottomettersi completamente ad essa, uniformando il proprio pensiero e il proprio comportamento a quanto "è scritto". ..

Invece, sempre in sintesi, l'approccio "liberale" afferma che solo l'uomo sia sede della verità, in virtù dello Spirito che Dio gli dona. Si giunge allora ad affermare che la vera rivelazione avvenga nel "cuore" dell'uomo, e che pertanto il testo biblico costituisca semplicemente un dato, un punto di riferimento, bensì utile, ma suscettibile anche di essere negato laddove le situazioni contingenti e "lo Spirito" lo richiedano.

Quindi, secondo tale approccio, la Bibbia "contiene" la parola di Dio, ma tutto viene affidato alla capacità di discernimento del credente, il quale, a propria discrezione, può distinguere in essa gli insegnamenti "importanti" da quelli che invece possono ritenersi "superati". Da quanto espresso finora emerge con chiarezza che entrambi i tipi di approccio alle Scritture possono avere aspetti sia positivi che negativi. L 'approccio "fondamentalista" ha il vantaggio di mantenere nel credente una certa "diffidenza" sia nei confronti di se stesso, dei propri criteri di "bene" e di "giustizia", sia nei confronti dell'ideologia e della morale comuni, che in effetti si trovano in continuo cambiamento.

1 Dalle suddette due diverse modalità interpretative, manco a dirlo, sono nate le più accese polemiche, e tutt'oggi nel mondo cristiano molte energie (troppe?) vengono profuse in "battaglie" dottrinali che spesso risultano assai poco edificanti, per non dire di peggio.

Tale approccio ha però, secondo me, due gravi inconvenienti: uno è quello d'incoraggiare una lettura semplicistica del testo biblico, allontanando così il credente dal suo significato più vero e profondo; l' altro è quello di creare terreno fertile per l'intolleranza religiosa ed il fanatismo. Infatti dare alla nostra interpretazione biblica un valore "oggettivo" potrebbe farci sentire autorizzati ad intraprendere "crociate" contro tutti coloro che si dimostrassero dissenzienti! ...Per quanto riguarda, poi, l'approccio "liberale" alle Scritture, esso ha il vantaggio di "elasticizzarne" il testo, nel senso che certi antichi aspetti culturali e certe incongruenze storico-scientifiche (indubbiamente presenti) possono essere relativizzate, evitando così pericolosi "urti" su quegli "spigoli" dottrinali che renderebbero la Bibbia, ai giorni nostri, un testo anacronistico, se non addirittura controproducente.

Lo svantaggio principale di tale approccio, sempre a mio parere, è costituito invece dal pericolo di scivolare lentamente verso un rovesciamento di rapporti: in tal caso non sarebbe più il testo a fornire una guida per il credente, bensì sarebbe quest'ultimo a "condizionare" il testo, facendogli dire solo quello che può risultare accettabile nell' ottica moderna. Giunti a questo punto, è chiaro come alla domanda iniziale non possa essere data una risposta semplicistica. Da un lato si potrebbe dire che Dio non ha parlato solo tramite la Bibbia, ma che essa costituisce un documento parziale intorno a ciò che Egli ha detto e fatto nel passato, rapportandosi coi personaggi e coi fatti della storia umana. Si potrebbe anzi aggiungere che la Bibbia non esiste per tacitare Dio: essa, al contrario, ci presenta Colui che "parla" in un modo per noi incontrollabile, Colui che ha manifestato più volte l'intenzione di voler essere l'unica vera Guida di chi gli si affida.

Dare un valore "oggettivo" al testo biblico assumerebbe quindi il significato di un'inopportuna e pericolosa estromissione del Signore da questo prezioso ruolo.

D'altra parte, però, va anche detto che la Bibbia ha un valore che travalica tutti i confini storici o culturali in cui noi inevitabilmente siamo e ci muoviamo; perciò non possiamo relativizzarla troppo, come se .in essa non ci fossero punti fermi. In realtà Dio non cambia; anzi, adire il vero, neanche l'uomo, considerato nella sua principale essenza, sembra cambiato in questi ultimi quattromila anni! ...

Dunque la Bibbia, cioè questo "dialogo" fra Dio e l'uomo, può considerarsi ancora pienamente attuale, e perciò i suoi contenuti sono da ritenersi importanti anche per noi, credenti di oggi. Per finire, consideriamo un 'ulteriore questione, collegata alla domanda iniziale: che cos' è che fa della Bibbia un veicolo della Parola di Dio? Evidentemente, non la sua espressione linguistica (altrimenti non sarebbero possibili le traduzioni da una lingua all'altra) e neanche il suo significato soltanto (perchè spesso uno stesso testo può assumere più significati, tutti assai validi). Anche il concetto di "verità rivelata" è da usare con cautela, perchè non tutta la verità è esprimibile in parole: sono convinto che esistano molte verità al di sopra di ogni comprensione umana, e che perciò non troveranno mai alcun genere di formulazione. Dunque? ..

A mio parere la Bibbia diventa parola di Dio quando viene riconosciuta come tale da chi la legge, e questi ne risulta rinnovato, consolato, edificato. ..La vera parola di Dio, infatti, ci coinvolge in prima persona; si rivolge a ciascuno di noi dandoci del "tu", scuotendoci spesso dalla tranquillità artificiale delle nostre certezze.

Per sperimentare la parola di Dio, quindi, occorre innanzitutto cercarla, e cercarla con tutto noi stessi. Se non cerchiamo Dio, allora la Bibbia è per noi un libro inutile; se invece Lo cerchiamo, la Bibbia ci insegnerà a riconoscerlo dovunque Egli decida di manifestarsi.

 

 

 

Correlazioni: Qs scritto è inserito nel dossier VERITA’ DIVINA E UMANA – RIFLESSIONI 2000/2018 - Autori vari - PDF 63 pg - settembre 2018

 

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