«E voi, chi dite che io sia?»   Matteo 16: 13-17 - di Filippo - 25-8-18

 

Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?» 14 Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». 15 Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» 16 Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
17
 Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli».
(Matteo 16: 13-17)

 

L’ultima volta [TRASFIGURAZIONE DI GESU'] ci eravamo lasciati con questa domanda: E se Gesù oggi ci chiedesse: «E voi? … Chi pensate che io sia?». Noi, cosa Gli risponderemmo?

Ancora oggi, dopo più di duemila anni, molte persone non riescono a dare una risposta precisa a questa domanda. Chi era Gesù? Chi era quest’uomo che parlava come uno che aveva autorità e che stupiva le folle con i suoi insegnamenti? E’ possibile che fosse solo uno dei tanti predicatori ebrei della Palestina? Un profeta, un’esorcista, un guaritore, un rivoluzionario, uno che minacciava l’ordine costituito dei dominatori romani e della gerarchia religiosa ebraica? Oppure era realmente il Messia: “l’Unto del Signore”, il Cristo, il Salvatore, promesso al popolo ebraico per dare vita alla nuova alleanza con Dio?

Indubbiamente è una domanda che pesa come un macigno; che mette mano alla fede, storica, scientifica, filosofica e religiosa, di ogni persona interessata alla figura di Gesù.

Tuttavia, volendo considerare la Sua figura, esclusivamente, alla luce dei Vangeli, una cosa è certa: durante i suoi tre anni di predicazione, Gesù stesso non si identificò mai come un semplice profeta o un maestro, ma affermò di essere il Figlio di Dio.

In più di un’occasione, Gesù si attribuì chiaramente qualità appartenenti solo a Dio. Il suo rapporto con Dio era così profondo che la sua identificazione con il Padre era manifesta a tutti i suoi discepoli. Conoscere Lui, voleva dire conoscere Dio; vedere Lui, voleva dire aver visto Dio e credere in Lui significava credere in Dio stesso.

Ricevere, amare, odiare e rendere onore a Gesù, equivaleva a farlo a Dio.

E’ su questo terreno soprannaturale che nasce la domanda fatta da Gesù ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?», ma soprattutto: «E voi, chi dite che io sia?». E’ come se dicesse: “Chi sono, veramente, per voi? Non basta sapere cosa dice la gente di me! Io mi sono rivelato a voi per quello che sono, ma voi quanto siete stati in grado di comprendere e di afferrare i miei insegnamenti? Quanto siete stati capaci di tradurli nelle vostre vite; di trasformarli in fatti e non soltanto in belle parole?

Per tutto il tempo che Gesù rimase tra i suoi, non cercò soltanto di esaltare l’autenticità e la veridicità dei suoi insegnamenti, ma pretese che i discepoli ne cogliessero il significato ed il valore più intimo, e che successivamente fossero in grado di trasmetterli anche agli altri.

Essere di Cristo, imitare Gesù, fidarsi di Lui, avrebbe voluto dire conoscerlo, in primo luogo, e lasciarsi amare immediatamente dopo; avrebbe voluto dire frequentarlo nella sua parola e cercarlo nel silenzio della preghiera.

Gesù stesso si identificò con la Via, l’unica porta attraverso cui le pecore avrebbero potuto finalmente trovare la libertà ed, infine, uscire da quel “recinto” perverso in cui erano state rinchiuse. Pretese che esse fossero sempre pronte a camminare, per fede, confidando unicamente nella guida autentica del Buon Pastore, che dà la vita per le proprie pecore.

Insomma, la fede nel Suo amore avrebbe coltivato il frutto della speranza, fino alla fine del mondo.

Gesù dimostrò, con segni, miracoli e prodigi, di essere l’intimo pensiero di Dio Padre; la Parola che crea e che esprime tutta l’essenza di Dio, la Verità immutabile che conduce alla Vita.

Questo è per me Gesù: la Vita che dona la vita!

 

 

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