Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

RITORNO DEL FIGLIOL PRODIGO - La gioia nostra la felicità di Dio - Luca 15:11-32 -  di Filippo - 30-10-17

 

 

Fra tutte le parabole raccontate da Gesù questa, senza ombra di dubbio, è la più bella e la più significativa di tutte. Attraverso di essa il Signore illumina i nostri cuori e ci riempie di una grande gioia, perché non solo ci mostra l’infinita compassione del Padre, nell’accogliere e perdonare il peccatore sinceramente ravveduto, ma fa di più: ci esprime tutta la felicità di Dio, nel partecipare alla sua salvezza.

La storia inizia così:

«Un uomo aveva due figli.  Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.

L’uomo, qui descritto, rappresenta Dio Padre, il quale possiede due figli. Il più giovane rappresenta il figlio prodigo (che spende senza misura nei piaceri della carne), mentre il maggiore raffigura il fariseo, il religioso ipocrita; quello che apparentemente fa la volontà del padre. Il minore, stanco ed annoiato della vita condotta presso il padre, chiede la parte del patrimonio che gli spetta, perché ha deciso che quella vita non fa per lui; perché sa, in cuor suo, di poter meritare di più. Nonostante il padre non abbia alcun obbligo di concedergli la parte della sua eredità, essendo ancora in vita, non si oppone e divide le sue sostanze ad entrambi i figli. Il padre, lo avrebbe voluto con se, ma il suo grande amore passa anche attraverso il rispetto della decisione del figlio: potrebbe ostacolarne la scelta, tuttavia gli concede l’opportunità di una nuova esperienza. 

Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.  Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.

Poco tempo dopo, il figlio più giovane raccolse i suoi averi, frutto della parte dell’eredità avuta dal padre, e si incamminò verso un paese lontano, dove spese e consumò tutto il suo denaro, attraverso una vita sregolata e priva di ogni freno morale. Subito dopo aver speso tutto, scoppio in quel paese una grande carestia e presto si ritrovò in gravi difficoltà.

Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.

Si rese conto della sua misera condizione, solo dopo aver patito la fame. Così si accontentò di pascolare i maiali e di condividere con loro le carrube che essi mangiavano, pur di soddisfare quel bisogno di cibo che gli contorceva dolorosamente lo stomaco; perfino ciò che mangiavano i maiali, in quel momento, gli sarebbe sembrato buono, ma nessuno gliene dava. Come poteva scendere più in basso di così! Vestiva di pochi stracci logori, era senza sandali e tutto il suo corpo era sporco ed emanava, sicuramente, un fetore nauseabondo e ripugnante. Chissà quante volte si era chinato a terra per cercare di recuperare dei resti di cibo. Chi avrebbe voluto avvicinarlo in quelle condizioni?

Quante volte, anche noi, ci siamo resi conto di essere nell’errore, solo dopo aver attraversato un periodo di grande sofferenza? Quante volte ci siamo dimenticati della nostra vera natura, inseguendo facili illusioni, legate solo o soprattutto alla ricerca del soddisfacimento dei nostri bisogni materiali? Quante volte ci siamo sentiti soli ed abbandonati da tutti; anche da quelli che ci sono stati compagni nei momenti di gioia? Quante volte abbiamo riconosciuto le nostre colpe, oppure ci siamo limitati ad attribuirle agli altri, se non a Dio stesso? 

Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.

 

Ecco che nella sofferenza e nello stato di indigenza, il giovane riflette e si rende conto che perfino i servi di suo padre vivevano in una condizione molto migliore della sua, in quanto avevano cibo in abbondanza, mentre egli era sfinito dalla fame e dalla povertà. Pensò che fosse ora di agire e di ritornare dal padre; pensò anche a cosa gli avrebbe detto una volta che l’avesse incontrato, riconoscendo il proprio peccato ed implorandone il perdono: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Comprese di non essere più degno di essere chiamato figlio di suo padre e si propose di chiedere lavoro come uno dei suoi servi.

 

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.

 

Era ancora distante da lui, quando il padre lo vide. Che immagine stupenda! Chissà quante volte il padre aveva consumato i suoi occhi guardando verso quell’orizzonte che lo aveva separato dal figlio, nella speranza di poterlo rivedere. Adesso è ancora lontano, quando ne scorge la figura. I battiti del suo cuore accelerarono improvvisamente. Potrebbe attendere che il figlio si avvicini ancora un po’ di più a lui; potrebbe farsi forte della propria dignità di padre ferito, ma non resiste: l’emozione è talmente grande che piangendo corre, a braccia aperte, verso quel figlio tanto amato. Chiunque avrebbe provato ribrezzo nell’avvicinarsi ad un uomo così provato dalla fame e dalla miseria, talmente era sporco e rivestito di pochi stracci maleodoranti, ma l’amore del padre è così grande che… “gli si gettò al collo e lo baciò.” Noi non sappiamo quanto siano rimasti abbracciati l’uno all’altro, ma credo che nessuno di loro avrebbe mai voluto più staccarsi, tanto grande era stato il sentimento di abbandono che avevano provato entrambi, durante la loro separazione.

Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Ancora prima che il figlio potesse confessare al padre tutte le sue colpe, egli lo interrompe e, senza pronunciare verso di lui alcun rimprovero, gli esprime tutto il suo grande amore e la felicità che ha nel cuore. Chiama i suoi servi e dice loro: “Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa…” Il figlio si sarebbe accontentato di essere trattato come un servo, pur di ritornare col padre, ma quest’ultimo fa di più: ordina ai suoi servi di rivestirlo con il vestito più bello. Il figlio aveva dilapidato tutti i suoi beni, lo aveva abbandonato, lo aveva fatto soffrire, ma egli copre tutto con il suo amore: la gioia è talmente grande che lo riveste con il vestito più bello: quello della grazia. Adesso il figlio e stato riabilitato e bisogna fare festa, perché “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.  Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.  Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.

Alla gioia del padre si contrappose presto la rabbia del figlio maggiore, il quale preso dalla gelosia mostrò tutto il suo disappunto quando apprese che in casa sua si stava facendo festa per il fratello che li aveva abbandonati. Egli si arrabbiò così tanto con il padre, che non voleva mettere piede in casa. Il padre uscì a pregarlo.

Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

“…Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando…” Il figlio maggiore con queste parole dimostra quanto egli fosse lontano dalla verità. Egli non mostra alcuna compassione verso il proprio fratello; nessuna misericordia. Anzi, neppure lo chiama per nome, ma con disprezzo lo addita come “questo tuo figlio”. Egli è convinto di non aver trasgredito mai, e di non aver mai ricevuto gli onori che gli sarebbero spettati per la sua fedeltà; quegli stessi onori che adesso il padre stava concedendo ad un figlio che non se li era meritati. Il figlio maggiore rappresenta l’immagine di tutte quelle persone che non esaminano profondamente la propria coscienza: non guardano alle proprie trasgressioni, che addirittura ritengono nulle, ma confidano solo sulla loro giustizia e sulle loro opere. La loro ipocrisia ed il loro orgoglio sono strumenti di morte, perché gli impediscono di conoscere l’amore del Padre, che dà la vita. Sono distanti dalle Sue benedizioni e per tale motivo si privano della Sua santa comunione. Il Padre li vorrebbe far entrare, se solo si ravvedessero ed accettassero il Suo perdono, e anche per loro il Suo cuore si sarebbe riempito di gioia e si sarebbe fatta grande festa, ma essi preferiscono rimanere, orgogliosamente, fuori.

“…ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

 

 

 

Correlazioni:

LA CONVERSIONE   - LA CONVERSIONE: UN MISTERIOSO MUTAMENTO INTERIORE AD OPERA DI DIO SOLO – la parabola del figliol prodigo - Il nostro servire deve inserirsi umile senza protagonismi - (RR)

RITORNO%20FIGLIOL%20PRODIGO  (PDF) "RITORNO DEL FIGLIOL PRODIGO" QUADRO DI REMBRANDT – AMMIRIAMOLO INSIEME  (RR)

LIBERTA’ E SENSO DI APPARTENENZA  - Un riferimento alla parabola del figliol prodigo in Luca 15:11-32  [tratto dal dossier "Libertà e senso di appartenenza" di RR di 35 pag in IPOTESI DI POTENTE ATTIVITA’ DI DIO OGGI ]  

 

 

 

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