Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

APPARENZA E SOSTANZA – GUARDARE IN FACCIA LA REALTA' - CONSAPEVOLEZZA DELLA POTENZA DI DIO SEPPURE NELLA  NOSTRA DEBOLEZZA – di Filippo – 18-10-17

 

 2 Corinzi 10:1-10  "1 Io, Paolo, vi esorto per la mansuetudine e la mitezza di Cristo, io, che quando sono presente tra di voi sono umile, ma quando sono assente sono ardito nei vostri confronti, 2 vi prego di non obbligarmi, quando sarò presente, a procedere arditamente con quella fermezza con la quale intendo agire contro taluni che pensano che noi camminiamo secondo la carne. 3 In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; 4 infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti 5 e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo; 6 e siamo pronti a punire ogni disubbidienza, quando la vostra ubbidienza sarà completa. 7 Voi guardate all'apparenza delle cose. Se uno è convinto dentro di sé di appartenere a Cristo, consideri anche questo dentro di sé: che com'egli è di Cristo, così lo siamo anche noi. 8 Infatti se anche volessi vantarmi un po' più dell'autorità, che il Signore ci ha data per la vostra edificazione e non per la vostra rovina, non avrei motivo di vergognarmi. 9 Dico questo perché non sembri che io cerchi d'intimidirvi con le mie lettere. 10 Qualcuno dice infatti: «Le sue lettere sono severe e forti; ma la sua presenza fisica è debole e la sua parola è cosa da nulla»".

 

I passi in questione raccontano di come l’apostolo Paolo rispose a chi lo accusava di agire con ragionamenti umani e di comportarsi con severità solo quando scriveva le lettere alle chiese, mentre quando si trovava in mezzo ai fedeli dimostrava di non avere quella personalità e quel carisma tipico di chi possiede l’autorità di un vero ministro di Dio.

Gli individui che avevano deciso di diffamarlo e di mettere in discussione la fondatezza del suo apostolato, erano alcuni appartenenti della comunità cristiana di Corinto, i quali si erano lasciati attrarre e convincere dalle parole di certi falsi apostoli che si erano abilmente introdotti in mezzo a loro. Questi falsi ministri di Dio, pur di allontanare i credenti dagli insegnamenti di Paolo e di convertirli alle loro dottrine, avevano dipinto l’apostolo come una persona codarda e debole di carattere; capace di dimostrarsi coraggioso solo mantenendosi a debita distanza dalla gente.

Ma Paolo risponde loro con paziente e benevola umanità, spinto dalla stessa umiltà e bontà di Cristo: li esorta al ravvedimento e li prega di non costringerlo a trattarli con la stessa fermezza con cui intendeva trattare coloro che lo accusavano di parlare e agire con ragionamenti umani. Egli li invita a riflettere su un concetto essenziale per la vita di ogni credente: ovvero la consapevolezza di vivere in dei corpi fatti di carne, i quali però non affrontano il combattimento cristiano con le armi convenzionali di questo mondo, ma con le potenti armi di Dio. Gli uomini usano le armi della ricchezza, della potenza, della sapienza, della filosofia, dell’eloquenza, dell’intelligenza; i credenti possiedono la fede nel Dio vivente, la preghiera e l’ubbidienza alla parola di Dio. Con esse, sconfiggono l’errore mediante la verità, “facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo”. Ogni insegnamento deve essere considerato alla luce della parola del Signore e quando si pone in contrasto con essa, va subito rigettato e combattuto come ostacolo che si leva contro la conoscenza di Dio.

L’apostolo Paolo li richiama altresì a non guardare all’apparenza delle cose, ma di scendere in profondità; a non giudicare un individuo sulla base dell’aspetto esteriore e con superficialità, ma a guardare in faccia alla realtà; questo gli avrebbe fatto capire le vere e profonde intenzioni di quei falsi dottori che, diversamente da Paolo, non potevano vantare di aver fondato alcuna chiesa, ne avrebbero mai potuto dimostrare un’autorità pari alla sua. Egli, basando il suo appello ancora una volta sull’umiltà che lo aveva sempre contraddistinto, mostra ai Corinzi che se anche avesse voluto vantarsi, lo avrebbe potuto fare senza alcuna vergogna perché tale autorità l’aveva ricevuta direttamente da Dio, per la loro edificazione. Invece, i falsi apostoli, poiché avevano portato in mezzo a loro confusione, divisioni e turbamenti, mostravano chiaramente i frutti delle loro intenzioni e della loro dottrina. Paolo non ammetteva di essere stato severo con le sue lettere, ma di aver agito sempre allo stesso modo, sia per iscritto che di persona, ma se qualcuno l’avesse messo ancora in dubbio egli l’avrebbe potuto dimostrare appena giunto presso di loro.

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