Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

MORIRE PER GIOCO, SOFFRIRE DAVVERO

 -di S. I. - 7-3-17


 

In questi ultimi anni – da quando mi sono convertita a Gesù Cristo – ho capito che per qualunque aspetto della vita c'è da distinguere il punto di vista dell'uomo e quello secondo Dio, ovvero una via larga dove va bene praticamente tutto e l'unica cosa vietata sono i limiti, e una via stretta, in cui invece ci sono regole e principi inviolabili.

Anche rispetto alla morte, che è ciò di cui oggi vorrei scrivere, possiamo vedere come la visione umana e quella dataci dalla Bibbia, siano differenti e conducano a differenti modi di vivere, e differenti modi di morire.

 

Comincio dalla visione umana.

Chi non crede in Dio, oppure ci crede ma Lo considera troppo lontano e indifferente alle vicende umane, non giudicherà rilevante il fatto di dover un giorno rendere conto del modo in cui abbiamo condotto la nostra esistenza, né si preoccuperà troppo di dove andrà a finire dopo la morte.

In questa visione, non dovendoci preoccupare della volontà di Dio, ci occupiamo della nostra volontà. Sia fatta la nostra volontà, ovvero seguiamo i nostri desideri dovunque ci portino.

L'unica cosa che conta sono i nostri desideri ed essi per noi equivalgono alla nostra volontà.

Ma i desideri andrebbero distinti dai bisogni e dalla volontà: considero i bisogni la necessità di qualcosa che manca ed è vissuto come indispensabile.

I desideri sono l'aspirazione o l'impulso a conseguire il piacere in una certa attività o nel possesso di qualcosa.

Spesso i desideri nascono dai bisogni, ne diventano la naturale espressione, a volte invece essi distorcono i bisogni (per esempio, un bisogno di vicinanza che viene soddisfatto mangiando dolci) o li negano.

Su bisogni e desideri troneggia la volontà: la scelta libera e consapevole che noi facciamo è più forte di qualsiasi bisogno o desiderio.

Ma noi facciamo confusione su questo punto: per noi il desiderio è già volontà, e la volontà è già azione o almeno diritto all'azione. Illudendoci di essere liberi, siamo in realtà schiavi dei nostri desideri. Questa confusione che abbiamo in testa ci rende prede vulnerabili di propagande non proprio benevole, qualche volta decisamente dannose, o fatali. Propagande che, sapendo che siamo ormai mossi quasi esclusivamente dai nostri desideri, puntano a creare nuovi desideri e ci danno anche il modo di soddisfarli.

 

Mi riferisco, in questo scritto, ad uno specifico tipo di propaganda: quei giochi che spingono i partecipanti ad entrare in contatto con la morte, o evocando spiriti, o spingendo i giocatori al suicidio.

Si presentano come giochi, hanno nomi insospettabili, ma sono inganni a volte mortali.

Le vittime predilette sono i giovani ed i giovanissimi.

La loro è l'età in cui si cerca di porre i pilastri della propria identità adulta e, se il mondo fosse logico e razionale, l'età in cui si dovrebbe imparare a distinguere bisogni, desideri e volontà secondo dei valori accettati come buoni e necessari.

Questi ragazzi e ragazze si avvicinano ai suddetti giochi senza avere idea di che cosa si tratta veramente. E questi giochi esercitano su di loro un'attrazione potente, perché fanno leva su bisogni e desideri.

L'alone di mistero, la voglia di avventura, la condivisione di un'esperienza forte con i coetanei, ma anche la noia, la rabbia contro il mondo degli adulti che è sempre più egoista ed egocentrico, la paura di fronte al mistero della vita, di fronte al futuro ignoto e di fronte alla bruttezza del mondo.

Il tutto innestato sul nostro postulato che non prevede Dio: desidero ergo voglio ergo faccio.

Nessuno dice a questi giovani che la vita è sacra, che con i morti non si scherza, nessuno parla loro di diritti e doveri insindacabili. Questi ragazzi e ragazze sono intrappolati dalla libertà che noi, generazione adulta, abbiamo insegnato loro: la libertà come concetto assoluto, in cui ciò che desidero è mio diritto averlo.

La vita non è sacra, è soltanto un fatto biologico e legislativo.

La morte non incute più il timore reverenziale di un tempo, non ci ricorda più che abbiamo un limite concreto, evidente, innegabile, da qualche parte nel nostro futuro. La morte non ci insegna più a vivere con quanto più giudizio ci è possibile, la nostra vita sulla terra.

Tolto Dio, tolta la sacralità della vita, la morte diventa una seducente e tenebrosa donna da corteggiare, un ragazzo biondo e ingenuo di cui prendersi cura, essa diventa un diritto per chiunque la reclami per se stesso e per le persone che non hanno voce in capitolo.

 

Un passetto in più verso il basso, ed ecco che la morte diventa un gioco.

Avete presente qualcuno di questi giochi?

Alcuni sono palesemente l'anticamera del satanismo che esalta la morte in modo morboso. Altri portano sfacciatamente al suicidio come un videogame con livelli di difficoltà crescenti. Sono cose aberranti, terribili, fatte passare per innocenti giochini da fare tramite cellulare o tra i banchi di scuola. La vita è disprezzata, la morte si cerca per gioco, ma il dolore è reale, forte, pesantissimo e pochi trovano le parole per esprimerlo.

Fanno parte della stessa famiglia di “giochi”, quelle attività che vengono chiamate sport estremi, e che consistono nel rischiare la propria vita correndo rischi sempre maggiori, per esempio lanciandosi in mille modi da altezze vertiginose.

Questi giochi sono cugini di altri giochi che, a volerli chiamare per nome, sono crimini violenti e insensati: colpire i passanti con un pugno in pieno viso, spingere dalle scale persone sconosciute, dar fuoco ad un senza tetto, ammazzare per vedere che cosa si prova, spingersi troppo oltre in un “gioco” erotico.  L'elenco sarebbe ancora lungo, ma vediamo come il minimo comune denominatore è il passaggio repentino e acritico da un desiderio  non sempre pienamente cosciente ad un'azione volontaria.

Molti dei nostri giovani, che avrebbero potuto un giorno usare il loro coraggio per essere guide amorevoli e autorevoli per chi verrà dopo, lo sciupano morendo o uccidendo in modo insensato e stupido.

 

La morte dal punto di vista dell'uomo che non prende in considerazione Dio, può diventare un gioco perché essa è privata del suo senso, ed è ridotta alla mera soddisfazione di un desiderio, effimero come tutti i desideri che non nascono da un vero bisogno e non sono modulati da una buona volontà.

 

Se invece prendiamo la Bibbia e vediamo che cosa ci dice sulla morte, scopriamo che Dio non la prende affatto alla leggera come fa oggi l'uomo.

“il salario del peccato è la morte” (Ro 6:23)

La morte è la conseguenza del nostro peccato, del nostro esserci allontanati da Dio. E più ci allontaniamo più le cose si mettono peggio. Se anche in questa vita rifiuteremo consapevolmente di tornare a Dio, ci aspetta una doppia morte: quella del corpo (che è il game over di molti dei giochi citati) e quella eterna, in cui saremo per sempre lontani dalla presenza di Dio. Come si sta lontani da Dio? Lo sappiamo già, lo viviamo tutti i giorni in questo mondo sempre più ateo. Senza Dio la ragione dorme, i desideri sono distorti, i prepotenti comandano, i deboli soccombono, il bene è trattato come male e il male come bene.

In Gesù Cristo, Dio stesso è andato incontro alla morte. Ma in che modo? Per un gioco stupido o per una sfida tra amici? Perché aveva perso il senso della sua esistenza terrena?

No. La Sua morte è stata un atto d'amore immenso, Egli è morto per noi, al posto nostro ed ha promesso che chiunque ci crede e glielo chiede, sarà coperto da quel sacrificio d'amore e “anche se muore, vivrà” (Gv 11:25)

Gesù desiderava evitare quella sofferenza, lo vediamo nei versi in cui piange lacrime di sangue prima di essere arrestato. Lo desiderava, ma la sua volontà fu un'altra: voleva portare a termine la missione affidatagli dal Padre. La volontà di Gesù e quella di Dio erano unite. “Padre se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Lu 22:42)

Gesù ci mostra la via: che la nostra volontà aderisca sempre di più a quella di Dio e non ai nostri desideri, perché così tutto avrà un senso, la nostra vita e anche la nostra morte in Lui non saranno cose vane. Viviamo e moriamo restando al nostro posto di combattimento, tutti i giorni, nelle piccole e grandi battaglie quotidiane. In questo è il coraggio, in questo è l'amore.

“Nessuno ha amore più grande di quello di dare la vita per i suoi amici” (Gv 15:13)

Dare la vita per amore, giorno per giorno è molto diverso dal perderla in un attimo, per un gioco stupido, senza onore e senza gloria.

 

Cercando di tirare le fila di tutto il discorso: chi è ancora lontano da Dio sta negando oppure non sa di avere un profondo bisogno di Dio, e così tutti i suoi desideri, non fondandosi su questo bisogno, finiscono per rivolgersi a cose del mondo che non possono e mai potranno rispondere a quel bisogno di amore assoluto ed incondizionato che solo in Lui possiamo trovare. Da questi desideri vani nascono vane volontà e vane azioni, che portano ad una perdita di senso della vita, e, di conseguenza anche della morte. La cultura della morte ha oggi preso piede al punto da essersi infiltrata in tutti gli ambiti della nostra vita, perfino nei giochi dei nostri giovani e giovanissimi, che rischiano molto più di quanto credono.

Abbiamo il compito di parlare con loro di cose grandi, di indicare loro la strada.

 

Io vedo una sola soluzione: cercare Dio con tutto il cuore perché è di Lui che abbiamo bisogno, ed è sulla Sua volontà che dobbiamo calibrare i nostri passi, non sui nostri desideri. Noi adulti, voi giovani e giovanissimi, tutti abbiamo bisogno di Dio per vivere e morire in modo degno e con speranza.

I desideri ci ingannano e ci rendono vulnerabili, manipolabili e prigionieri mentre ci illudiamo di essere liberi.

 

 

 

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