I TRE GIORNI DI SAULO - n.6

 - di Renzo Ronca - 13-11-15- agg 29-6-21

 

 

 

Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda. (Atti 9:8-9)

 

 

(segue)

 

Gesù aveva detto a Saulo «Alzati ed entra nella città, e ti sarà detto ciò che devi fare» (Atti 9:6b). Saulo cercò di ubbidire cominciando con l’alzarsi da terra, ma si accorse subito che le cose di prima erano diventate impossibili. Infatti forse a causa dell’intensità della visione, del suo forte bagliore, la sua paura si aggiunse alla paura quando, pur aprendo gli occhi, non vide niente.

 

Tornano alla mente le parole che Gesù disse dopo la guarigione del cieco dalla nascita:

Gesù disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi». Giov 9:39

Certamente Gesù contrappone  quelli che credevano di vedere la verità come gli scribi (Giov. 9:40-41) a quelli che invece la vedevano per davvero avendo incontrato il Signore.

 

Ricordo anche, quando parlammo del quadro “Il ritorno del figlio prodigo” di Rembrandt, l’intuizione che ebbe l’artista nel presentare il Padre semi-cieco, cioè con una maturità che “va oltre lo sguardo umano” (https://www.ilritorno.it/fare%20e%20pensare/Pensare/RITORNO%20FIGLIOL%20PRODIGO%20RR.pdf ).

 

Vi è certamente un vedere oltre l’apparenza. Non solo l’apparenza fisica cioè quella dello sguardo degli occhi, ma anche l’apparenza razionale, quella delle proprie convinzioni. Certe convinzioni possono solidificarsi incastonarsi nella nostra mente, come un basamento durissimo che non fa penetrare i richiami di Dio. Rimuoverlo è un’operazione sconvolgente e per certi versi anche pericolosa, ma alle volte è necessaria, e se la compie il Signore, non dobbiamo temere nulla.

 

Il non poter vedere è una esperienza terribile. La vista è il nostro senso principale. Senza di essa ci sentiamo perduti, non abbiamo più alcun punto di riferimento; e forse è proprio questo che Gesù ha voluto far provare a Saulo: fargli perdere i riferimenti, i punti fermi, le sue sicurezze umane e dottrinali, per poi riedificarli in un secondo tempo in modo più veritiero e stabile, per sempre. E’ in fondo quello che è avvenuto in tutti noi quando nel nostro piccolo abbiamo “incontrato” Gesù.

 

Secondo molti studiosi la “spina nella carne” di cui l’apostolo parlerà poi (2 Cor. 12:7) potrebbe riferirsi a un disturbo agli occhi in seguito a questa visione. In ogni modo era comunque un qualcosa di fisico che gli avrebbe sempre ricordato la sua debolezza. Il Signore non lo guarirà, nonostante la sua preghiera, ma invece di rimuovere il problema immette in lui la grazia e la potenza dello Spirito, in modo da mostrare che Dio agisce proprio in contrasto con la debolezza umana.

 

e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco

Ecco di nuovo i compagni di viaggio di Saulo che premurosamente lo condussero per mano. L’autore del commentario degli Atti, S.D.Toussaint, giustamente fa notare la grande differenza tra l’uomo sicuro di sé nella sua baldanza iniziale, quando portava le lettere contro i cristiani, e questo uomo qui, cieco, condotto per mano, come un bambino. La grazia di Dio a volte si può mostrare con segni molto forti e persino con apparenti disgrazie.

 

L’essere condotti per mano, come si fa coi bambini, è significativo. Non vuole indicare la potenza di Dio che punisce e acceca gli umani, ma è un’immagine profonda della nostra nuova nascita. L’uomo questo è: un essere alla continua ricerca di un Dio che non consce, che non ricorda; e il suo camminare il suo cercare è come un cieco che tasta barcollando i riferimenti della strada, i volti, le cose…  “affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi”(Atti 17:27)

 

lo portarono a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda

Quando siamo abbagliati da un forte luce anche noi restiamo qualche istante senza vedere; qualche istante, questione di secondi, e subito ci riadattiamo alla normale luce che ci circonda. In questo caso invece pensate a che straordinaria potentissima intensità luminosa deve aver assistito Saulo se restò tre giorni senza vedere!

Ma ci fu dell’altro: che non fu solo uno shock luminoso, si capisce dal fatto che non prese né cibo né bevanda. Evidentemente fu un trauma molto serio e complesso: uno sconvolgimento profondo non solo fisico ma anche mentale e psicologico.

 

Su quanto accadde probabilmente alla coscienza di Saulo lo abbiamo ipotizzato precedentemente (LA COSCIENZA NELLA CONVERSIONE DI SAULO ) almeno per grosse linee. Pensate ai pensieri che possano passare nella mente in tre giorni di immobilità dove non ti va né di mangiare né di bere…  Tutto quello in cui avevi creduto, come un castello di carte è crollato, non c’è più niente. Meno di niente c’è solo un nero un buio assoluto.

 

Viene da pensare ai tre giorni in cui Giona fu inghiottito dal pesce (Giona 2). Fu proprio in quel buio profondo che Giona pregò l’Eterno e questi lo riportò sulla “terra ferma”.

 

Quanti pensieri nella mente e nel cuore di Saulo!  Egli passò tre giorni in attesa della promessa gi Gesù «Alzati ed entra nella città, e ti sarà detto ciò che devi fare» (Atti 9:6b). Tre giorni che gli saranno sembrati un’eternità. Eppure restò fermo come gli era stato detto tra ansie, paure, e soprattutto l’immagine della gloria del Signore che ancora era in lui.

 

Personalmente non credo che il non voler mangiare e bere sia stato come un digiuno dottrinale, cioè come un atto di volontà in cui la mente ordina al corpo (che avrebbe fame e sete) di non mangiare e bere; nemmeno penso che sia stato fisicamente disgustato dal cibo e dall’acqua, credo invece che la sua anima sia stata appunto riempita dello Spirito Santo, “saziata già” in un certo senso, tanto che qualsiasi cibo o bevanda sarebbe stata in quel momento  fuori luogo ed inutile.

 

Pensavo a quando da giovane sviluppavo le fotografie nella camera oscura. Dovevo fare un buio necessario per alcuni minuti per non rovinare la carta sensibile; tuttavia potevo tenere una luce rossa molto fioca che non faceva danno. Quella debolissima luce rossa era sufficiente per piccoli spostamenti indispensabili nella camera oscura per poter “fissare” per sempre e senza danno quanto era stato proiettato sulla carta sensibile (che poi sarebbe diventata la vera e propria fotografia).   Chi riceve delle illuminazioni così forti dall’alto probabilmente in certi momenti non distingue più se è vivo o se è morto, se sta bene o se sta male. La parte “esterna” dei sensi è in tilt, bloccata, non funziona. Però rimane una luce di emergenza, della  “coscienza di Dio” che nel buio, nel silenzio della notte della creazione, ridisegna le forme principali della vita e le fissa per sempre dando un carattere pieno, come un nuova identità, dove lo spirituale sopravanza il carnale.

Ci sono dei movimenti attenti, essenziali, formativi, che la nostra coscienza di Dio compie per passare dall’inconscio alla parte consapevole del nostro “io”.

 

C’è un momento quando si fa il reset al computer che il computer si spegne e poi si riaccende da solo. Un attimo di buio. Però se le informazioni che abbiamo immesso prima sono state corrette, ecco che dopo la riaccensione il computer funzionerà senza più difetti. Gesù ha dato le informazioni corrette, ha “istruito” di nuovo le nostre cellule, la nostra mente, ha formato una nuova coscienza, ci ha dato un cuore nuovo.

 

Queste informazioni corrette ripartono da un ricordo ancestrale, dalla creazione. Nell'uomo, in tutti gli uomini, vi è una memoria della creazione dimenticata in qualche parte del nostro inconscio. In certi momenti però si riattiva e riconosce Dio. Non è una conoscenza consapevole e razionale, ma il risveglio del ricordo genitoriale di Dio quando ci formò dalla terra. E' anche per questo che Gesù (che prima dell'incarnazione era divinamente presente alla nostra creazione) quando ci guida come pastore è riconosciuto da noi e noi lo seguiamo: Giov 10:3 A lui apre il portinaio; le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. 4 E, quando ha fatto uscire le sue pecore, va davanti a loro; e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Non seguiranno però alcun estraneo, ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Vi è già in noi una conoscenza di Dio nel profondo delle nostre radici; è quella che attesta la veridicità del nostro Signore per questo poniamo la ns fiducia in Lui.

 

Per quanto ci studieremo di conoscere, penso che finché saremo terreni difficilmente sapremo con esattezza cosa accade nell’anima nostra quando Dio la viene a toccare o quando le si rivela. Forse potrà capire più a fondo solo chi ha avuto esperienze simili. Certo è che chi ha provato cose simili non le dimentica più, e vive tutta la vita rimanente come fosse davvero nato in quel momento; la sua vita allora, come quelle di Saulo, sarà una testimonianza vivente.

 

(continua)

 

 

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