"E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Giov. 14:3)

 

 

RALLEGRATEVI CON QUELLI CHE SONO NELLA GIOIA,  PIANGETE CON QUELLI CHE SONO NEL PIANTO - Rom. 12:15 - (Aspetto psicologico di Gabriella Ciampi psicoterapeuta) -  RIFLESSIONI DETTAGLIATE SULLE ESORTAZIONI DELL’APOSTOLO PAOLO IN ROMANI 12:9-21 . N.7 - 20-2-15-    

Soffriamo tutti della mancanza di una persona che ci ascolti veramente con attenzione, e ci lamentiamo spesso del poco tempo che abbiamo per stare noi ad ascoltare l’altro. C’è poco spazio per la condivisione sincera dei sentimenti, per la partecipazione e la vicinanza emotiva; è un dato di realtà. Tuttavia l’esortazione di Paolo citata nel titolo mi sembra non voler soltanto ricordarci che dobbiamo trovare il tempo e l’attenzione per l’ascolto e per la condivisione; mi sembra voler dire qualcosa di ancora più sottile e profondo.

Questo versetto della lettera ai Romani descrive in maniera sintetica e semplice quell’atteggiamento che in psicologia viene detto “empatia”[1],

ossia la capacità di una persona di comprendere  profondamente, fino a farla propria, l’emozione di un altro. E’ la profonda condivisione allo stato d’animo del proprio interlocutore, partecipazione intima che porta a provare ciò che l’altro sta provando.

Non è così scontato e facile stare a questo livello di condivisione e comprensione: quanto dobbiamo imparare ad aprire il nostro cuore e la nostra mente !

L’empatia autentica presuppone un tralasciare il proprio punto di vista, distaccarsi da sé, per entrare nell’emozione e nello stato mentale dell’altra persona, sentendo quell’emozione così come l’altro la sente. Non è il nostro sentire, non la nostra prospettiva, ma quella dell’altro che entra in noi e ci permette così di capire perfettamente cosa l’altro sta vivendo nel suo mondo interiore. Questa perfetta comprensione ci può dare una capacità speciale di aiutare perché ci permette di usare le parole giuste, i contenuti adatti e il tono adeguato a quel momento e per quell’interlocutore.

I NEURONI A SPECCHIO (mirror neurons). L’individuo, sin dalla nascita, ha una capacità innata e preprogrammata di internalizzare, incorporare, assimilare, imitare, lo stato di un’altra persona.

I neuroni a  specchio costituiscono la base di questa capacità. Agli inizi degli anni ’90 due neuroscienziati italiani, V. Gallese e G. Rizzolatti, hanno scoperto la presenza e la funzione di questi particolari neuroni della zona fronto-parietale; sono neuroni che non solo reagiscono a stimoli ma anche “comprendono” lo stimolo, non solo si attivano per eseguire una determinata azione ma si attivano anche osservando un’azione agita da un’altra persona.

La particolarità di questi neuroni è che funzionano in modo pre–comunicativo: si attivano prima che l'uomo ne sia cosciente, innescando processi di imitazione e di comunicazione senza la sua consapevolezza, prima che ci sia un’ elaborazione cognitiva.

Ecco spiegato perché ci può capitare di assumere senza saperlo un’espressione triste guardando una persona che piange o, senza deciderlo, atteggiare la bocca al sorriso mentre osserviamo una persona che ride. Osservare un viso altrui che esprime un'emozione, stimola nell'osservatore i medesimi centri cerebrali che si attivano quando lui stesso presenta una reazione emotiva analoga.

Quindi la capacità di comprendere lo stato emozionale dell'altro, di percepire ciò che percepisce l'altro, l’empatia, è legata all’attività dei neuroni a specchio. Il nostro cervello è fisiologicamente predisposto per questa capacità, per questa azione/reazione; potremmo dire che è predisposto alla condivisione, alla compartecipazione, alla comprensione empatica!

RALLEGRATEVI CON CHI SI RALLEGRA E PIANGETE CON CHI PIANGE

Vediamo allora come l’invito a stare vicini e partecipi empaticamente all’altro, nostro simile, sia il nostro atteggiamento naturale che forse col tempo e con le cattive abitudini abbiamo dimenticato. Conservare e agire questa capacità di “rispecchiamento” dello stato d’animo dell’altro, non solo ha un suo significato ontogenetico e filogenetico[2]

(perché è alla base dell’apprendimento per imitazione e della evoluzione e conservazione della specie) ma ha un grande valore umano di relazione.

Piangere con chi piange e gioire con chi gioisce, mettere in atto l’empatia, rende solide e proficue le relazioni, rafforza la coppia, la famiglia e le amicizie, fa sì che le relazioni affettive si rinsaldino, stringe i legami. Perché lì dove si piange il dolore viene sconfitto, condiviso e alleggerito, e lì dove si ride la gioia viene moltiplicata amplificata e incrementata, lasciando nelle persone un comune ricordo di vicinanza intima e un comune pegno di confidenza autentica.

L’empatia sincera che permette questa esperienza interiore è quindi la base naturale della socialità e di sentimenti bellissimi come l’Amicizia, la Compassione e l’Amore.

 


 

[1]

La parola empatia deriva dal greco "εμπαθεία" (empatéia ,  composta da en-  "dentro", e pathos "sofferenza o sentimento"); veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico.

 

[2]

Ontogenetico: relativo alla crescita e allo sviluppo del singolo individuo all’interno di una specie

Filogenetico: relativo allo sviluppo e alla evoluzione di una intera specie

 

 

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