Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO: TROPPA FRETTA PER I DONI E LE LINGUE, CHE NON SONO UN DOGMA – “ANSIA DA NON APPARTENENZA”

 

Da “Abbiate tra voi un medesimo sentimento” – n. 16

di Renzo Ronca - 30-10-11

 

 

 

 

 

“L’ansia da non appartenenza” è una conseguenza della ricerca immatura dei doni dello Spirito Santo. Siccome il “dono delle lingue” è il più comune ed il più spettacolare e siccome si manifesta nella maggior parte dei casi di “riempimento dello Spirito Santo”, allora tra i fedeli della chiesa nasce il desiderio di dimostrarlo al più presto. E' un modo come per dire “ecco, anch’io ho il battesimo dello Spirito, anch’io sono come gli altri”.

 

A chi non si manifesta subito nascono incertezze, paure, ansie, depressioni e persino dubbi di fede. In alcune comunità, invece di rasserenare gli animi e spiegare bene che il dono delle lingue non è un dogma e non funziona come la matematica applicata, purtroppo si tollera la ricerca di questo e di altri doni in modo fine a se stesso.

 

Il “riempimento dello Spirito” che è un concetto molto profondo, quello si è da ricercare e da vivere continuamente; il dono delle lingue è solo una delle manifestazioni dello Spirito, e nemmeno la più importante. Non ha un’etichetta di funzionalità che ne stabilisce la data di inizio e la certezza dell’avvenuto dono di tutto il “riempimento dello Spirito”.  Fortunatamente nella chiesa evangelica non ci son più i dogmi. Vediamo di non fabbricarne dei nuovi.

 

Uno non deve chiedere lo Spirito Santo solo per avere dei doni, ma per servire Dio, il quale, a Suo piacimento, all’occorrenza, nel modo che vuole, quando lo vuole, per il motivo che vuole, ci darà quanto è bene per noi e per il servizio a cui siamo chiamati.

 

E’ sbagliato dire in continuazione: “hai ricevuto le lingue? No? E come mai? Ma sei sicuro di essere stato battezzato?” Il pressing di alcuni responsabili e di alcuni fedeli giovani, non maturi, può provocare dei danni seri alle anime sensibili di alcuni credenti ed allontanarle invece di avvicinarle.

Anche di questo dovremo rispondere davanti al Signore.

 

Ecco una delle mail che ogni tanto ricevo. La mail è firmata, ma per ovvi motivi ne pubblicherò solo il contenuto.

 

“[…] quando mi sono battezzato,dopo una decina di giorni,ero al culto domenicale e si pregava,per il battesimo dello spirito Santo,perchè dicevano che dopo il battesimo in acqua sarebbbe seguito quello appunto dello Spirito,ma a me non succedeva nulla,malgrado io lo chiedevo al Signore,ad un certo punto un fratello mi viene dal di dietro e mi sussurra:Come mai non vieni battezzato?e io risposi:Non lo so e lui,ma devi essere battezzato e io:Quando il Signore lo vorrà,insomma sembra quasi un obbligo e se non vienii battezzato nello Spirito c'è qualcosa che non va in me.

Io ci rimasi male e per non essere ritenuto fuori,affinchè mi lasciassero in pace,raccontai una bugia ( Dio mi perdoni )ho detto che ero satto battezzato in casa mia mentre pregavo,da allora,non mi guardavono più stranamente,però poco tempo dopo ho lasciato quella chiesa.”

 

Io spero che questa testimonianza faccia riflettere, come ha fatto riflettere me.

 

 

Come approfondimento, vorrei aggiungere adesso una pagina che considero importante, scritta dal pastore Roberto Bracco [1] dal suo trattato  “La glossolalia" (le evidenziazioni sono le nostre).[2] 

 

«L’Apostolo [Paolo] nel trattare il problema della vita carismatica è costretto a riferirsi ad una situazione locale particolarissima; appare chiaro che nella chiesa di Corinto l’esercizio dei doni dello Spirito veniva praticata fuori e in opposizione a quei principi di discernimento e di ordine (I Cor. 12:3; 14:23; 14:40) che sono essenziali per l’edificazione della chiesa; i credenti di quella comunità amavano la libera espansione delle loro emozioni e le più esuberanti e "spettacolari" forme di comunione e di culto e si abbandonavano di conseguenza alle più incontrollate manifestazioni carismatiche.

La glossolalia che per le sue caratteristiche intrinseche sfugge più facilmente ad un controllo e che in misura accentuata offre uno stimolo emozionale sembra esser stata preferita dai Corinzi ed esercitata in misura così ampia da togliere spazio non solo agli altri carismi dello Spirito, ma anche specificatamente al dono d’interpretazione che rappresenta l’elemento integrativo delle "lingue". Le riunioni di culto nella comunità, perduto il controllo e l’ordine, avevano finito anche col perdere ogni carattere edificativo ed evangelistico e si erano svuotati di tutti gli elementi indispensabili per essere autentica offerta a Dio.

Paolo interviene per ricordare:

·  Che nella chiesa "tutti" i doni sono stati dati dallo Spirito e "tutti" devono essere esercitati nello Spirito (I Cor. 12:11)

·  Che i "doni" hanno uno scopo edificativi ed evangelistico e non devono essere esercitati per soddisfare aspirazioni umane o per provare sensazioni od emozioni (I Cor. 14:37).  

·  Che l’esercizio dei doni deve essere disciplinato da un principio d’ordine che è "opportunità" "avvicendamento" "equilibrio" (I Cor. 14:31-33)

·  Che tutti i credenti devono sentirsi impegnati nella celebrazione del culto, ma tutti devono essere sottoposti alla guida dello Spirito (I Cor. 14:26).

Egli si dilunga in modo particolare a parlare del "dono delle lingue" appunto perché è quello al quale è stato consentito di invadere il campo ove doveva fiorire la vita carismatica; l’Apostolo non ordina di sopprimere, ma di ridurre alle misure volute dallo Spirito l’esercizio della glossolalia.

Le lingue non devono togliere lo spazio alla profezia, alla sapienza, alla scienza o agli altri doni spirituali, ma devono essere soltanto una parte di quella "vita" che deve essere manifestata dalla chiesa, corpo di Cristo (I Cor. 12:27). Come nel "corpo" ci sono molte membra, diverse l’una dall’altra, così nella chiesa devono esserci e manifestarsi funzioni che possano integrarsi vicendevolmente nella loro varietà; tutte contribuiscono all’edificazione se esercitate non in opposizione o in concorrenza, ma in armonia con i principi generali dell’ordine.

Per questi motivi, infatti, Paolo conclude: - "Così dunque, fratelli miei, appetite come a gara il profetizzare e non vietate il parlar in linguaggi…" (I Cor. 14:39).

Queste parole sembrano quasi dettate dalla preoccupazione di un possibile equivoco; quello che poteva nascere proprio dal fatto che l’Apostolo era stato costretto a soffermarsi a lungo sull’argomento della glossolalia per squalificare il metodo incomposto seguito dai credenti di Corinto. Non voglio "sopprimere" le lingue, sembra concludere Paolo, anzi non ostacolatene l’esercizio, ma vi esorto però a non farne l’elemento esclusivo della vostra vita carismatica e, soprattutto, vi raccomando di armonizzarle con l’interpretazione e alternarle con la profezia che avete respinta fuori dalle vostre riunioni. »

(continua)
 

 

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[1]

Pastore Roberto Bracco (1915-1983), oratore, scrittore, fondatore e pastore per 22 anni della Assemblea Italiana Evangelica; diresse per 11 anni l’Istituto Biblico Italiano;  Fondò e diresse il periodico "Risveglio Pentecostale" dal 1946 al 1949; Nel difficile clima del dopoguerra lavorò per costituire e far riconoscere come ente morale le A.D.I. (Assemblee di Dio in Italia)  da cui rimase comunque sempre indipendente. (tratto da http://www.chiesadiroma.it/RBracco/biografia.htm)

 

[2]

“La glossolalia” di R. Bracco. PDF in http://www.chiesadiroma.it/RBracco/la%20glossolalia.pdf

 

 

 

 

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