Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

ATTI 27 – IL VIAGGIO PER NAVE DI PAOLO: SIMILITUDINI CON LA NOSTRA VITA

Che rappresentano per noi i soldati, i prigionieri, i marinai? Apriamo la meditazione del passo affinché sia di edificazione alle nostre persone, alla famiglie ed alle chiese.

 di Renzo Ronca - 23-1-11

 

Chi era Paolo? Era uno che all’inizio, convinto di agire bene, andava invece contro Gesù. Nel momento che Gesù stesso glielo rivela aprendogli la mente e dandogli un incarico per il bene della Chiesa, diventa un Suo fedele servitore per tutta la vita.

Atti 26:15 Io dissi: "Chi sei, Signore?" E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perseguiti. 16 Ma àlzati e sta' in piedi perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose che hai viste, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, 17 liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando 18 per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati".

 

Leggiamo tutto l’appassionante capitolo di Atti 27. Ognuno lo faccia da solo con calma, predisponendosi a comprendere cosa il Signore potrebbe volerci dire con tutto il capitolo, poi torniamo qui. Non parliamo solo di analisi storica o teologica ma di una comprensione edificante che vada oltre il fatto stesso.

(Se abbiamo letto il capitolo, proseguiamo qui insieme).

 

Domandiamoci: che può rappresentare Paolo per noi?

Prima di rispondere identifichiamo quel “noi”. Ci riferiamo a tre aspetti: alla nostra singola persona, poi alla nostra famiglia ed infine alla nostra chiesa. Sono tre chiavi di lettura che possono proseguire parallelamente. Il cammino di un individuo infatti, come abbiamo visto altrove, non è mai un percorso singolo, ma diventa un “noi”, un plurale, sia nel matrimonio che nella chiesa.

 

Paolo rappresenta la “voce di Dio”, la guida dello Spirito Santo.

Lo Spirito di Dio, quando ci investe, ci convince di peccato, ci guida nella conversione, ci mette a servizio dei fratelli per la salvezza nostra e di quanti crederanno.

 

Paolo è anche l’uomo che deve rendere testimonianza al Signore. Un viaggio a Roma voluto da Dio, accettato da Paolo, osteggiato dalle forze del maligno che cercano di impedirlo.

 

Noi siamo “Paolo” ogni volta che testimoniamo Gesù ed accettiamo di essere cristiani seguendo le indicazioni dello Spirito Santo.

 

D’altra parte in noi si fronteggiano pensieri e sentimenti e decisioni che possono essere in lotta tra loro.

La nostra forza di volontà assomiglia al centurione ed ai suoi soldati. Questa volontà, che è l’uso deciso e pratico della razionalità, ha la forza necessaria per guidare ed imporsi su tutta la persona:

Nel nostro capitolo 27, il centurione ha in custodia i prigionieri (1-2); permette a Paolo di andare brevemente con gli amici (3); decide di scegliere una nave ed usarla per il viaggio (5). Di fronte alla pericolosità che sta per arrivare non ascolta l’ammonimento di Paolo (10) ma dà ascolto al timoniere ed al proprietario della nave.

 

Questo è anche il comportamento nostro quando dobbiamo prendere decisioni di un certo peso che ci coinvolgono direttamente. Si, siamo accondiscendenti “quanto basta” alle nostre aperture di fede. La nostra “volontà-gendarme” permette alla nostra fede persino di fraternizzare con altri fedeli, ma al momento buono però, a chi dà retta la volontà? Al nostro “buon senso”, alla nostra logica, alla prudenza umana. Siamo più portati a credere a chi praticamente “ne sa di più” di una fede “basata sul niente”. La fede non è pratica, ma il proprietario della nave si, ci tiene alla sua nave non farebbe mai una cosa per danneggiarla; il timoniere poi, chissà da quanti anni fa questo lavoro, lo saprà lui se è il caso o no di proseguire, no? Meglio dunque dare retta a loro. Così avrà pensato il centurione.

Anche in un chiesa, pensate che tutte le decisioni si prendano per fede sulle indicazioni dello Spirito? No. Chi dirige la chiesa sia esso una persona o un gruppo di dirigenti o un gerarchia è spesso motivato da spinte umane. Facciamo un esempio: “si, dobbiamo evangelizzare, ma perché devo andare in quel paesetto come dice quel fratello che era in preghiera, in quel paesetto c’è il vuoto. Meglio sarebbe secondo la mia esperienza di dirigente, andare al centro di una grossa città, dove magari possiamo anche trovare delle buone offerte in soldi. Incontriamo più gente e c’è più possibilità di convertire più persone. Nel paesetto che ci vado a fare?”

Il centurione ed il dirigente di chiesa fanno un ragionamento umanamente giusto, ma privo della guida dello Spirito di Dio, che è fondamentale ed ha sempre motivazioni più profonde di quanto i dirigenti (e le volontà) possano capire. Se Filippo sentendo l’indicazione dello Spirito di Dio di andare in una strada deserta avesse detto “ma che ci vado a fare in una strada deserta?” non avrebbe incontrato il ministro etiope e questi non si sarebbe battezzato. I ragionamenti dell’uomo si appoggiano all’uomo, i ragionamenti dello spirito convertito si appoggiano allo Spirito di Dio. Nella chiesa i dirigenti gestiscano meno ed ascoltino di più gli altri fedeli, perché tra loro potrebbe esserci un profeta suscitato da Dio.

 

Il viaggio di Paolo e dell’equipaggio non va come dovrebbe. Quando le decisioni di un progetto di Dio sono gestite dall’umano è inevitabile che non abbiano successo, perché altrimenti Dio avrebbe consigliato una cosa diversa? Non è Dio che punisce, Dio voleva toglierti dal pericolo; sei tu invece che col tuo “buon senso” ti sei andato a mettere nei guai da solo! A questo punto ecco la crisi (finalmente) e l’uomo non sa più cosa fare. L’unica cosa che fa è perdere la speranza. Abbattuto ed avvilito nemmeno desidera più mangiare. Ma è a questo punto che si rivela ancora il carattere e la misericordia di Dio:

Atti 27:20-26 - 20 Già da molti giorni non si vedevano né sole né stelle, e sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza di scampare era ormai persa. 21 Dopo che furono rimasti per lungo tempo senza mangiare, Paolo si alzò in mezzo a loro, e disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto e non partire da Creta, per evitare questo pericolo e questa perdita. 22 Ora però vi esorto a stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di voi ma solo della nave. 23 Poiché un angelo del Dio al quale appartengo, e che io servo, mi è apparso questa notte, 24 dicendo: "Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che navigano con te". 25 Perciò, uomini, state di buon animo, perché ho fede in Dio che avverrà come mi è stato detto. 26 Dovremo però essere gettati sopra un'isola».

A volte prendiamo decisioni sbagliate, è vero. Ma questo ci potrà mai separare dall’amore di Dio? Mai! Il Signore non ci accusa. Pur non nascondendoci il nostro errore, ci consola, ci invita a prendere cibo qualsiasi cosa accada (mai interrompere la preghiera, la fede, la lode, la lettura della Parola!) e ci “esorta a stare di buon animo”, rivelandoci ancora che presto arriveremo dove dobbiamo arrivare, tutti sani e salvi.

Questa è la nostra vita: una strada da seguire con una serie di errori e di amarezze; a volte per disubbidienza a volte per inavvertenza, ma sempre con il Signore vicino che ci darà la forza per continuare.

Dopo 14 notti di viaggio nella tempesta, a mezzanotte, i marinai intuiscono di essere vicino alla terra (27). Come ci siano riusciti non lo sappiamo ma avevano ragione a buttare lo scandaglio.[1]

Anche noi nelle tempeste della vita procediamo al buio, ma ci sono dei marinai dentro ognuno di noi che sanno capire i tempi e le profondità dell’ambiente in cui siamo. Quando vedono che proseguire alla cieca significherebbe rischiare troppo, sanno come fermare tutta la nave (28-29). Sapersi fermare quando ci si sente vicini ad un punto di arrivo è molto difficile, eppure è una buona cosa. Occorre luce, discernimento, forza, chiarezza, prima di proseguire. L’istinto di pensare solo a se stessi è sempre molto forte (30). I marinai erano gli unici capaci di governare la nave, se se ne fossero andati forse si sarebbero salvati da soli, ma quasi certamente gli altri sarebbero morti.

Atti 27:31 - Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potete scampare».

 

Questo passo credo sia per noi il punto centrale. La nave (la nostra personalità) è scomposta, impaurita, indebolita dalla fame, al buio; il mare è sempre in tempesta. L’istinto di sopravvivenza spinge alcuni a salvarsi dimenticando tutti gli altri. Ma può sussistere davanti a Dio una personalità squilibrata, divisa scomposta, dove si salva solo l’egoismo? Può sussistere una famiglia dove ognuno pensa per sé? Può sussistere una chiesa dove non ci si prende cura l’uno dell’altro? Gesù disse:  …io li ho conservati nel tuo nome; io ho custodito coloro che tu mi hai dato, e nessuno di loro è perito…” (Giov 17:12).

Ed anche a Paolo fu rivelato: , 24 dicendo: "Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che navigano con te".

Dio ama il “plurale” come comunione d’amore: fonda in Cristo la Chiesa, vuole portare tutti alla salvezza. Una persona, come una famiglia, come una chiesa, sussiste fino a che è compatta in se stessa e con Dio.

Per questo motivo occorre essere decisi e forti nei momenti più difficili, costi quello che costi. Per questo motivo Paolo (la nostra parte toccata dallo Spirito di Dio, la voce di Dio), si rivolge senza mezzi termini al centurione ed ai soldati (la nostra parte che decide, che ha il potere ed i mezzi per farsi ubbidire):

31  Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potete scampare».

La nostra mente, la volontà, cioè chiunque decide, anche se può avere poca fede, sa fare dell’esperienza un tesoro. Questa volta il centurione non dà ascolto ai marinai, che pur valenti nel loro lavoro, hanno già sbagliato e mostrato egoismo nel tentativo di abbandonare tutti. Il comandante e i suoi soldati capiscono che devono ascoltare le parole di Paolo, ovvero le indicazioni di Dio, con rapidità e grande decisione. Non percuotono i marinai ma compiono un atto veramente coraggioso:

32 Allora i soldati tagliarono le funi della scialuppa, e la lasciarono cadere.

 

Lasciar cadere le scialuppe delle nostre sicurezze, del nostro “io” è una decisione non facile per tutti noi; eppure se non ragioniamo al plurale, se non capiamo che siamo sulla stessa nave e che tutti possiamo e dobbiamo salvarci, sarà inutile anche andare in chiesa.

Molte famiglie si sfasciano anche per questo, io lo so bene. Quando c’è la tempesta per degli errori commessi, si calano le scialuppe e via! Si salvi chi può! Ognuno pensa a se stesso e la famiglia si spezza, come le navi che affondano.

Anche nelle chiese è molto facile dire a chi dissente: “basta, vattene via!” il difficile è rapportarci a lui, ascoltarlo. Chissà che nelle critiche di qualche dissidente non si nasconda la volontà di Dio?

 

Paolo esorta e consola ancora una volta tutte le persone della nave ed insiste nel far prendere loro il cibo (33-38). Tutti accolgono l’esortazione e il pane viene spezzato e diviso. Cercate di immaginare il momento:  276 persone al buio, dopo 15 giorni di tempeste, con l’animo in subbuglio, mentre la nave ancorata è ancora sbattuta dal vento e le onde sono alte… L’ansia e la paura del nuovo giorno…

Quante volte anche noi, nel pericolo, dopo la preghiera, ci calmiamo a forza, ma ancora restiamo impauriti e tremanti per quanto deve accadere, sforzandoci di restare uniti in noi stessi e con gli altri!

La nostra volontà in questi casi ha un ruolo decisivo nel mantenere l’ordine e la compattezza. Ci sarà presto bisogno di una azione ordinata e precisa di tutte le persone e sarebbe fatale il disordine e la discussione.

39- Quando fu giorno, non riuscivamo a riconoscere il paese; ma scorsero un'insenatura con spiaggia, e decisero, se possibile, di spingervi la nave.

 

Se nel buio era logico non vedere, a volte di giorno, pur vedendo, non si capisce dove siamo. Nel cammino di Dio la nostra vista non sa, non conosce; occorre procedere solo per fede.

 

Nei momenti difficili il raccoglimento e l’autocontrollo sono fondamentali, soprattutto quando si deve aspettare.  Poi quando si deve passare all’azione è fondamentale che tutti (l’uomo con tutte le sue facoltà, la famiglia con tutti i suoi componenti, la chiesa con tutti i suoi componenti), partecipino nei giusti modi e nei giusti tempi per il bene comune. Quando è il momento tutti devono sapersi muovere con rapidità e risolutezza come un insieme perfetto:

 

40-Staccate le ancore, le lasciarono andare in mare; sciolsero al tempo stesso i legami dei timoni e, alzata la vela maestra al vento, si diressero verso la spiaggia.

 

La corsa verso la spiaggia era la loro ultima speranza. Non avevano più il carico, non avevano la scialuppa, non avevano più nemmeno le ancore, il mare era sempre tempestoso, dovevano per forza riuscire!

 

Ma le prove certe volte sembrano non finire mai:

 

41- Ma essendo incappati in un luogo che aveva il mare dai due lati, vi fecero arenare la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza delle onde.

 

La situazione era quasi fuori controllo. La nave stava sfasciandosi era questione di pochi minuti e poi sarebbero caduti tutti in mare.

 

In queste situazioni estreme la nostra “volontà-gendarme”, sovraccaricata dal senso del dovere e dalle responsabilità, potrebbe ricorrere a decisioni impulsive e drastiche. I soldati stavolta non devono solo pensare ai marinai ma anche ai prigionieri di cui erano responsabili. Se questi fossero scappati, la severa giustizia romana avrebbe condannato loro stessi per incapacità. Dovevano ubbidire al loro dovere impedendo la fuga, anche a costo di ucciderli. Così pensavano i soldati.

42- Il parere dei soldati era di uccidere i prigionieri, perché nessuno fuggisse a nuoto.

Ma è qui che interviene il capo, il centurione. Il centurione rappresenta la volontà intelligente, “illuminata” dall’esperienza delle parole di Dio dette da Paolo; sa tenere a freno anche le sue stesse truppe e sa avere fede quando è necessario. Prende così una decisione saggia facendo prima gettare in acqua quelli che sapevano nuotare e poi tutti gli altri su tavole e rottami galleggianti. IN questo modo tutti toccarono terra sani e salvi (43-44).

 

La meditazione di questo capitolo ci aiuterà molto. Io vi ho presentato degli esempi verso il controllo dei nostri pensieri e delle nostre emozioni; ho allargato il discorso alla famiglia fino alla chiesa; tutti “insiemi” in cui la coordinazione, l’ordine e la guida di Dio sono fondamentali per poter vivere ed arrivare a destinazione.

Non importa se arriveremo ad incontrare Gesù senza i nostri interessi personali: quello che nella stiva della nave sembrava giusto commercio, guadagno (il frumento che la nave trasportava) al fine della salvezza era solo “il carico”, cioè un peso.

Non importa se fino ad oggi abbiamo commesso degli errori, se toccheremo la terra ferma a fatica, l’importante è arrivare alla roccia stabile che è Gesù. Lui è la nostra unica speranza di vita eterna.

 

 

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[1] Probabilmente lo scandaglio doveva essere una specie di corda con un peso ad un capo e dei nodi regolari come unità di misura che indicavano quanta acqua c’era tra la nave a il fondo.

 

 

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