L'umiltà della croce

“Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero che confiderà nel nome del SIGNORE.” (Sofonia 3:12)

Benché questa profezia riguardi in particolare il popolo d’Israele quando ci sarà la Tribolazione, dopo il Rapimento dei credenti, è interessante notare una cosa importante.

La condizione per confidare nel nome del Signore, ovvero lo status ideale grazie al quale lo Spirito Santo parla ai cuori e può iniziare la Sua opera, è proprio quello di una persona che in sé stessa si rende conto di essere umile e povera in confronto alla grandezza di Dio. Ma in che senso umile? Iniziamo da questo. “Il timore del SIGNORE è scuola di saggezza; e l'umiltà precede la gloria.” (Proverbi 15:33 - Nuova Riveduta)

Nel commentario MacDonald leggiamo “Il timore del Signore è la disciplina che conduce alla saggezza; l’umiltà è la strada per la gloria.” Preferisco questa versione perché dice che l’umiltà è la strada per la gloria. Mi spiego meglio. In questa società l’umiltà è considerata debolezza, esiste invece la falsa modestia di cui tutti si fregiano e questa è senza dubbio un’alterazione della vera umiltà cristiana. L’umiltà ci conduce su un sentiero non semplice da percorrere perché in certi casi della nostra vita vuol dire anche “sottomissione”. Non parlo di sottomissione a Dio, a cui ogni creatura è sottoposta sin dal principio, ma di sottomissione nei confronti di altri uomini (escludendo quella che ogni cristiano è tenuta a mantenere nei confronti delle autorità umane). Sottomettersi a qualcuno che può sembrarci un nemico, ad esempio, per cercare di non perdere una persona amata e conquistarla a Cristo è una grande sfida, ma d’altronde anche questo è vincere il male con il bene (Romani 12:21). Dunque, l’umiltà ci condurrà alla fine del nostro cammino verso la meta celeste e nella gloria di Dio. Inoltre, Paolo scrive in Romani 8:18 “Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo.”

Quindi riconoscersi umili e poveri non proviene dalla concezione che abbiamo di noi stessi. Siamo ribelli di natura, pensiamo di saperne più del nostro Creatore, esattamente come il nostro nemico spirituale che voleva mettersi al posto di Dio.

Essere “poveri” vuol dire in sostanza “che non si dispone a sufficienza di quanto è essenziale per vivere, per sostentarsi” (Treccani). A volte la povertà materiale può coincidere con quella spirituale, e il Signore che ci vuole salvare affinché abbiamo in Lui la vita eterna, sa che se passiamo dei momenti difficili (situazioni economiche disastrose, malattia, depressione, solitudine ecc.) il nostro cuore inizia ad “ammorbidirsi” perché lo cerchiamo nella disperazione e lo Spirito Santo ci apre gli occhi del cuore. Il popolo che serve il Signore non potrà mai essere composto da persone che pensano di avere tutto, non è questo il popolo da cui Dio potrà trarre la lode perché Egli vuole persone che lo amino dal profondo del cuore.

In conclusione, il popolo umile e povero sarà quello che il Signore Gesù porterà con Sé quando verrà a prendere la Sua Chiesa. Sforziamoci ogni giorno di chiedere a Dio tanta umiltà per affrontare le situazioni e sostenere il buon combattimento cristiano.

Al Signore la gloria, ora e in eterno!

V.D.S.

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