tomba di pietra

Introduzione

Nel numero 13 de “Il Ritorno”, tra l’altro, il caro fratello Renzo formulava la seguente domanda: (1)

“E’ lecito pregare perché, ad esempio, una persona già morta (sulla terra) sia da Dio comunque amata, considerata ed accolta quando ci sarà il suo giudizio finale?”.

Voglio ora cimentarmi nel tentativo di dare una (mia) risposta alla questione sollevata, la quale, com’è evidente, contiene sia una problematica specifica (l’intercessione dei credenti a favore del prossimo ormai defunto), sia una problematica più generale (la preghiera può considerarsi “retroattiva”?).

E’ ovvio che quanto sto per dire rispecchia il mio pensiero personale, e non ha certo la pretesa di essere “la” risposta. Spero comunque che possa essere di aiuto a quanti si siano posti con serietà la domanda sollevata da Renzo.

L’amore e la giustizia di Dio

Tutta la Bibbia può essere considerata un magnifico inno a Dio, perché un po’ ovunque essa ne esalta le eterne virtù. In particolare, la Bibbia insegna che Dio è Amore, cioè che Egli ama in un modo veramente perfetto e completo, molto al di là delle nostre stesse capacità di comprensione. Inoltre, la Bibbia insegna che soltanto in Dio è la vera giustizia, la quale nasce non solo dalla profonda conoscenza di ciò che è Bene, ma anche dalla conoscenza dell’intima realtà di ciascuno di noi. Queste semplici considerazioni, da sole, già potrebbero bastare per tranquillizzarci riguardo al “giudizio finale”, cioè riguardo al momento in cui Dio determinerà il “premio” o il “castigo” di tutti gli esseri umani. Come possiamo, infatti, dubitare di tale “giudizio”, dal momento che esso dipende esclusivamente dall’Essere Santo e Perfetto?…

Premesso ciò, è chiaro che ogni tentativo da parte nostra d’influenzare, in un senso o nell’altro, tale “giudizio finale” equivale ad un’implicita dichiarazione di sfiducia nei confronti del Signore; oppure vuol essere un tentativo di anteporre all’assolutezza dei Suoi criteri la spiccata relatività dei nostri.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, mi sento di aggiungere che i nostri sentimenti, per quanto belli e puri siano, non possono essere mai posti al di sopra di Dio stesso. L’amore, l’amicizia o la simpatia che ci legano a tante persone non possono giustificare alcuna nostra ingerenza nei giudizi di Dio su di loro, proprio perché tali sentimenti sono relativi, e ciò che è relativo non può essere mai elevato a criterio assoluto.

D’altra parte, se così non fosse, si verificherebbe l’assurdità secondo cui i giudizi di Dio finiscono per dipendere in qualche modo dall’opinione pubblica!… Infatti, le persone più amate e/o simpatiche potrebbero beneficiare, al contrario delle altre, dell’intercessione spirituale di molti!… Ebbene, non mi sembra che tale scenario corrisponda a quanto c’insegna la Bibbia, perché Dio non fa discriminazioni, e non cede alle “raccomandazioni”, come invece a noi esseri umani riesce così facilmente!…

La preghiera

Per quanto riguarda la preghiera, molti sinceri credenti ne fraintendono inconsapevolmente la portata e il senso. Mi riferisco, in particolare, al fatto che la preghiera venga spesso considerata come una sorta di canale d’accesso privilegiato all’onnipotenza di Dio. Così, anziché confidare nelle capacità del Signore (capacità che, comunque, agiscono sempre in armonia con la Sua volontà), molti credenti finiscono per confidare nel “potere” della preghiera in se stessa.

In tal modo ci si dimentica, spesso troppo facilmente, che la preghiera è “efficace” solo in virtù del fatto che essa è rivolta a Colui che ha la possibilità (non l’obbligo!) di esaudirla.

In ciò, oltre che in tanti altri aspetti, la fede cristiana si differenzia radicalmente dalla magia e dalle varie forme di superstizione.

In questi ultimi àmbiti, infatti, l’uomo vive ed alimenta la propria sensazione (illusoria) di poter dominare in qualche modo ciò che è ultraterreno, e a tale scopo crea rituali, formule ed oggetti che egli considera come altrettanti strumenti da utilizzare per il raggiungimento di ciò che desidera.

Com’è facile capire, alla base di tali credenze si nasconde (ma non troppo) l’inconscio desiderio di onnipotenza di molti esseri umani che proprio non riescono ad accettare di essere delle semplici creature nell’àmbito di un Cosmo più grande di loro e sottoposto al volere di Colui che l’ha creato (il racconto biblico di Adamo ed Eva, e della loro disobbedienza, allude chiaramente a questo desiderio di onnipotenza!).

Al contrario, per i cristiani la preghiera non può essere espressa se non in un intimo rapporto di comunione con Dio, rapporto che implica, da parte loro, una sincera sottomissione e un’incondizionata fiducia nei confronti della Sua volontà di Bene.

L’incomprensione biblica

Purtroppo, il fraintendimento della preghiera di cui stiamo parlando si poggia spesso su un’errata comprensione di alcuni passi della Bibbia. Fra questi, a puro titolo d’esempio, ne voglio qui citare due.

1) Gesù disse ai suoi discepoli: Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giov.14:14).

2) L’apostolo Paolo dichiarò: Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (………).

Ebbene, come sono da intendere questi brani? Si allude qui forse ad una preghiera senza limiti?… O a delle possibilità sovrumane messe a disposizione dei veri discepoli di Gesù?

Come sempre accade, la corretta comprensione di un testo biblico non può essere raggiunta senza l’attento esame del contesto, ed in armonia con l’intero panorama delle Scritture.

Per quanto concerne il primo brano, esso è inserito in un contesto in cui emerge il mandato di testimonianza che Gesù intende affidare ai suoi discepoli. Il loro ruolo è delicato, ed il cammino che devono affrontare è difficile; però essi possono contare sulla presenza del loro Signore e sul suo aiuto. Egli, tramite il suo Spirito, saprà equipaggiarli e guidarli in modo da assolvere l’arduo compito loro affidato. Il “chiedere” e il “ricevere” nella preghiera, quindi, sono qui chiaramente intesi in funzione di un servizio da svolgere nei confronti del mondo. Gesù, pertanto, dicendo queste cose ai suoi discepoli, non intende affermare che essi abbiano “carta bianca” per chiedere quel che ad essi fa più comodo, per incontrare sempre la strada spianata e le porte aperte. Egli sta “solo” assicurandoli che non devono affrontare il loro cammino di fede facendo appello alle sole risorse umane, ma che ad essi Dio non farà mancare il necessario e adeguato sostegno spirituale.

Per quanto riguarda, poi, la frase dell’apostolo Paolo, essa ovviamente non può essere intesa come una “dichiarazione di onnipotenza”. Come potrebbe essere “onnipotente” un uomo sottoposto alle ingiurie, al carcere e alle bastonature!? In realtà Paolo sta dicendo “solo” che, nel proclamare l’Evangelo, il Signore lo rende capace di sopportare ogni avversità. Anche qui, dunque, emerge l’aiuto di Dio (spirituale, ma assai concreto!) a favore di quanti si trovino alle prese col servizio cristiano al quale sono stati chiamati. In tale quadro, dunque, le richieste della nostra preghiera non possono essere arbitrarie, ma in stretta relazione col servizio suddetto. Sono dunque richieste fatte “in nome di Cristo”, nel senso che si collocano in continuità con la Sua divina missione, e non nel senso di poter usare il nome di Cristo quale “formula magica” per realizzare quanto ci fa più comodo!… 

Il passato non si cambia

Il contenuto espresso dal titolo di questo paragrafo è una tragica realtà con cui noi tutti dobbiamo purtroppo fare i conti. Gli eventi che caratterizzano la nostra vita umana, siano essi eventi “materiali” (cioè che hanno degli effetti fisici) o “spirituali” (che cioè avvengono nell’intimo delle nostre coscienze), si collocano in un quadro d’irreversibilità temporale, che è evidentemente quello voluto da Dio per la nostra condizione umana.

La drammatica realtà di questa situazione, del resto, può essere riconosciuta nell’intero messaggio biblico, dove la “caduta nel peccato” dell’intero genere umano è un evento che non può essere cambiato. Tutt’al più è possibile porvi rimedio tramite un “piano di salvezza”, che è poi quello messo in atto da Dio tramite il suo Figliolo Gesù Cristo. Tale piano, dunque, seppur “retroattivo” (nel senso che esso ha una validità che travalica i confini del tempo) non cambia gli eventi umani, ma si pone piuttosto come risposta divina ad essi.

Per chiarire ulteriormente il mio pensiero, intendo affermare che la croce di Cristo può essere vista come la conseguente e drammatica dimostrazione della ribellione dell’umanità al suo Creatore. In altre parole, (faccio ora un discorso al limite, per estremizzare il concetto) se fosse stata sufficiente la sola preghiera di Gesù al Padre, bastava che Gli chiedesse di considerare come “mai commesso” il peccato di Adamo, in modo tale che l’umanità non avesse più avuto bisogno di essere salvata!… In realtà, invece, la Bibbia ci mostra come l’estrema concretezza (materiale e spirituale) delle scelte umane può essere vinta non attraverso la loro negazione (cioè come se non fossero mai avvenute), bensì attraverso la misericordia di Dio. Il perdono, infatti, non nega il peccato, ma lo copre.

Pertanto, il passato di ciascuno di noi, vivo o morto che sia, è un dato di fatto assai concreto, ed è “sempre presente”, come giustamente ricorda Renzo, davanti agli occhi di Dio: nessuno, dunque, può cancellarlo. Se questo passato debba costituire per noi un motivo di condanna o meno da parte di Dio, dipende dal rapporto che abbiamo voluto stabilire fra noi e Lui che, solo, può perdonarlo. Ma tale rapporto intimo e personale, che è anch’esso “evento” di tale passato, solo Dio può conoscerlo, e non dipende affatto dal desiderio o dalla volontà di terzi.

Conclusione

Da quanto finora espresso, risulta abbastanza chiaramente, spero, la risposta che mi sento di dare alla spinosa questione sollevata da Renzo sul suo giornalino. Spero anche di non aver confuso ancor più le idee a qualcuno dei Lettori: non erano certo queste le mie intenzioni.

Per concludere, vorrei ora rivolgere un piccolo appello a quanti hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui. Questo tempo che il Signore ci ha dato da vivere è un bene prezioso, e corre via veloce! Perciò non sprechiamolo, ma studiamoci sempre più di metterlo a frutto a gloria e lode del Suo nome!

                              


 

NOTE

(1) Una volta il bollettino "Il Ritorno" era cartaceo mensile (in questo caso n.13 del dicembre 2001). Si ponevano domande di edificazione comune cercando di coinvolgere più credenti possibile. La risposta riportata qui del caro fratello Angelo Galliani, seppure introdotta da lui con grande modestia, mi pare un ottimo insegnamento evangelico per tutti noi.  (RR

 

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