La confessione auricolare

Brevi chiarimenti sul perdono dei peccati da parte di Dio e la "confessione auricolare cattolica”

DOMANDA: So delle contraddizioni nella chiesa cattolica e certe volte mi sento confuso, per esempio so che voi non praticate la confessione, eppure io mi sono anche confessato e dopo mi sono sentito una gioia indicibile. Se è male allora perché stavo così bene? che dire? non mi so dare una risposta. 

RISPOSTA: Caro lettore, se dovessimo valutare la verità delle cose solo con le nostre sensazioni allora ci troveremmo di fronte a milioni di possibilità! Sentivo proprio l'altro giorno in TV di una donna che, manifestando una sua visione mentre era in pericolo di vita, ha sentito dirsi da presunti "angeli" che "non esiste il peccato", e questo pare l'abbia fatta sentire benissimo, come non era mai stata prima!! 

Per rispondere più obiettivamente alla tua domanda dobbiamo pensare a due sezioni di risposta: quella psicologica e quella biblica.

Da un punto di vista psicologico ogni pesantezza, dovuta al senso di colpa, ristagna, non è salutare, ci carica di un peso sempre più insopportabile che richiede uno scarico emotivo. Quando troviamo una brava persona che ci ascolta e con parole sagge ci tranquillizza, allora veniamo sollevati da quel peso e ci sentiamo finalmente liberi e felici dalla colpa. Questo direi che è abbastanza normale. Da questa prospettiva dunque liberarci da un peso che ci causa un senso di colpa fa sempre bene, soprattutto se accompagnato da buone parole.

Da un punto di vista biblico non c’è nessun riferimento nella Scrittura alla “confessione privata” o “auricolare” imposta obbligatoriamente nella dottrina cattolica.

In una “scheda storica” (1) leggo che nella Chiesa cattolica tale obbligo arrivò tortuosamente: Si comincia a diffondere in Europa nel 6° secolo, introdotta da monaci irlandesi e all’inizio non fu accettata, infatti nel 3° Concilio di Toledo del 589, fu dichiarata persino “esecrabile presunzione”. Tuttavia, questa abitudine andò avanti fino al 13° secolo, quando con il Concilio Lateranense divenne obbligatoria (da Papa Innocenzo 1215 d.C.)  Ma soltanto nel 16° secolo, nel Concilio di Trento (2), in polemica coi protestanti, la confessione auricolare viene dichiarata “sacramento”. 

"Confessione" e "perdono" sono comunque due aspetti separati che andrebbero approfonditi. Giuda, per esempio, confessò ai sacerdoti del suo tempo il suo peccato, ma si suicidò per il senso di colpa. 

Perché è bene non confessare il proprio peccato ad un’altra persona? 

Primo motivo: perché SOLO Dio può rimettere i peccati.

Se tra amici ci confessiamo delle mancanze generiche (scusa se ti ho risposto male, perdonami se ti ho rubato il portafogli) non è una cosa cattiva: saper chiedere perdono e saperci perdonare, fanno parte della nostra maturità di fede. Ma la remissione dei peccati è cosa che riguarda solo Dio e si esprime nella nostra intimità di preghiera con Lui.

Copiamo di seguito una nota del Commentario biblico on line Stewart-Bosio (3) le evidenziazioni sono nostre:

Le parole degli Scribi e dei Farisei in Capernaum: "Chi può rimettere i peccati se non il solo Dio?" Marco 2:7, esprimono una verità che nessuno può mettere in dubbio Isaia 43:25. Ne segue che l'autorità di cui il Signore qui investe i suoi discepoli deve accuratamente distinguersi da quella incomunicabile prerogativa divina. Dal senso che il Signore dà a consimili parole, "legare, sciogliere" Matteo 18:18, applicandole alla disciplina nella sua Chiesa; nonché dal senso illimitato dei verbi "avrete rimessi", "avrete ritenuti", in questo versetto, è evidente che il privilegio qui annunziato, lungi dall'esser conferito ai soli apostoli, estendevasi a tutti i credenti lì presenti, anzi a tutta la Chiesa spirituale di Cristo. E innegabile che il Signore concesse agli apostoli certe prerogative esclusive, le quali erano necessarie all'esercizio del loro ministerio ma che essi non poterono trasmettere ad altri, come il dichiarar l'Evangelo con infallibile accuratezza, il confermare il loro insegnamento coi loro miracoli, lo scrivere sotto la diretta ispirazione dello Spirito Santo, il poter discernere gli spiriti 1Corinzi 12:10; 1Giovanni 4:1, di coloro coi quali conversavano, come lo si vede nei casi di Anania, di Saffira, di Simon Mago, e dell'incestuoso di Corinto Atti 5:3-9; 8:20; 1Corinzi 5:3-5. Ma l'assurda idea che il Signore intendesse con queste parole delegare agli apostoli, o a chiunque altra persona, il potere assoluto di perdonare, o di non perdonare il peccato, di assolvere o di non assolvere un'anima, devesi rigettare, perché antiscritturale e blasfematoria "Nessuno degli apostoli esercitò mai in modo letterale od autoritari o un tale potere. È evidente che essi non si sognarono mai di possederlo. Gesù lo diede solo in senso dichiarativo o ministeriale, come a quelli che dovevano essere gli interpreti autorizzati della sua parola; e la vera natura di quel potere si vede nella disciplina che i ministri devono esercitare nella Chiesa. I predicatori dell'Evangelo sono autorizzati a dichiarare perdonato, per il sangue di Cristo, chiunque crede in lui; e non perdonato, ossia rimanente tuttora sotto la condanna, chiunque ricusa di ricevere Cristo, offerto nell'Evangelo quale l'unica propiziazione del peccato. Gli Atti degli apostoli e le loro Epistole non ci presentano un solo esempio di un apostolo che si creda lecito di assolvere o di perdonare qualsiasi persona; essi sempre attribuiscono un tal potere a Cristo, Confr. Atti 10:43; 13:32,38; 16:31. Non c'è una sola parola, nelle Epistole pastorali di Paolo a Timoteo e a Tito, che mostri che considerasse l'assoluzione come un ufficio, del ministerio cristiano. Ed in vero è contrario ad ogni ragione il supporre che Dio, il quale conosce così bene la debolezza e la falsità del cuore umano le passioni che lo agitano, e l'impossibilità, anche per il ministro il più avveduto, di giudicar se siano veri o finti il pentimento e la fede di un uomo, abbia commesso ad uomini mortali un potere così assoluto come sarebbe quello di perdonare ai loro simili i loro peccati. L'esperienza della Chiesa Romana, i cui sacerdoti sono considerati come possedendo il diritto di assolvere i peccatori, e di chiudere il cielo, a quelli che non hanno ricevuto la loro assoluzione, ci dà la prova indiretta più concludente che le parole del Signore non potevano avere se non un senso dichiarativo. Non è possibile immaginare nulla di più nocivo, così per il clero come per il popolo, che i frutti del sistema romano di penitenza e di assoluzione. È un sistema che ha degradato il popolo, lo ha rivolto indietro da Cristo, e lo trattiene in uno stato di schiavitù e di tenebre spirituali" (Ryle).

Il secondo motivo per non confessare i propri peccati ad un'altra persona è che “il peccato inquina”, si trasmette facilmente in maniera morbosa. Una donna che racconta i peccati di tipo sessuale ad un uomo-prete (che per giunta ha la proibizione di toccare donna) non può non turbarlo; stessa cosa se fosse al contrario. C'è dunque da tenere presente non solo la nostra condizione personale, ma anche quella dell'altro, a cui "scarichiamo” i nostri peccati. L'altro, ripetiamo, è un semplice uomo che, anche se preparato, può essere comunque "contagiato", non tanto da noi come persone ovviamente, ma dal peccato stesso che andiamo a confessare con tutti i particolari, che solo Dio può e sa come trattare. 

C'è un terzo motivo per andare cauti con i "sacramenti" in genere e la confessione in particolare riguarda la prospettiva di potere. Le brave persone che amano il Signore (siano esse penitenti o sacerdoti) non posso cogliere questo aspetto, non lo vedono; eppure, esiste e c'è nelle alte sfere chi potrebbe usarlo cinicamente; per questo penso sia bene farne un rapido riferimento.  Senza entrare in merito alla disquisizione teologica dei "sacramenti cattolici" (ogni chiesa in fondo è libera di presentare/imporre i propri dogmi o dottrine, così come ogni popolo è libero di scegliersi i capi da seguire), va comunque notata la progressione temporale di tali "sacramenti": questi, infatti, sono disseminati ad arte nell'arco di tutta la vita dell'osservante, nascita, giovinezza, maturità, morte. Anzi, persino prima della nascita e persino dopo la morte. Ricordo quando ero cattolico e mi volevo sposare in chiesa, mi fu presentata una carta da firmare in cui ci veniva concesso il permesso di sposarci SOLO SE ci impegnavamo di educare i futuri figli solo secondo le regole della Chiesa Cattolica Romana. No firma - no matrimonio!  Personalmente come genitore mi sarei (e mi sono) impegnato al massimo per educare i miei figli secondo gli insegnamenti cristiani, ma mi sono rifiutato di firmare che li avrei OBBLIGATI a fare le scelte dottrinali mie o di una denominazione specifica, togliendo loro la possibilità di una scelta. Dunque, di una consapevolezza (come avviene, ad esempio, nel battesimo cattolico). Sono e devono restare individui liberi dal concepimento alla nascita, all'adolescenza, alla maturità, alla morte. Così come il battesimo allora, anche la confessione, la conversione e la scelta di morire in un modo o nell'altro (una volta si chiamava "estrema unzione" oggi viene generalizzato con "unzione degli infermi" con l'olio sacro), rimangono scelte nella responsabilità di ogni individuo; non possono essere né "ipotecate" prima della nascita né imposte alla fine della vita terrena.

Ecco allora: i "sacramenti" da una certa ottica politica sembrano "strumenti di controllo" di una organizzazione molto potente; tra questi l'espressione più significativa del controllo è la confessione. Invece in un'altra ottica di tranquillità umana sono molto "rassicuranti": dopo la morte, infatti, sempre secondo la dottrina cattolica i morti, le loro anime, possono "continuare a vivere" e partecipare alle intercessioni tramite preghiere (le nostre preghiere per loro e le loro per noi). Non voglio polemizzare, basta scegliere chi seguire; io seguo la Scrittura biblica.  Poi ovviamente questo è solo il mio discutibilissimo pensiero, non pretendo che sia quello giusto per tutti. Se uno in coscienza sta bene delegando una gerarchia al suo posto, la seguiva pure, l'importante è che sia consapevole della sua scelta.

Noi evangelici diamo grande importante alla Scrittura biblica per questo la meditiamo molto e ad essa cerchiamo sempre di conformarci. Per questo guardiamo sempre con sospetto o diffidenza tutto ciò che in essa non è contemplato o non è contenuto. Nulla di personale, capisco le tradizioni e la buona fede delle brave persone. L'importante è dire: "la nostra chiesa ha stabilito questo e quest'altro ed io concordo", piuttosto che dire: "Dio ha stabilito questo dogma, per questo lo seguo".

R.R.


(1) “Scheda storica sulla confessione dei peccati dal 2 secolo ad oggi” di C. Barone tratta dal fascicolo “Confessarsi perché” di Barone, Di Lorenzo, Hegger, dove in modo abbastanza chiaro vengono anche esaminati i passi evangelici più discussi in merito alla confessione.

(2) Il Concilio se ne occupò dal 1545 al 1563, nella Sessione XIV, con 9 capitoli e 15 canoni.

(3) Commentario esegetico-pratico dei quattro Evangeli del Rev. Roberto Gualtiero Stewart, Dott. in Teol., già pastore della Chiesa Scozzese a Livorno. Terza edizione, riveduta ed alquanto abbreviata dal Prof. Enrico Bosio, D. D; Torre Pellice, Libreria Editrice Claudiana, 1929

 

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