I due di Emmaus camminano e parlano con Gesù

Tornando al brano dei due discepoli di Emmaus in Luca 24, e seguendo i punti evidenziati, ho elaborato pensieri vari che poi ho riunito in questa riflessione.

Cosa potrebbe volermi dire il Signore?

Il Signore è vicino a me, se non lo fosse non avrei nemmeno mai avuto il desiderio di conoscerLo; In ogni caso non siamo noi che scegliamo il Signore ma è Lui che sceglie noi, il Signore ci chiama (così come Gesù seguiva i discepoli diretti ad Emmaus e non il contrario). Poi da questa chiamata spetta a noi decidere se rispondere affermativamente; ma rispondere affermativamente può significare solo una cosa: seguirLo, fare la Sua volontà, lasciarsi guidare dalla sua mano… si lo voglio. Ora per fare la sua volontà devo imparare a conoscerLo, ogni giorno sempre di più, così le mie giornate non saranno mai vuote o sprecate. Senz’altro immagino che questo non sia un qualcosa di immediato o di semplice ma è un processo, un processo in continuo divenire e che può incontrare sulla sua strada degli ostacoli, ma non c’è nulla che Dio non possa; allora dagli ostacoli si impara a confidare in Dio più che in noi (bisogna pregare). In ogni caso per conoscerLo e fare la Sua volontà (che è la cosa migliore per noi, in quanto le Sue vie e i suoi pensieri sono più grandi e alti dei nostri) devo cercarLo nelle cose che parlano di Lui, nella Sua Parola (NT e AT).

Nel brano i discepoli del Signore erano in due, ed ecco che come il Signore aveva promesso si avvera che «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro», per cui io penso che avere compagni nella fede è importante, in questo modo ci si può incoraggiare a vicenda e ci si può correggere a vicenda, si è senza dubbio più forti. Questo purtroppo a me manca in gran parte. Essere soli non mi sembra essere vietato dal Signore, ma senza dubbio si è probabilmente più vulnerabili ed esposti alle insidie, in qualche modo forse anche più esposti alla rilassatezza (lo dico perché mi è successo e a volte senza nemmeno accorgermene).

Mi sento in gran parte rispecchiato nei due discepoli che una volta arrivati ad Emmaus pregano il Signore di restare con loro, perché il loro cuore arde e vogliono sentirlo ancora parlare. Questo lo vedo come il momento in cui il seme che Dio ha piantato in noi non soffoca, ma anzi germoglia ed è in procinto di crescere, perché desideriamo la Sua presenza e la Sua compagnia nella nostra vita e non soltanto una conoscenza intellettuale delle sue opere. Solo ubbidendo alla Sua volontà e cioè alla Sua Parola Egli potrà risiedere stabilmente in me, bisogna che lo desideri con tutto il cuore, costi quel che costi.

Ora in ultimo ho notato un collegamento tra i due brani della samaritana e dei discepoli di Emmaus. Una volta incontrato e riconosciuto veramente il Signore Gesù (per grazia e non per meriti personali, in quanto è Gesù che si rivela palesemente loro) entrambi hanno avuto la medesima reazione: l’urgenza di comunicare ciò che avevano visto e sentito, raccontare il loro incontro. La samaritana lascia la secchia al pozzo e corre al villaggio e i due discepoli di Emmaus “in quello stesso momento si alzarono”. Entrambi non possono più tacere, devono parlare perché i loro occhi si sono aperti, hanno incontrato il Cristo, il Vivente, e questo non è assolutamente un qualcosa che può lasciarti indifferente, fa ardere il cuore.

Questo io comprendo infine nella loro reazione: bisogna agire, agire con decisione, non certo in una fretta spropositata e irragionata, ma credo in una azione decisa e convinta di seguire il Signore e di testimoniare di Lui a chiunque ce lo chieda affinché anche altri possano, mossi dallo spirito, credere a lode e gloria di Dio.

Gianni Cellitti

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