persona seduta contempla paesaggio

Chiariamo prima il concetto di “consacrazione”: di solito per “consacrazione” si intende un rito liturgico di una gerarchia ecclesiastica con cui si rende “sacro” qualcosa, oppure una cerimoniale ufficiale - una specie di investitura - con cui si rende “sacro” qualcuno (ad esempio un prete); il quale da quel momento, essendo “consacrato”, non prende più moglie, ma vive rispettando determinate regole religiose (o come si dice: “prende i voti”).

Noi che siamo cristiani evangelici invece, mettiamo l’accento sul riflessivo “consacrarsi”, come decisione riservata, che riguarda solo noi e Dio. E’ il libero atto della nostra persona offerta a Dio  in modo semplice, senza cariche, nomine di chiese, mandati particolari: è un atto privato, custodito nel nostro cuore, direi molto intimo, una specie di unione-patto, che va vissuto esclusivamente tra l’anima e il Suo Signore, senza gestione o giudizi o regolamentazione altrui.  Può essere l’espressione spirituale desiderata da QUALUNQUE CREDENTE, maschio o femmina, sposato oppure non sposato, che faccia un lavoro oppure un altro, purché abbia nel cuore un profondo, vero, puro desiderio di offrire la sua vita a Dio. Il riferimento scritturale più diretto è in Romani 12:1-2 “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. 2 Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà.”

Quando a Dio è gradita la nostra offerta per i meriti di Cristo, allora questa consacrazione diventa una trasformazione continua, un riempimento dello Spirito Santo che non si ferma più. E’ il “si” di due volontà, la nostra e quella di Dio, che si incontrano e insieme convivono per tutta la nostra esistenza.

Ogni credente che “nasce di nuovo” fa una esperienza sublime, lo sappiamo; ma nel consacrarsi a Dio però fa una scelta più completa, più “totale”, se così si può dire. Pensieri, attività, progetti, TUTTO ciò che facciamo è veramente vissuto accanto a Gesù risorto, con timore reverenziale e desiderio di servirLo; e Lui qualche volta ci permette di vedere coi Suoi occhi o di sentire come Lui sente. Ecco allora che si scorge una realtà diversa da quella del mondo, una “realtà cristiana” dove ogni cosa è al suo posto e ogni momento è il momento giusto; una realtà piena di significati che il mondo non potrà mai vedere né capire.

L’anima nostra allora, libera d’amare il Signore rivelato che tanto l’ha amata, ne percepisce la presenza e Lo desidera così tanto che tutto quanto nel mondo diventa come privo di valore. Il nostro essere completo, spirito anima corpo, sarà spinto e attratto solo da questo amore sublime in Dio, sempre più forte, insopprimibile. In ogni nostro atto quotidiano, persino al lavoro o quando guidiamo la macchina o quanto facciamo la spesa, avvertiamo nel nostro cuore la dolcezza di un dialogo che avviene come a un’ottava superiore, come un flusso di amore e di vita inarrestabile, che ci rasserena e dà l’orientamento alle nostre azioni alle nostre parole.

Se l’anima nostra potesse, volerebbe in un attimo accanto a Gesù, lasciando al mondo le sue preoccupazioni. Ma è nel mondo che il Signore ci ha mandato ed è qui che, ubbidendo, vivremo in attesa del Suo ritorno. La “croce” in fondo, per l’anima toccata da Dio, è anche l’ubbidienza a vivere ancora qui, ancora fisicamente lontana dall’unione vera e propria col Signore, che avverrà quando la sposa-chiesa, dopo il rapimento, effettuerà le nozze celesti nella casa del Padre.

E allora l’anima in questa attesa si struggerà di questo amore desiderato, percepito spiritualmente, ma non completamente vissuto. E dove andrà questa anima che vive un amore meraviglioso ma che anche addolora come una acuta nostalgia? Certo sarà attratta da tutti quei luoghi dove si parlerà di Dio come le chiese, dove ci scambierà questa fede che ci rende uniti come fratelli, però… cercherà anche il raccoglimento nella solitudine, nel silenzio del mondo. L'anima nostra cercherà quei luoghi dove la Parola di Dio potrà essere gustata senza distrazioni. Il silenzio del mondo è per l’anima la sorgente dove bere la Parola di Dio.

E’ Gesù che ha scelto noi (Giov. 15:16a); e noi ci siamo arresi al Suo amore e Lo Abbiamo seguito. In questo nostro “discepolato” il Signore fa delle ulteriori “chiamate” per due motivi sostanziali: per tenerci con Lui e per mandarci a predicare con la pienezza dello Sp Santo (Mar 3:13-15). Sta in questo duplice mandato (restare accanto a Lui e andare a testimoniarLo nel mondo) che la nostra vita deve sapersi equilibrare.

Non è bene restare sempre isolati dal mondo così come non è bene evangelizzare sempre. PreghiamoLo allora affinché ci spiani la strada per realizzare questo giusto equilibrio.

 R.R.

 

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