espressione drammatica di maschere

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare” (Matteo 23:13).

 Questo piccolo brano, estratto dal ben noto capitolo 23 del vangelo di Matteo, illustra in modo breve ma efficace il clima che presto venne ad instaurarsi fra Gesù e coloro che costituivano una parte molto importante del sistema religioso ebraico.

     Anzi, l’intero capitolo 23 suddetto, è il ritratto di un Gesù molto “arrabbiato”, un Gesù certamente assai diverso da quello, un po’ sdolcinato e “buonista”, tanto caro a una certa parte dei credenti, di oggi e di sempre. Secondo alcuni, infatti, in Gesù si è manifestato solo l’amore di Dio, mentre il giudizio sul peccato umano è stato semplicemente “declassato” e… fatto uscire di scena.

     Però, come certamente non sfugge ai lettori più attenti del Nuovo Testamento, l’amore di Dio rivelatosi in Cristo rende ancor più urgente l’appello che la sua Parola rivolge al cuore dell’uomo. E non c’è più tempo per tergiversare con vane questioni dottrinali o filosofiche, perché, come annunciava Giovanni il Battista, “ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Luca 3:9).

     Perciò, anche se i palati più “raffinati” non gradiscono molto le frasi minacciose, come il “guai a voi” pronunciato da Gesù, non si può proprio fare a meno di considerare anche il lato “meno simpatico” dell’Evangelo: chi disprezza l’amore di Dio, chi si fa beffe della Sua grazia, chi non entra gioiosamente nell’ ottica della Sua stessa misericordia, pronuncia su se stesso un tremendo giudizio. Infatti, se gli uomini hanno potuto impunemente disprezzare i profeti, o se hanno avuto da ridire sulla sapienza di Salomone, senza che ciò potesse compromettere irreparabilmente la loro posizione spirituale, davanti a Gesù il “gioco” si fa molto più serio, perché Egli non è solo umano, ma anche divino. A tal riguardo, molto significativi sono i brani di Matteo 11:20-24 e 12:38-42, che forse sarebbe meglio andare a rileggere… di corsa.

     Ma l’aspetto che personalmente ritengo più imbarazzante, nel passo che apre queste mie riflessioni, non è certo lo sguardo accigliato di Gesù, bensì la seconda parte della sua perentoria affermazione: “Non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”. Mi domando: è proprio vero che degli esseri umani possano rendersi autori dell’eterna rovina di altri esseri umani?... Fino a che punto può giungere l’influenza di una cosiddetta “guida spirituale” sulla vita di coloro che le si affidano?... Possibile che l’amore di Dio debba assistere impotente a tanto scempio!?...

     Ma forse la questione è simile a ciò che accade con l’idolatria: se affidarsi a ciò che non è Dio può rovinare l’anima, ciò è tanto più vero se l’idolo è una guida spirituale indegna, una guida che non è stata preparata da Dio a tale scopo. Allora, vista in questi termini, la questione riporta la responsabilità principale sull’idolatra, e quindi su coloro che, in fondo, vogliono dipendere da qualcosa o da qualcuno…

     Certo, nessuno di noi vorrebbe essere fra i protagonisti di tale profonda tragedia spirituale. Quindi, che Dio ci aiuti tutti!...

 (AG 2005)

Sorry, this website uses features that your browser doesn’t support. Upgrade to a newer version of Firefox, Chrome, Safari, or Edge and you’ll be all set.

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull'utilizzo del sito stesso.
Proseguendo nella navigazione accetti l’uso dei cookie; altrimenti è possibile abbandonare il sito.