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(Continua da: SUICIDIO: INGANNO DELL’UOMO E DOLORE DI DIO (4° parte) – NO SUICIDIO)


COME RIVELARE L’INGANNO DEL SUICIDIO DA DEPRESSIONE A CHI NE È GIÀ PRESO?

Possono farlo tutti? Assolutamente no! Eviti di aiutare chi si avvicina con le sue ansie, chi è troppo emotivo, chi pensa di poter parlare come parlerebbe dal pulpito della chiesa, chi pensa che il suicida vada solo giudicato. Vada pure invece chi ha esperienza, preparazione, chi è fermo nella fede e pur consapevole dell’errore che il suicida sta per commettere, prova “compassione” per il dolore di quella persona (compassione intesa come delicato serio amore cristiano, non certo pietismo o bigotteria). 

Il centro del discorso parte da una considerazione evangelica di base: l’uomo che pensa al suicidio è manipolato da Satana. Come oggetto di questo inganno egli non è il colpevole diretto del suo errore, ma ne è la vittima.

Questo concetto riferito al peccato in genere, che non permette di riconoscere la verità, è espresso chiaramente nelle parole di Gesù sulla croce: 

"Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (…)" (Luca 23:34).

Il colpevole (Satana) sarà punito da Dio; la vittima (l’uomo) è da salvare con la preghiera e l’amore di Cristo. Noi dunque non ci avviciniamo a chi pensa al suicidio per giudicarlo e peggiorare il suo senso di colpa, ma per riconciliarlo all’amore di Dio e riportare in lui la equilibrata visione delle cose, che prima era deformata.

Gradatamente la verità: Il suicida quasi mai è consapevole di quello che sta per fare. La sua è una patologia-inganno portata da molto tempo alle estreme conseguenze. Il cristiano, con l’aiuto dello Spirito di Dio deve saper trovare il modo di attraversare alcune fasi: smascherare l’inganno, liberare, guarire, riportare la verità, la speranza e la vita. Una volta tolto l’inganno del suicidio, liberato dalla malattia maligna che lo spinge a cercare la morte, allora si, con parole appropriate, può far capire a questa persona che atto di ribellione stava per commettere contro Dio stesso! Ma a questo deve arrivare per gradi.

1) Smascherare l’inganno – L’uomo non è il peccato che commette; può identificarsi nel peccato per molti motivi, per poco o per lungo tempo, ma il peccato è un estraneo che entrato dopo nell’uomo. Nel progetto di Dio, l’uomo era privo di peccato; il peccato entrò dopo. Dio non ha creato il peccato, non ha creato la morte.

Il peccatore è un uomo che ha dato retta ad uno spirito seduttore e si è lasciato portare lontano da Dio. Una volta allontanato dal Signore non ha più né protezione diretta né indiretta (il dono del discernimento tra bene e male). Egli allora confonderà il bene col male, pur nella contorta convinzione di cercare sempre il suo bene. Mai identificare il peccato col peccatore! Dio distrugge il peccato ma ha pietà del peccatore, della sua debolezza; per questo è paziente e benigno e vuole dare al peccatore la possibilità di redimersi.

Il desiderio del suicidio è dunque una conseguenza di un avvenuto inganno che ha il solo scopo di distruggere l’uomo, creatura amata da Dio.

2) Liberare dallo spirito maligno – Gesù era consapevole della lotta che l’uomo deve sostenere contro Satana, per questo ha pregato per la sua protezione dal maligno:

“Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno” (Giovanni 17:15) 

E sempre per questo ha dato autorità ai suoi discepoli:

“Poi, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità.” (Matteo 10:1) 

Le persone chiamate da Dio e preposte a questo tipo di missione, dunque, sono in grado di rendersi conto di trovarsi di fronte ad uno spirito maligno (o più di uno) e sanno che possono rimproverare quello spirito con l’autorità e nel nome di Gesù e intimargli di andarsene.

3) Guarire – In questo caso si tratta di una guarigione interiore da molte ferite del passato. Durante le preghiere lo Spirito rivelerà i punti importanti più dolorosi e l’amore di Cristo li curerà nel modo migliore.

4) Riportare la verità – Con dialoghi appropriati, man mano che la persona riacquista coscienza di sé si potrà parlare di esempi biblici in cui viene mostrata la triste realtà del suicidio. Il discorso centrale è questo: noi non apparteniamo a noi stessi ma siamo di Dio; il corpo è creato da Dio è un tempio in cui Lui ama manifestarsi. L’uomo non può distruggere questa opera di Dio, anzi la deve glorificare:

"Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio." (1Corinzi 6:19-20)

5) Riportare la speranza e la vita – Noi viviamo per acquisire un bene grande. Per questo siamo nati, per vivere e ritrovare Dio e conoscere il paradiso. Perché farci togliere questa speranza meravigliosa? 

"Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse" (Ebrei 10:23)

"Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti" (1Pietro 1:3)

Gli interventi devono essere sempre così graduali?

No. Qui ci siamo rivolti principalmente all’inganno del suicidio di chi già è caduto in depressione esistenziale ed è ridotto quasi a non avere più forza e libertà di pensiero, ma vi sono moltissimi altri casi. 

Una volta mi capitò un giovane che si era incaponito di una ragazza piuttosto frivola che non voleva saperne niente di lui. Lui si era preso più di una “cotta”, era proprio “fuori di testa” come si direbbe oggi e manifestava idee strampalate del tipo: “se lei non torna con me io mi faccio fuori” e cose simili. Era in quello stato di eccitazione nervosa che non ti fa ascoltare nessuno, preso solo dal suo delirio… ecco, in quel caso specifico invece è stato bene dargli un deciso “scrollone”! Una energica e decisa riprensione in cui l’ho subito messo di fronte alle sue responsabilità davanti a Dio, intimandogli di crescere subito e smettere di avere questi atteggiamenti immaturi e capricciosi. Non è battendo i piedi che si cresce, ma accettando la vita, anche quando non è come vorremmo noi.

Tutto questo per dire che non esistono regole da manuale per sapersi comportare. Esiste però la sensibilità che ci dà il Signore per tramite dello Spirito Suo Santo, Il Quale ci suggerirà di volta in volta come agire.

(Fine)

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