Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

NEI TRE GIORNI PRIMA DELLA RESURREZIONE DOV’ERA GESU’?

Angelo Galliani  - (ottobre 2007) - 5-4-14 -  (Livello 4 su 5)

 

DOMANDA: “ Leggendo la prima lettera di Pietro al cap.3 versetti 19,20,21, e al cap.4 versetto 6, si presta a svariate interpretazioni, il prete mio amico, dice che Gesù nei tre giorni dopo la morte, con lo spirito è andato appunto a predicare il vangelo a quelli che erano morti prima del suo sacrificio per salvare anche loro, ma scusa ma quando si muore non c'è coscienza ma si aspetta la resurrezione no?  allora che cosa ha fatto Gesù? che cosa voleva dire Pietro?”

 

RISPOSTA (AG):

UN COMMENTO AL PASSO DI 1^ PIETRO 3:19-21 E 4:6.

Ritengo utile aprire questo mio commento con una breve nota “tecnica”. Nel testo da noi considerato esistono molte parole che si riferiscono al tempo; elenchiamole tutte:

“Allora” (v. 3:19), “una volta”, “quando”, “al tempo di”, “mentre” (v. 3:20), “ora” (v. 3:21), “dopo” (v. 4:6).

Quindi, ci sono 7 espliciti riferimenti al tempo in soli 4 versetti. Ne deduciamo che, con grande probabilità, il tempo è proprio il perno intorno a cui ruota tutta la logica del discorso petrino. Infatti, la grandezza del messaggio evangelico, per l’apostolo, è davvero troppo estesa e gloriosa per essere contenuta nei pochi anni della predicazione terrena di Gesù Cristo, o nei pochi anni del tempo (presente) della Chiesa. Secondo Pietro, l’Evangelo è rivelazione di Dio, e quindi ne acquista le stesse caratteristiche: eternità, universalità, gratuità, ecc. Sarebbe quindi riduttivo ed ingiusto limitare l’opera di salvezza al solo tempo presente, o a quello futuro. Oltretutto, ciò significherebbe ammettere un errore logico: come potrebbe il tempo (che è “creatura” di Dio) limitare il suo Creatore?… Come potrebbe Dio manifestare dei limiti nei confronti di un passato fisso ed immutabile?… Quindi, ritengo che qui Pietro intenda affermare la Signoria onnicomprensiva di Dio, e l’opera di salvezza onnicomprensiva di Gesù Cristo. L’annuncio dell’Evangelo “ai morti”, quindi, sarebbe un espediente letterario per far capire il concetto; sarebbe un modo semplice per esprimere che nessun essere umano può essere considerato al di fuori della portata dell’amore e della grazia di Dio. Oltretutto, tornando al discorso sul tempo, non sarà inutile qui ricordare che solo noi umani siamo “dentro” il tempo. Dio ne è certamente al di fuori, anche se, dal nostro punto di vista, la Sua rivelazione si manifesta nella Storia, e quindi nel nostro tempo. Perciò ogni avverbio di tempo riferito a Dio dovrebbe essere preso con estrema prudenza. Certo, il nostro linguaggio figurativo a volte si prende qualche “licenza”, come ad esempio quella di Pietro, quando scrive: “Quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè…” (v. 3:20). Interpretare letteralmente questa frase ci porterebbe ovviamente fuori strada, perché ci farebbe pensare ad un Dio sottomesso al tempo… Ma così non può essere. Dunque, il senso di tutto il discorso è centrato su di noi, che siamo “dentro” il tempo. E noi, secondo Pietro, dobbiamo avere di Dio una visione che sia la più gloriosa possibile: dobbiamo pensare che Lui non ammette limiti, e che non lascia senza salvezza tutti coloro che, in ogni tempo e in ogni luogo, l’avrebbero volentieri accolta se ne avessero avuto possibilità durante la loro breve esistenza. E questo è un pensiero che può dare anche a tutti noi grande consolazione, specialmente se consideriamo i limiti, a volte penosi, in cui si svolge il nostro discepolato e la nostra evangelizzazione. Dio arriva (è forse una novità?) dove nessuno di noi può arrivare!

 

 

Correlazioni:

Gesù ha predicato ai morti?

 

 

 

 

 

 

 

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