CHI FA IL BENE MA NON CONOSCE CRISTO, PUÒ ESSERE SALVATO?

-Del Prof. Roberto Sargentini – (6-3-12) - 6-7-18

 

 

 

 

 

 

 

Qual è il destino delle persone che pur avendo vissuto una vita ricercando il bene e facendo il bene non hanno avuto l'opportunità di conoscere il Vangelo e l'annuncio della salvezza in Gesù Cristo?

 

Come ha detto il mio fratello nel Signore e amico, Renzo Ronca  (vedi Quelli nati prima di Cristo o che non l’hanno conosciuto, come verranno giudicati? ), molte sono le risposte che la cristianità ha dato nel corso dei secoli, risposte spesso dettate da approcci fondamentalisti, viziati da ideologie “partitiche” che nulla hanno a che fare con quanto dice la bibbia.

 

Dio, è un Dio giusto; un Dio che non gioca alla roulette con la nostra vita, neanche con la vita spirituale, tanto più con la salvezza eterna. La vita eterna, come si può ben intuire, non può dipendere dalla fortuna di nascere in un luogo anziché in un altro. Voglio dire: se invece di nascere in Italia fossi nato in Pakistan, sicuramente sarei stato educato nella fede islamica e avrei conosciuto Gesù nel modo in cui lo descrive il Corano. L'essere nato in Pakistan invece che in Italia può essere il discrimine tra la vita eterna e la perdizione? Credo proprio di no.

 

Nella parabola del giudizio la salvezza viene concessa non sulla base di una eventuale cultura religiosa, ma in base a determinati comportamenti ed azioni conformi al Bene:

 

 “Allora il re dirà a quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi". Matteo 25:34-36

 

Si tratta di comportamenti messi in atto da persone di “coscienza”, da gente buona, che ama la giustizia, gente che è presente in tutte le religioni del mondo, anche se ha una concezione imperfetta di Dio o non conosce Gesù. In questo caso dobbiamo domandarci da dove venga l'ispirazione al bene da momento che ignorano sia la Torah, cioè la legge che racchiude la volontà di Dio, che il vangelo. L'apostolo Paolo risponde a questo quesito con molta chiarezza:

 

“Perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l'osservano saranno giustificati. Infatti quando dei non ebrei, che non hanno legge, adempiono per natura le cose richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a sé stessi; essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda. Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo”. Romani 2:13

 

Quindi Dio ha messo in tutti gli uomini i principi fondamentali della sua legge, il principio di bene e di male, di giusto e ingiusto. Basta esaminare le leggi che i vari popoli si sono dati fin dall'antichità per rendersi conto che le cose stanno come dice l'apostolo paolo. A quanto affermato da Paolo si potrebbe obiettare ricordando le parole di Gesù:

 

“Io sono la via, la verità, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Giovanni 14:6

 

E ancora:

 

“Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unico figliolo affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna”. Giovanni 3:16

 

Se l'unico modo per giungere a Dio è Cristo, se l'unico modo per avere la vita eterna è credere in Cristo, come possono essere salvati quelli che non lo conoscono?

 

Il punto del nostro discorso è questo: qualunque essere salvato, è tale solo grazie al sacrificio di Gesù. Quindi, chi non avendo mai conosciuto la volontà di Dio o il ministerio di salvezza di Gesù, ne rispetta la volontà  mettendo in pratica quei principi di bontà e di giustizia che il Signore ha iscritto nella sua coscienza (e in quella di tutti gli uomini), è salvato; ma lo è esclusivamente in virtù di quel sacrificio compiuto sulla croce che egli ignora. Ciò che lo salva non è la consapevolezza che Gesù è morto per lui, ma il fatto, reale, concreto, che Gesù ha dato la sua vita per lui. La sua conoscenza della volontà di Dio sarà pure elementare, intuitiva, ma se al Signore, che è ricco in misericordia va bene così, se al Signore interessa la pratica del bene, se Dio ha stabilito che gli uomini saranno giudicati in base alla pratica del bene fatto in base al loro livello di conoscenza e comprensione del volere divino, chi siamo noi per opporci a Dio?

 

 

 

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