perché il signore ad alcuni mostra la sua faccia e ad altri no?

 

RR- 17-11-11

 

 

 

 

 

 

 

DOMANDA:  Renzo io ti invidio,ti invidio poichè ai conosciuto il Signore,lo hai visto con i tuoi occhi,lo hai incontrato nella tua disperazione e confusione mentale e questo ti ha cambiato in maniera radicale,ti donato la vita quella vita che tu stavi rifiutando. Ti ividio   [questo è detto in riferimento alla testimonianza:  Quando il Signore si rivelò al mio cuore]

 

RISPOSTA: Caro amico posso capire che il tuo desiderio di conoscere il Signore ti faccia parlare in questo modo così spontaneo; probabilmente anch’io avrei detto così, anzi può darsi che mi sarebbe sembrata addirittura una ingiustizia.  Infatti leggere di uno che “ha incontrato realmente il Signore” (ammesso che ci sia una propensione a crederci) fa una specie di rabbia. Perché lui si ed io no? Lui ha sofferto ed io no forse? Perché il Signore ad alcuni mostra la Sua faccia ad altri no?  Parliamone un momento e vedrai che almeno in parte alcune risposte si possono trovare.

 

Immagina una coppia di genitori con dei figli, tutti emigrati in Italia provenendo da una meravigliosa prateria sconfinata. I figli crescono tutti bene, in grado di inserirsi con forza e decisione nella vita, con un carattere equilibrato e positivo. Però un figlio non ce la fa, è diverso dagli altri. E’ fragile nel carattere; appena trova una difficoltà si mette a piangere. Non riesce proprio ad inserirsi. Nonostante le cure e le attenzioni di tutta la famiglia, quel giovane, qualsiasi attività intraprenda, riesce solo a farsi del male cadendo in una spirale di inganni morali e psicologici, sensi di colpa, scelte sbagliate, ecc. Così si ammala nella mente e nel fisico rifiutando ogni cosa, restando in un angoletto del mondo e dell’universo; ormai è con un piede nella fossa, questione di poche ore. Immagina come debbono sentirsi suo padre e sua madre. Tutti gli aiuti che hanno provato, lui li ha rifiutati per la sua contorsione. Come se quel figlio avesse una specie di tumore nel cervello inspiegabile, o una possessione diabolica che nessuno vede, ma che c’è.  Ecco sta proprio per morire sono gli ultimi istanti. Allora decidono di fare un ultimo tentativo: una notte, mentre lui dorme, penetrano nella sua stanza, lo sollevano dal letto e lo portano velocemente nel luogo dove è nato, una specie di prateria immensa, piena di vento che piega le spighe come le onde del mare. E’ un rapimento di cui il figlio poco si rende conto, perché sta così male che non sa se sta sognando o se è la realtà. I genitori lo posano tra la sabbia calda e le piantine mosse dal vento, in pieno sole… e lo guardano mentre tenta di aprire gli occhi. Gli dicono: –Figliolo, questo è il sole della terra natìa, di dove sei nato tu. Questo sole, questo vento e questo profumo ti faranno guarire. Vedi? E’ qui che siamo nati ed è qui che torneremo se riusciamo a mettere da parte un po’ di soldi- 

Poi lo riportano rapidamente nella sua stanza. Al suo risveglio il giovane è frastornato, sa di aver visto qualcosa di molto luminoso ma è così confuso…  un poco alla volta però gli torna la memoria e la voglia di vivere.

I fratelli la prendono male. Credono che i genitori abbiano fatto delle preferenze. Loro si stanno spaccando la schiena per mettere da parte i soldi mentre lui si fa venire gli svenimenti e non fa niente. Loro pure soffrono però vanno avanti.

 

Alla fine questo raccontino è un po’ come la parabola del figliol prodigo (Lc 15:11-32). Il figlio che protesta agisce come un servitore stipendiato “mi spetta questo mi spetta quello”, non ha afferrato il concetto di appartenenza, di salvezza, di unità con padre che lui ha, ed aveva già. Non è arrivato a capire che il figlio ribelle ha riacquistato quella vita perduta che lui non ha mai perso.

 

Poi devo dire, accanto a questo difficile concetto di salvezza, c’è anche un altro motivo che si può allargare di più: hai presente la parabola dei lavoratori pagati allo stesso modo pure se qualcuno ha lavorato un giorno o un’ora? (Mat. 20:1-16) Anche qui la nostra logica si inceppa. Il fratello Angelo Galliani una volta diede una interpretazione molto acuta (vedi LOGICA UMANA E AMORE DI DIO): ci sono dei figli più sfortunati di altri, persone con handicap più o meno visibili. Non è giusto forse aiutare di più quelli più deboli? Tu come misuri le prove nella vita? Prendiamone una piccola piccola: un poliziotto per strada ti fa una multa per eccesso di velocità. C’è chi reagisce in un modo e chi un altro. Ci sono persone talmente fragili e senza difese, che dopo aver pagato quella multa crollano e vorrebbero buttarsi sotto un ponte, perché per motivi complicati da spiegare quella multa per loro si va a sommare ad una serie di ingiustizie e fallimenti nella loro vita il cui peso li schiaccia completamente. Ebbene tu vedendo nel cuore di una persona così, non lo aiuteresti più di un’altra che magari soffre lo stesso per la multa, ma che poi per rabbia o per fede riesce a reagire?

 

C’è anche un altro motivo di riflessione: prendi Gesù nel Getsemani. E’ stato il momento più terribile della sua vita. Egli presentiva quanto stava per soffrire. Un angelo scese per confortarlo (Lc 22:43). La presenza angelica dunque non va vista fine a se stessa, ma in funzione di quanto avrebbe dovuto passare. La stessa cosa per certi doni e visioni dello Spirito. Stefano vide gli angeli salire e scendere dal paradiso, ma Stefano poco dopo veniva ucciso barbaramente. La visione dunque può anche essere un aiuto di fronte a prove tremende che si stanno per verificare. Non credo che in questa prospettiva sia tanto invidiabile, credimi.

 

Noi vediamo le nostre croci e pensiamo di rapportarle con lo stesso metro anche agli altri, ma non è così semplice. Probabilmente se ci rendessimo conto di come diversamente reagiscono e soffrono i cuori delle persone, capiremmo che a ciascuno è dato con giustizia quanto gli necessita, in base alle prove che ha o che deve avere.

Tu mi invidi? Che ne sai tu di me? Di quanto io non sappia difendermi nel vivere? A te potrà sembrare che io dovrei essere in grado di spostare le montagne con quello che ho ricevuto, ed invece la verità è che mi basta una piccola nuova ferita e subito la tentazione di mollare di nuovo mi assale. E’ vero il Signore mi è venuto molto vicino e sarò di questo eternamente grato, ma questo avvenimento non è una cosa magica che mi ha fatto diventare come superman. Io ho sempre le mie fragilità, come fossero degli handicap, con cui devo fare i conti tutti i giorni. Non è così automatica la vittoria. Il Signore mi ha preso per i capelli, diciamo così (quando li avevo i capelli), e mi ha rafforzato per superare il momento più drammatico della mia vita, per quella volta non sono morto, poi è come aver rimesso la palla al centro del campo: zero a zero, si ricomincia.

 

Finora ho parlato con riferimento al mio caso, ma non so gli altri casi in cui il si è rivelato (ce ne sono più di quanto si immagini). Ritengo si debba sempre lasciare una parte in ombra nell'agire di Dio perché la Sua logica non risponde alla nostra logica. Ci sono interrogativi che in parte possiamo intuire ma in parte non ci vengono rivelati.

Credo in ultima analisi che la fede sia un grande rapporto d'amore che va vissuto singolarmente, senza confrontarla con quella degli altri, altrimenti sarebbe come controllare e rimproverare Dio stesso.

Se Lui è Amore saprà bene come amare al meglio ciascuno di noi singolarmente, non credi? 

 

 

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