DISOBBEDIENZA E PECCATO - RR-8-5-10

 

 

 

Domanda: A volte penso che io sto disubbidendo a Dio per cui pecco.... ma non so cosa devo fare.

 Risposta:   Chi è veramente unito al Signore, ovvero ha messo in Lui la propria vita (“consacrazione” Romani 12:1-2) e i propri pensieri, non può più peccare; e questo non per una regola matematica, ma per il semplice motivo che è unito al Signore, ed il Signore non ha nulla a che vedere col peccato; di conseguenza nemmeno lui ha più a che vedere col peccato.

Ma dopo la salvezza, il processo di santificazone-consacrazione (distacco spirituale dal mondo e dedicazione di se stessi a Dio) rimane sempre sotto il nostro libero arbitrio. Dio ci vuole così: persone che liberamente scelgono Lui e libere anche di rifiutarlo, se no che libertà sarebbe? Ebbene se siamo liberi sappiamo che tra il mondo e il cristianesimo c’è una lotta.[1] Questo significa che uno è libero anche di allontanarsi dal Signore. Chi si allontana dal Signore, come i tralci buttati via,[2] è una pianta senza vita, allora non solo può peccare, ma è già nel peccato perché senza Dio.

Per tornare alla tua domanda, non è che siccome uno disobbedisce, allora pecca; il disobbedire al Signore è già peccato, perché indica la scelta di una strada diversa da quella indicata dal Signore.

L’anima veramente unita al Signore non pecca perché sta troppo bene col Signore;  unita a Lui non può non desiderare ciò che desidera il Signore e non può non fare ciò che fece Gesù quando era fisicamente con l’uomo.

Il verbo “peccare” significa “errare, fallire, mancare”.[3]  “Errare” significa vagare per il mondo (spesso inutilmente); “fallire” e “mancare” danno l’idea di un bersaglio mancato, sbagliato; un essere andati fuori dal centro, fuori dall’obiettivo giusto. Per cui peccare si può intendere come il cammino di un’anima che invece di “colpire” “l’obiettivo-Gesù”, prosegue la sua corsa nel vuoto o verso obiettivi sbagliati.

Notare una cosa:Non basta essere chiamati da Gesù e conscerLo; Giuda conosceva Gesù ed era stato scelto come gli altri apostoli, tuttavia “errò” perché fallì la sua conoscenza di Cristo, non identificandolo con il Messia (a differenza di Pietro) e non identificandosi mai con Lui, perché non accettò la scelta di Gesù Redentore sulla croce; per questo peccò, pur essendo stato scelto. Essere chiamati dal Signore dunque, e sapere tutto di Lui non ci garantisce affatto la salvezza se non ci fidiamo completamente e se non Gli restiamo sempre uniti.

Le opere (di salvezza o di perdizione) sono la conseguenza delle nostre scelte.

 

 

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[1] Giovanni 15:18-19 “Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. 19 Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; poiché non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, perciò il mondo vi odia”.

[2] Giovanni 15:1-8 - 1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. 3 Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. 4 Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli.

[3] Dzionario etimologico on line etimo.it