IL VIAGGIO DELL’UOMO E DELLA CHIESA VERSO DIO - 18 parte - Renzo Ronca

 

Tratto da: IL VIAGGIO DELL'UOMO E DELLA CHIESA VERSO DIO nella relativita' delle nostre azioni limitate e dei nostri piccoli pensieri - SEME, RADICE DELL'UOMO: "IMPRINTING DI DIO"  - di Renzo Ronca - 3^ edizione genn. 2015 (PDF 900 Kb - pg 115  -   Riflessioni abbastanza approfondite sulla nostra crescita personale e di gruppo)

 

    

(segue)

Ecco, alle volte ci lasciamo prendere la mano dai nostri lavori di evangelizzazione e di istruzione dimenticandoci che Chi insegna deve pure poterci attestare.[1]

      Gesù venne riconosciuto dal Padre e  dallo Spirito Santo al momento del battesimo, quando compì un atto di umiltà ed obbedienza. E' nell'umiltà' e nell'obbedienza che lo Spirito attesta le nostre coscienze e le nostre chiese. Ma se io dico: -tu devi mostrare umiltà ed obbedienza alla mia chiesa- non dico una cosa giusta.  La chiesa non e' Dio; in essa può essere presente Dio, a patto che si mantenga come una sposa fedele; il che, con tutto il rispetto, non avviene spesso.

     Il momento della maturità più elevato e sinteticamente più vero, per il cristiano e per la Chiesa e' forse nello spezzare il pane. Attraverso questo atto noi spezziamo anche il nostro corpo per offrirlo per amore verso gli altri. Mi chiedo però se lo facciamo davvero per gli altri o solo per pochi intimi.

      Offrire se stessi a Dio, consacrarsi, e' un impegno forte; non facile. E' una scelta senza riserve. E' Dio a trasformare e guidare la nostra vita e quella della sua Chiesa. Si parte su un destriero al galoppo in maniera emozionante; ma c'e' ancora troppo di noi stessi; il Signore quando ci accetta, per prima cosa, ci rende puri; per farlo ci impoverisce.

      Una chiesa troppo ricca di se stessa o non e' stata purificata dal Signore o e' troppo superba per accettare la correzione.

      Quando il nostro cavallo non e' più rampante, ma calmo, quasi rassegnato e cammina al passo, allora va meglio. Il Signore ci svuota di ogni illusione, di ogni riflesso di amor proprio; ci toglie tutto quanto e' legato al mondo e al nostro “io”. Sensazione triste di solitudine e di stanchezza. Eppure e' necessario: nulla ci dà la pace perché non c'e' pace nel mondo. Eppure il Signore ci insegna la pace. Ci insegna l'accettazione silenziosa, umile e forte di un cavallo che segue fedelmente i comandi del suo cavaliere; uno strano vincitore; a guardarlo sembra più un perdente: e' solo, sembra stanco, procede senza applausi, lentamente, tra la terra desolata ed il mare plumbeo dell'inconscio. Non ha più illusioni, accetta il suo presente, cammina la sua vita nell'attesa della nuova creazione.

      Camminando calmi, senza illusioni, ci umiliamo nella consapevolezza di essere solo servitori, in un mondo che non accetta nemmeno di essere servito; siamo allontanati, giudicati, maltrattati; eppure ci vogliamo bene, ci riuniamo a pregare ed anche se un poco diversi nel carattere e nelle concezioni dottrinali marginali, siamo tutti uniti nella stessa fede, sapendo che Gesù ci ha accolti nella sua Chiesa del deserto. Ma quanta strada ancora! Le ferite che fanno più male sono quelle degli amici[2] a cui avevamo offerto le nostre mani; molti di quelli che erano fratelli ci si sono rivoltati contro. Persino nelle nostre case le persone più vicine alle volte non riescono più a capirci. Nessuna consolazione per chi offre veramente la sua vita a Gesù? Apparentemente no. Eppure c'e' una pace particolare che in maniera soffusa avvolge il nostro cuore: Gesù dice: "E colui che mi ha mandato e' con me; il Padre non mi ha lasciato solo, perché faccio continuamente le cose che gli piacciono"[3]

(continua)
 

 


[1] Rom 8:16; 9:1

[2] Zac 13:6

[3] Giov 8:29

 


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