NONO COMANDAMENTO BIBLICO NON ATTESTARE IL FALSO CONTRO IL TUO PROSSIMO ES.20:16 - da "AVVICINIAMOCI AI COMANDAMENTI BIBLICI IN MODO RAGIONATO" parte 35 - di Renzo Ronca – 5-4-19

 

 

 

Andremo subito in profondità attingendo all’orinale ebraico per vedere come erano realmente le parole della Bibbia. Scopriremo quante cose non ci hanno mai detto. Cercheremo poi di soffermarci un pochino sui concetti di “prossimo”, di “verità” e di “menzogna”. Comprenderemo alla fine che seppure difficile, l’osservanza di qs comandamento è possibile, grazie alla vicinanza continua della Parola di Dio che nel nostro cuore diventa viva.

              «Fra le meravigliose gemme che compongono il diadema del Decalogo, questa è la più scintillante e trasparente: brilla della chiarezza della sincerità. Dopo l’insegnamento dell’unità, della purezza e della giustizia, verso la vetta della santità appare l’insegnamento della verità e della sincerità.

   Questo precetto non dice: Ama la verità; non dice neppure: Cerca la verità. La sua formulazione – “Non attestare il falso” – appare negativa (non), ma lo è solo in apparenza. Il testo originale ebraico ha לֹא־תַעֲנֶה בְרֵעֲךָ עֵד שָׁקֶר (lo-taanèh vereachà ed shàqer): “Non risponderai a[l] tuo prossimo [come] testimone falso”.

La versione del nono Comandamento in Dt 5:20 è וְלֹא־תַעֲנֶה בְרֵעֲךָ עֵד שָׁוְא (lo-taanèh vereachà ed shav): “Non risponderai a[l] tuo prossimo [come] testimone vuoto”, ovvero “non rendere una testimonianza senza contenuto”.

 

NUMERAZIONE DEI COMANDAMENTI – Può sorprendere il lettore di educazione cattolica la numerazione diversa dei comandamenti. Nei nostri scritti ci rifacciamo alla numerazione canonica così come si trova nella Bibbia, data da Dio,  non alla versione catechistica cattolica dove è stato cancellato il secondo comandamento e diviso il decimo per far tornare il conto di dieci. Maggiori chiarimenti sono nella parte 14: “IL SECONDO COMANDAMENTO – LA NUMERAZIONE DEI COMANDAMENTI – LA VERSIONE MNEMONICA CATTOLICA(n.d.r.)

Le due formulazioni s’integrano e completano lo stesso identico Comandamento. In pratica il Comandamento sta ingiungendo: Non rispondere al tuo prossimo con un’attestazione che affermi il falso e neppure con una che semplicemente non affermi il vero. Forse le donne comprendono di più queste sfumature, giacché – quando mentono – hanno un modo tutto loro di farlo: tacendo delle cose o dicendo mezze verità. Per la Bibbia, quindi, falsità e reticenza sono due modi di non dire la verità. Il Comandamento li colpisce ambedue.

   C’è di più. Il precetto che vieta di rispondere con testimonianza vuota (שָׁוְאshav) pare non contenere solo la condanna della reticenza, ma anche il comando di cercare la verità. Ecco perché il Comandamento negativo assume un contenuto positivo. Non ci si faccia quindi ingannare dalla sciatta traduzione che i catechismi fanno del nono Comandamento: esso non si esaurisce nell’obbligo di non rendere falsa testimonianza in giudizio.»[1]

 

QUANDO PARLIAMO DEL “PROSSIMO” dovremmo considerare con attenzione il senso biblico scritturale e confrontarlo con  quello popolare che usiamo normalmente:

              «Si noti poi che il Comandamento obbliga a dire la verità בְרֵעֲךָ (vereachà), letteralmente, “a prossimo di te”. Nella visuale popolare il “prossimo” è inteso genericamente come chiunque. Se a un “cristiano” si domandasse chi è il suo prossimo, probabilmente risponderebbe: tutti, chiunque. Eppure, Yeshùa [Gesù n.d.r.] dovette usare una parabola per spiegare che il “prossimo” non è chiunque (Lc 10:29-37). La parola ebraica רֵעַ (reà) indica non solo l’amico, ma il congiunto, il connazionale, il vicino di casa; può essere anche uno straniero e uno sconosciuto, ma non tutti gli stranieri e gli sconosciuti. Una persona malvagia non è un רֵעַ (reà).

             Si noti anche che il Comandamento non dice semplicemente בְרֵע (vereà), “a prossimo”, ma dice בְרֵעֲךָ (vereachà), “a prossimo di te”; chi è prossimo per qualcuno può non esserlo per altri. Non bisogna quindi rispondere dicendo la verità a chi domanda col desiderio ostile di valersi della nostra risposta per un fine cattivo. Qui la non risposta o la risposta evasiva appare lecita. Si rammenti che i Comandamenti sono fatti per guidare i giusti, non per dare armi ai malvagi.»[2]

  

QUANDO PARLIAMO DI VERITA’…           

              «La verità che il precetto ci comanda di dire è alla base della Scrittura stessa: “La tua parola è verità” (Gv 17:17), “Tutta la tua parola è fondata sulla verità” (Sl 119:160, PdS). Gli stessi Comandamenti sono verità: “Tutti i tuoi comandamenti sono verità” (Sl 119:151). Confermando il Comandamento in tutti i suoi aspetti, Paolo afferma: “Bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo”. – Ef 4:25.

   La verità è una come Dio è uno. Nel moderno relativismo si sostiene che non esistano verità assolute. La gente che riflette poco dice che ci sono tante verità e che ognuno ha la sua. Niente di più falso. La verità può essere solo una, sempre. Ad esempio, uno può dire verde e un altro rosso, ma la verità può essere una sola tra queste quattro possibilità: 1. È verde; 2. È rosso; 3. È di un altro colore; 4. È incolore. Non c’è via di scampo. Se poi uno vede rosso e l’altro verde, possiamo parlare di diversa percezione della verità, ma la verità resta una e solo una.

   Essendo la verità un aspetto di Dio stesso, possiamo affermare con tutta certezza che dal precetto di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze (Dt 6:5) possiamo trarre anche che la verità vada amata e ricercata.

   Sebbene la Verità sia una e assoluta come la Divinità, la nostra conoscenza di entrambe è imperfetta. “Ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente” (1Cor 13:12). Il Comandamento è diretto al nostro cuore e alla nostra mente (Eb 8:10) perché cerchiamo il più possibile di avvicinarci a una conoscenza sempre più perfetta senza appagarci mai di quella raggiunta.

   Il concetto di sincerità è parallelo al concetto dell’amore per Dio. Quindi, come quest’amore può essere grandissimo anche con una conoscenza imperfetta, così la sincerità (intesa come amore di verità) può esserlo anche se della verità non si ha una conoscenza completa.»[3]

  

QUANDO PARLIAMO DI MENZOGNA…

              «Non è l’ignoranza della verità che è colpita dal nono Comandamento, ma la menzogna, la cosciente negazione della verità che conosciamo. In più, la menzogna reca con sé altri vizi, giacché raramente la menzogna è fine a se stessa. La menzogna è di solito conseguenza d’altri peccati o premessa per compierne. Anania e sua moglie Saffira volevano solo far bella figura con gli apostoli vendendo un loro possedimento per darne il ricavato ai fratelli in fede (sebbene nessuno l’avesse chiesto loro), e questo era già in sé un peccato di menzogna; ma per coprirlo mentirono dichiarando un importo inferiore e trattenendosi segretamente parte del ricavato (At 5:1-3). Amnon proferisce una serie di menzogne per attirare la sua sorellastra Tamar e avere un rapporto incestuoso con lei: si finge malato, chiede che Tamar allievi la sua finta indisposizione inventandosi il desiderio che cucini per lui, infine le mente per attirarla: “Portami il cibo in camera e lo prenderò dalle tue mani”, ma non vuole davvero il cibo; tutta questa serie di menzogne preparano il suo peccato: l’incesto e la violenza carnale ai danni della sorellastra (2Sam 13:6-14). I germi del male sono sterilizzati dalla sincerità: ecco il grande valore di questo Comandamento. La trasgressione genera trasgressione, ma l’osservanza genera osservanza. Ciò è particolarmente vero per questo Comandamento che ci chiede la sincerità. Esso è bello e puro.[4]

 

E’ DIFFICILE OSSERVARE IL COMANDAMENTO….  MA NON TROPPO

    Se si comprende tutto ciò che di meraviglioso implica questo precetto, si comprende anche come sia difficile osservarlo. Dato che ci insegna a non fare false affermazioni, è evidente che esso condanna anche la vanagloria, la calunnia, l’adulazione e l’ipocrisia. È quindi richiesto da parte nostra un serio e frequente esame di coscienza per scoprire se i nostri atteggiamenti ci fanno pavoneggiare, se facciamo credere di avere qualità che non possediamo ancora, se sminuiamo gli altri per attirare su di noi l’attenzione, se in qualche modo mentiamo a noi stessi e agli altri. Questo Comandamento che ci chiama alla sincerità è davvero penetrante come tutta la parola di Dio: “La parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore”. – Eb 4:12.

   Sebbene sia spesso difficile aprirci alla verità, la sincerità è come aria fresca e nuova che entra quando apriamo la finestra della nostra mente. Nel nostro desiderio d’ubbidienza alla parola di Dio, ci conforta questa verità:

Questi ordini, che oggi vi do, non sono incomprensibili per voi, e neppure irraggiungibili. Essi non stanno in cielo, così da dover dire: ‘Chi salirà in cielo e li porterà a noi, perché possiamo conoscerli e metterli in pratica?’. Essi non stanno neppure al di là del mare, così da dover dire: ‘Chi andrà al di là del mare e li porterà a noi, perché possiamo metterli in pratica?’. La parola del Signore è molto vicina a voi, l’avete imparata e la conoscete bene; vi è possibile metterla in pratica”. – Dt 30:11-14, PdS.

Ogni credente può, se vuole, camminare nella luminosa via del Signore.    [fonti: “Le Dieci Parole – Marc-Alain Ouaknin”, Paoline 2001; “I dieci comandamenti. I doveri dell’uomo nelle tre religioni di Abramo – André Chouraqui”, Mondadori 2001; “E Disse – Erri De Luca“, Feltrinelli 2011]» [5]

 (continua)

 

E’ presente UN ALLEGATO UTILE: PERCHE’ INSISTIAMO A RIPORTARE STUDI E PENSIERI EBRAICI?

 


 

[1] Tratto da http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=736 (le evidenziazioni sono nostre)

[2] Ibidem

[3] Ibidem

[4] Ibidem

[5] Ibidem

 

 

 

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