Conclusioni settimo comandamento biblico non commettere adulterio - da "AVVICINIAMOCI AI COMANDAMENTI BIBLICI IN MODO RAGIONATO" parte 33 - di Renzo Ronca – 2-4-19 

 

 

(segue)

 

Dio, il Suo pensiero, il Suo piano, si manifestano gradatamente su tutta la Bibbia (AT e NT) in forma sempre più chiara ed articolata. Da Mosè ad oggi molte profezie si sono avverate. Molti uomini si sono avvicinati con cuore sincero per cercare di capire di più, come Daniele, al quale fu rivelato moltissimo, ma non tutto: “Dan 12:8 Io udii, ma non compresi e dissi: "Mio signore, quale sarà la fine di queste cose?" 9 Egli rispose: "Va' Daniele; perché queste parole sono nascoste e sigillate sino al tempo della fine. 10 Molti saranno purificati, imbiancati, affinati; ma gli empi agiranno empiamente e nessuno degli empi capirà, ma capiranno i saggi.”

L’opera di affinamento di Dio su quelli che Lui chiama non è finita e man mano che ci avviciniamo alla fine, la Scrittura viene rivelata sempre più.       

Credo che questo orientamento, cioè il restare nella prospettiva di rivelazioni scritturali concesse in vista della fine dei tempi, sia una chiave da tenere sempre presente. Proviamo ad aggiungere qs pensiero a quanto abbiamo appreso sul settimo comandamento.

 

             Avevamo detto che il riferimento principale per capire la profondità della legge quando si parla di matrimonio, divorzio, adulterio è sempre il rapporto di Dio col Suo popolo. Anche se nell’AT il rapporto era rivolto solo a Israele e nel NT si affianca ad esso la Chiesa istituita da Gesù, il principio non cambia. Il popolo di Dio per elezione (Israele) o per acquisizione per meriti di Gesù Cristo (Chiesa), è sempre paragonato ad una sposa e il tradimento di questa sposa (adulterio) è sempre riferito all’idolatria.

             Noi sempre ci perdiamo in regole e regolette come i farisei che pagavano la decima su ogni tipo di erba, ma trascuravano l’essenziale che è la giustizia e l‘amore di Dio (Luca 11:42). Anche per quei cristiani dal fondamentalismo esasperato è così. Occorre salire in alto, sul monte della trasfigurazione, per poter vedere più lontano. Il nostro pensiero, trasfigurato in Cristo, potrà contemplare il futuro, e poi, dopo, capirlo. Prima la rivelazione, poi dopo, riempiti dello Spirito Santo, la comprensione secondo quanta sapienza Dio vorrà darci.

             E’ in questo senso, in questa proiezione verso quell’eternità (che non siamo ancora in grado di capire) che metteremo in relazione due passi della Scrittura che parlano di fedeltà e di adulterio, uno da Levitico ed uno da Giovanni:

 Levitico 18:1-5

1 Il SIGNORE disse ancora a Mosè: 2 «Parla ai figli d'Israele e di' loro: "Io sono il SIGNORE vostro Dio. 3 Non farete quello che si fa nel paese d'Egitto dove avete abitato, né quello che si fa nel paese di Canaan dove io vi conduco, e non seguirete i loro costumi. 4 Metterete in pratica le mie prescrizioni e osserverete le mie leggi, per conformarvi a esse. Io sono il SIGNORE vostro Dio. 5 Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, per mezzo delle quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il SIGNORE.

 

Vediamo adesso come viene interpretato il passo da alcuni studiosi:

«Nel testo del Levitico al capitolo 18 si parla delle relazioni sessuali proibite e troviamo questa affermazione solenne: “Io sono l’Eterno vostro Dio. Quello che si fa nel paese d’Egitto in cui avete abitato, voi non lo farete. E quello che si fa nel paese di Canaan verso il quale andate, non lo farete” Questo discorso è stato pronunciato nel deserto tra l’Egitto e Canaan. Quindi, non ci si deve comportare come gli abitanti di questi due paesi: “Non seguirete le loro leggi sociali. Adempirete alle Mie. Voi adempirete e osserverete i Miei rituali privati. Io sono il Tetagramma, vostro Dio. Rispetterete le Mie leggi sociali e conserverete i Miei rituali privati; l’uomo vi edempirà e vivrà in essi: Io sono il Tetagramma”. E’ inaspettata e sorprendente la formulazione “…e vivrà in essi”[1]. Veniamo trasporati nel futuro. Secondo Rashì[2]  si può interpretare: “vivrà nel mondo futuro”, letteralmente l’ebraico dice olam habà, un espressione che bisognerebbe tradurre con il “mondo che viene”“il mondo che sta per venire”: riguarda la capacità che ogni singolo ha di iscriversi nella storia che sta per realizzarsi. “Il mondo futuro”, in questo passo, è il mondo che viene verso di me, il mondo che sta avvenendo. Ciò vuol dire che non dobbiamo seguire gli insegnamenti Divini e poi, eventualmente, vivere, ma piuttosto comprendere che questi insegnamenti propongono un principio di vita che si colloca sin dall’inizio nell’ordine della trasmissione e della filiazione. Vivere vuol dire trasmettere vita, il che va molto oltre il problema biologico: vuol dire trasmettere principi sociali, vuol dire che coloro che verranno dopo saranno anch’essi capaci di dare un senso al mondo, rivestendolo di significati.»[3]

 

Anche se di non facile accesso, trovo l’intuizione degli antichi rabbini molto importante. La frase, che raccomanda l’adempienza alle leggi di Dio contro ogni tipo di adulterio ed idolatria, viene vista in funzione del futuro che ci viene incontro.

 

Ancora di più possiamo proiettarci nel futuro con un’altra interessante interpretazione nell’episodio dell’adultera e di Gesù, che non la condanna:

 

«Nei vangeli l’argomento dell’adulterio è trattato in diversi passi. In Matteo al capitolo 5,27-28 Gesù disse: “«Voi avete udito che fu detto: “Non commettere adulterio”. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Ma in  un altra occasione invece troviamo Gesù (Giovanni al capitolo 8),  chino sulla polvere a scrivere e con pochi gesti e parole cambia la condanna di un adultera. La cosa sorprendente è che se da un lato Gesù dà un interpretazione ancora più rigida del settimo comandamento, slegandolo dall’azione e imputandolo al pensiero, dall’altro si preoccupa di intervenire in una condanna a morte per adulterio. Quindi da una parte estremizza ma dall’altra allevia la punizione.

Ma v’è di più, se scorriamo il dito a ritroso nel capitolo 5 di Matteo, arriviamo al versetto 17  in cui Gesù nel modo più chiaro possibile afferma: “17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. 18 In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto”.

Siamo di fronte ad un paradosso, una rivoluzione senza un cambiamento. Da una parte la Legge è confermata ed anzi portata all’estrema interpretazione ma dall’altra Gesù stesso si preoccupa di intervenire durante l’esecuzione di una condanna alleviandone la pena.

             La soluzione, probabilmente, potrebbe essere nel capitolo 8 di Giovanni dove, come abbiamo già detto, troviamo Gesù a scrivere sulla polvere del suolo.[4] Non sappiamo cosa abbia scritto (sappiamo solo quello che ha detto), Matteo non sà o non si preoccupa di farcelo sapere, forse vuole che ci concentriamo sul gesto. Perché scrive sulla sabbia? Sappiamo che di Sabato è proibita la scrittura a meno che non sia fatta su polvere o sabbia, ma quel giorno non poteva essere Sabato, infatti non si eseguono condanne di Shabbat. Eppure quel gesto di scrivere sulla polvere forse è la chiave, forse racchiude il messaggio. Probabilmente Gesù, con quel gesto, stava evocando un tempo futuro in cui anche quel giorno sarebbe stato Sabato perché ogni giorno sarà Shabbat e quel tempo non può essere altro che il Suo cioè l’era Messianica che gli ebrei chiamano anche: “Sabato universale”, poiché in esso saranno riposo concordia e pace nel senso di pace con Dio, tra gli uomini e nel cuore di ogni uomo.

Quel gesto di scrivere sulla sabbia è una scheggia di eternità, ci parla di un tempo che è ormai alle porte! [fonti: “Hanno ritrovato la loro anima – Andrè Neher”, Marietti 2006; “Le Dieci Parole – Marc Alain Ouaknin”, Paoline 2001] »[5]

 

Di questo ottimo commento che ho appena riportato vorrei considerare particolarmente la parte finale, cioè l’ipotesi sulla motivazione dello scrivere di Gesù sulla sabbia. Lo riporto ancora una volta perché è interessante e (per me) condivisibile: «Probabilmente Gesù, con quel gesto, stava evocando un tempo futuro in cui anche quel giorno sarebbe stato Sabato perché ogni giorno sarà Shabbat e quel tempo non può essere altro che il Suo cioè l’era Messianica che gli ebrei chiamano anche: “Sabato universale”, poiché in esso saranno riposo concordia e pace nel senso di pace con Dio, tra gli uomini e nel cuore di ogni uomo. Quel gesto di scrivere sulla sabbia è una scheggia di eternità, ci parla di un tempo che è ormai alle porte!»

 

Pensavo alla polvere del suolo o alla sabbia e allo “strano” modo di Gesù di giudicare:

 

«"Ma Gesù chinatosi, si mise a scrivere per terra", sulla sabbia. "L'unico libro dei conti di Gesù è la sabbia. Avete già perso qualcosa nella sabbia? Provate a ritrovarla, la sabbia ingoia tutto, la sabbia cancella tutto, la sabbia dimentica tutto! Non rimane nulla nella sabbia! La donna è davanti a Gesù e lui scrive sulla sabbia per dire che il suo peccato è già cancellato, come tutto ciò che è scritto nella sabbia. Un tribunale ben strano! Il giudice scrive nella sabbia e non rimarrà niente. Basterà il vento della sera e tutto sarà cancellato". (Bruno Ferrero)» [6]

 

Gesù alla domanda tendenziosa «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. 5 Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?» non dà una risposta diretta ma scrive nella polvere, ed è giusto dunque soffermarci su quel gesto. Molti ipotizzano che scrivesse i peccati dei presenti o altre cose, ma la Bibbia non lo dice, segno che per lo Spirito Santo non è rilevante. Il gesto invece è  importante. Gesù non è contro la Legge ma la sviluppa, la porta a compimento. In Lui si armonizzano perfettamente giustizia ed amore; non solo giustizia, ma giustizia ed amore. Gesù prepara l’uomo per il regno che verrà nel millennio, ed ancora oltre, prepara le anime per l’eternità. Chi si sofferma sulle punizioni della legge, soprattutto a quelle che infliggono la morte fisica al peccatore, non coglie il senso dell’insegnamento divino che sposta tutto il piano reale del presente, in un altro piano nell’eternità.

Gesù scrive col “dito” nella polvere un termine abbastanza raro nella Scrittura.  Riporta alla mente la potenza di Dio, la creazione, la polvere di cui è fatto l’uomo terreno.. la carne che tornerà polvere…

Nei “cieli nuovi e terra nuova” non esisterà più il peccato perché chi avrà avuto la grazia del perdono per il pentimento, verrà assorbito in una nuova nascita fisica e spirituale. E noi già adesso, a volte, secondo la grazia e l’apertura che ci concede lo Spirito di Dio, possiamo intuire quel particolare riposo sabbatico che rivestirà il nostro eterno vivere. Lode a Dio!

 

(continua)

 

NUMERAZIONE DEI COMANDAMENTI – Può sorprendere il lettore di educazione cattolica la numerazione diversa dei comandamenti. Nei nostri scritti ci rifacciamo alla numerazione canonica così come si trova nella Bibbia, data da Dio,  non alla versione catechistica cattolica dove è stato cancellato il secondo comandamento e diviso il decimo per far tornare il conto di dieci. Maggiori chiarimenti sono nella parte 14: “IL SECONDO COMANDAMENTO – LA NUMERAZIONE DEI COMANDAMENTI – LA VERSIONE MNEMONICA CATTOLICA


 

 


[1]

Ho chiesto agli autori di questo studio da quale testo abbiamo tradotto l'italiano (suppongo dall’originale ebraico), ma non ho ancora ricevuto risposta (n.d.r.)

 

[2]

Rashi (Troyes, 22 febbraio 1040 – Troyes, 13 luglio 1105), in ebraico רש"י, acronimo di Rabbi Shlomo Yitzhaqi (רבי שלמה יצחקי) e conosciuto anche con il nome latinizzato di Salomon Isaacides, da cui le forme italianizzate Salomone Isaccide oppure Salomone Jarco o Rabbi Salomone Jarco, è stato uno dei più famosi commentatori medievali della Bibbia (wikipedia).

 

[3]

Tratto da http://qarev.com/il-settimo-comandamento/

 

[4]

Riporto l’episodio (NR): 1 Gesù andò al monte degli Ulivi. 2 All'alba tornò nel tempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedutosi, li istruiva. 3 Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna colta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, 4 gli dissero: «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. 5 Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?» 6 Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. 7 E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. 9 Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. 10 Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» 11 Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».

 

[5]

Tratto da http://qarev.com/il-settimo-comandamento/

 

[6]

Tratto da https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=19161

 

 

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