SVILUPPI CONCLUSIVI SULL’ESPANSIONE DEL SABATO -   

da "AVVICINIAMOCI AI COMANDAMENTI BIBLICI IN MODO RAGIONATO" parte 10 - di Renzo Ronca - 30-1-19

 

 

(segue)

E’ necessario riprendere quanto abbiamo detto la volta scorsa tenendo presente lo schema che avevamo allegato.

Il sabato era come un primo input che a noi è arrivato come una freccetta blu dello schema, un germe vitale che contiene un programma…

A questo input/segnale/programma concentrato e complesso, che sintetizziamo con “riposo sabbatico”, abbiamo cercato di dare una risposta positiva  mettendolo in pratica come indicato dalla Bibbia, ricavandone benedizioni, amore verso Dio, interesse e slancio per proseguire la nostra crescita spirituale.

Se infatti tutto il programma divino del “germe vitale” contenuto nell’input “sabato” fosse rimasto statico, cioè riposo dal lavoro servile e basta, senza lo sviluppo spirituale che ne doveva conseguire (ad es. attraverso le ns regolari meditazioni cristiane), sarebbe rimasto solo una tradizione, una cosa morta, un idolo di legge (come avvenne coi farisei). Oppure sarebbe stato dimenticato come una cosa inutile (come infatti è avvenuto nel mondo fino ad oggi).

Per questo Dio ce lo rimanda ancora cercando di farcelo capire ad un livello superiore; Egli ci invia un nuovo input-sabato ancora più “ingrandito” più ampio e potente su cui faremmo bene a riprendere il filo dei pensieri.

Che nell’insegnamento del sabato sia stata già compresa da Dio una spinta in embrione, una spinta a far proseguire l’uomo in avanti, ad estendere il sabato nel tempo, a farlo sviluppare, già si intuiva con l’istituzione dell’anno sabbatico:

 

Esodo 23:10-11

10 «Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai i frutti; 11 ma il settimo anno la lascerai riposare, incolta; i poveri del tuo popolo ne godranno, e le bestie della campagna mangeranno quel che rimarrà. Lo stesso farai della tua vigna e dei tuoi ulivi.

 

Levitico 25:1-7

“1 Il SIGNORE parlò ancora a Mosè sul monte Sinai, e gli disse: 2 «Dirai così ai figli d'Israele: "Quando sarete entrati nel paese che io vi do, la terra dovrà avere il suo tempo di riposo consacrato al SIGNORE. 3 Per sei anni seminerai il tuo campo, per sei anni poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; 4 ma il settimo anno sarà un sabato, un riposo completo per la terra, un sabato in onore del SIGNORE; non seminerai il tuo campo, né poterai la tua vigna. 5 Non mieterai quello che nascerà da sé dal seme caduto nella tua raccolta precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra. 6 Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo, servirà di nutrimento a te, al tuo servo, alla tua serva, all'operaio e al tuo forestiero che stanno da te, 7 al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese; tutto il suo prodotto servirà per loro nutrimento.”

 

Un dizionario biblico spiega così: «L’importanza di lasciar riposare la terra ogni sette anni non ha a che fare solo con le caratteristiche del terreno; essa non è dovuta neanche al modello cananeo secondo il quale un ciclo di sette anni senza raccolto era seguito da sette anni di abbondanza. (…) La motivazione per questa disposizione si trova nella rivelazione del fatto che il settimo anno dedicato al riposo è un sabato di riposo per la terra e in onore del Signore (Lev 25:2-4). C’è qui un nesso con l’istituzione del sabato, il cui fondamento è da rintracciare nell’attività creatrice di Dio. Gli altri elementi devono essere compresi in armonia con questa rivelazione: l’uomo non è proprietario del suolo e non ha alcuna signoria su alcuna proprietà in perpetuo, bensì è Dio che gliela affida (Lev 25:23)»[1]

 

Con l’anno sabbatico si estendeva non solo un comandamento, che dal limite dei sette giorni passava a raggruppare sette anni, ma un concetto, una rivelazione estesa nel futuro.

E poi ancora oltre:  tale intenzione di ampliamento, o dilatazione di un concetto, veniva ulteriormente evidenziata dall’istituzione del Giubileo dove da sette anni si passava a cinquanta:  «Il culmine del sistema sabatico si raggiungeva con il cinquantesimo anno, l’anno del giubileo (…) nel giubileo la proprietà tornava ai proprietari originali, i debiti erano perdonati, e gli ebrei che erano stati fatti schiavi perché indebitati, erano rilasciati. Era un momento di ringraziamento...» [1]

 

Un giorno ogni sette, un anno ogni sette, poi ogni cinquanta… Il Signore voleva espandere un insegnamento di ricordo e di festa fino a inserirlo poi nel concetto di eternità, dove tutto sarebbe stato perfettamente vissuto nella grazia fraterna e nella pace per sempre.

 

Ma se questa estensione o espansione si proietta in avanti, nel futuro, con l’anno sabbatico il giubileo ecc. la stessa estensione/espansione può estendersi nel presente, nel nostro presente in maniera straordinaria. Esiste cioè la possibilità di godere già adesso di un pezzettino di quello stato particolare che si proverà quando saremo slegati dal tempo.

La benedizione del sabato, l’input come un seme di vita, non avvolge solo il tempo del sabato astronomico di 24 ore, e non si proietta  solo in avanti verso i sette anni o i cinquanta anni, ma è in grado di avvolgere il ns presente;  penetra tutta la settimana, la settima parte di ogni giorno della settimana…. di ogni ora, di ogni minuto, di ogni ns pensiero. Il tempo di Dio attraversa il tempo terreno e trasfigura l’oggi, il presente,  lasciando percepire all’anima riflessi del sabato eterno in ogni momento. In ogni istante ci sarà un pezzetto di sabato-festa-quiete-riposo-pace-di-Dio.

 

Se ad esempio leggiamo un difficile passo della lettera agli Ebrei, cap. 4, vv. 1-13[2], che qui non approfondiamo nel dettaglio, comprendiamo che il “riposo nel sabato di Dio” espresso in Genesi quasi come un promessa in cui possiamo entrare estesa anche nel futuro, va anche raggiunta con la fede, il coraggio, l’impegno da parte nostra. Infatti gli Israeliti che per mancanza di fede non accolsero l’esempio di Giosuè e Caleb e non proseguirono il cammino nel deserto, evitando di entrare per paura nel paese di Canaan, furono esclusi dal riposo nella terra promessa (Numeri capp. 13 e 14  - tutta una generazione di Israeliti perì nel deserto).  Come l’incredulità degli israeliti dispiacque all’Eterno ed impedì loro di entrare nel riposo promesso, così anche noi, oggi, dobbiamo valutare bene come ci comportiamo. Vi è infatti “un nuovo oggi”, una nuova promessa anche per noi di entrare nel riposo di Dio.

     Ecco un passaggio di un commentario a Ebrei 4:3 «La continuità di pensiero si fa complessa in questo versetto. Le tre proposizioni sembrano disgiunte e scollegate, ma scorgiamo in esse un tema comune: il riposo di Dio. Dapprima apprendiamo che chi entrerà nel riposo di Dio siamo noi che abbiamo creduto: la fede è la chiave che apre la porta. Come è stato fatto notare in precedenza, i credenti godono oggi del riposo della coscienza, poiché sanno che non saranno mai condotti in giudizio per i peccati commessi (vd. Gv 5:24). Ma è altresì vero che solamente chi crede entrerà nel riposo definitivo di Dio, nella gloria. Probabilmente, è a questo riposo futuro che qui si fa specifico riferimento.»[3]

 

Si, “la fede apre questa porta”. Ma come “si applica” la fede? La domanda sembra una contraddizione. Non vogliamo ritornare sulla infinita disquisizione fede-opere, occorre anche essere pratici senza fare troppe questioni teologiche. Se credo che i comandamenti siano da Dio, allora mi devo sforzare di viverli di metterli in pratica. Dunque non basta dire “si comprendo il significato teorico del sabato e sono d’accordo, tuttavia penso che un giorno valga l’altro” (vedi anche il prec cap. 7: "SABATO, UN GIORNO VALE L’ALTRO?") , occorre invece secondo me, essere meno sapienti meno filosofici e più umili ed ubbidienti,  mettendo in pratica in modo semplice quanto ci viene chiesto.

 

Pensiamo infatti all’episodio della trasfigurazione di Gesù in Matt 17:1-8. Quando Gesù chiamò sul monte Giovani Pietro e Giacomo essi non dissero: “no, non ti incomodare a chiamarci, noi restiamo qui, tanto siamo con te spiritualmente e dovunque andrai e quello che vedrai ce lo spiegherai dopo e crederemo lo stesso dopo”. Essi invece si alzarono e andarono senza fare questioni. E’ così per la fede: si esegue quello che Dio ci chiede senza questioni senza filosofie o teorie simboliche, perché abbiamo fiducia in Chi ce lo chiede.  Sappiamo che se ce lo chiede c’è un motivo buono. Se così non fosse a nulla varrebbero le opere. Anche Gesù in fondo avrebbe potuto dire: “Beh tanto la croce è un simbolo, fate conto che ci sono già salito, è un simbolo, tanto gli insegnamenti li avete capiti;  il resto ve lo dirà lo Spirito Santo”. Credere significa anche mettere in pratica ciò in cui si è creduto. Per questo Pietro Giacomo e Giovanni dopo aver ubbidito per fede, sperimentarono nella pratica qualcosa di veramente sublime che esce dal nostro tempo.  Si tratta di

ciò che accadde sul monte quando Gesù si trasfigurò: essi percepirono l’eternità, e la realtà che è nell’eternità, ben diversa dal tempo terreno e dalla realtà terrena.

Poteva questo essere spiegato a parole?  

I tre apostoli sperimentarono una dimensione dove passato e futuro si toccano in un presente continuo e creativo, e dove la vita spirituale non è come come quella terrena; e dove la voce di Dio Padre era udibile. Tale percezione ed esperienza andò oltre anche la loro ragione:  Luca 9:32 Pietro e quelli che erano con lui erano oppressi dal sonno; e, quando si furono svegliati, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui. 33 Come questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva.

Se non avessero tramutato in azione la loro fiducia in Gesù, come avrebbero potuto percepire una esperienza del genere? Tanto è vero che pur avendo visto ed udito capirono molto tempo dopo il senso di tutto. Figuriamoci se non fossero saliti sul monte!

 

Anche noi oggi abbiamo un piccolo/grande monte da scalare: quello della nostra “intelligenza occidentale” che non ci permette di essere semplici e in pratica rende poco utile la ns fede. Dio ci ha detto sabato? E allora mettiamolo in pratica senza fare troppe filosofie tra domenica  o altro! Solo sperimentando il riposo dove dice Dio come dice Dio, io credo si possa entrare nella Sua promessa verso l’infinito, in quella finestra, in quella speciale dimensione della trasfigurazione del nostro essere.

 In un certo senso, se vogliamo usare un esempio da un film di fantascienza, il sabato rappresenta il nostro “stargate”, la nostra finestra temporale e spaziale da cui possiamo accedere ai mondi, alle stelle, all’eternità in cui risiede Dio.  Il quarto dunque è un comandamento tutto da ricordare ed esplorare; e, per ricordare ed esplorare si comincia col mettere in pratica quanto ci viene proposto: 

 

Esodo 20:8 Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. 9 Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, 10 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; 11 poiché in sei giorni il SIGNORE fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il SIGNORE ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato.

(continua)
 

 

 


[1]

Dizionario Biblico GBU

 

[2]

Ebrei 4:1 Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso. 2 Poiché a noi come a loro è stata annunciata una buona notizia; a loro però la parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l'avevano ascoltata. 3 Noi che abbiamo creduto, infatti, entriamo in quel riposo, come Dio ha detto: «Così giurai nella mia ira:"Non entreranno nel mio riposo!"»E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo. 4 Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»; 5 e di nuovo nel medesimo passo: «Non entreranno nel mio riposo6 Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunciata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, 7 Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori8 Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. 9 Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio; 10 infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue. 11 Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza.12 Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. 13 E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto.

 

[3] “Il commentario Biblico del discepolo” – William MacDonald

 

 

 

 

 

 

 

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