Il mare in una piccola buca? - Quanto siamo in grado di riconoscere in noi l’incapacità umana di comprendere Dio e i suoi misteri?

 - di Filippo - 21-9-18

Si narra che una sera d’estate sant’Agostino passeggiasse sulla riva del mare, impegnato a meditare sul mistero dell’Unità e della Trinità di Dio, quando ad un certo punto si accorse che a pochi passi da lui, sul bagnasciuga, c’era un bambino tutto intento a prelevare con una conchiglia l’acqua del mare e a versarla in una piccola buca che aveva scavato. Andava avanti ed indietro, continuando a riempire la conchiglia e a rovesciarla nella buca. Sant’Agostino, incuriosito, gli si avvicinò e gli chiese quale tipo di gioco stesse facendo. Il bambino gli rispose che non era affatto un gioco e che la sua intenzione era quella di far entrare tutta l’acqua del mare all’interno della buca che aveva scavato. Naturalmente, sant’Agostino sorrise e disse: “Mio caro bambino, non vedi quanto grande è il mare e quanto è piccola la tua buca? Come puoi pensare di farci entrare tutta l’acqua del mare?”

Il bambino gli rispose: “Caro Agostino…e allora tu spiegami: come puoi pensare che l’infinito mistero di Dio entri tutto nella tua piccola testa?” Dopo aver detto queste cose, il piccolo scomparve.

Che questo episodio sia stata una reale rivelazione divina o sia piuttosto una leggenda, non lo possiamo sapere. Quello che, invece, dovrebbe catturare la nostra attenzione è un’altra cosa, che poi è la chiave di lettura del racconto appena citato. Mi permetto di formularla sotto forma di domanda: quanto siamo in grado di riconoscere in noi l’incapacità umana di comprendere Dio e i suoi misteri?

Credo che prendendo coscienza di questo nostro limite, saremo in grado di superare le nostre perplessità e di progredire nella conoscenza della verità. Tenendo presente che la salvezza passa per la conoscenza e l’accettazione della verità, vediamo quali sono gli elementi essenziali che servono al credente per avere la certezza di essere nella verità di Dio.

·        L’umiltà: non c’è conoscenza senza umiltà. Fare un passo indietro, abbassare gli occhi ed arrenderci alla grandezza del mistero di Dio, non è un segno di debolezza, ma è la chiave che ci apre verso sconfinati orizzonti di ricchezza, gloria e vita (Proverbi 22:4) ed è anche certezza della grandezza della nostra ragione. Mi spiego: se immaginassimo l’umiltà come il faro che guida la nostra barca in porto, potremmo ritenerci dei marinai intelligenti se decidessimo di fare a meno della sua luce intermittente e navigare a vista; magari nel fitto buio della notte?  Non credo che sarebbe saggio, neanche per i più abili e coraggiosi marinai. Quindi, da un lato riconosciamo di non avere le capacità di navigare al buio, dall’altro ci lasciamo guidare da un punto fermo che ci da sicurezza. Questa è la grandezza della nostra ragione: l’umiltà che porta l’uomo a giudicarsi secondo l’autentica sua realtà, facendogli evitare qualsiasi forma di esaltazione, per dare la giusta gloria a Dio che tutto governa. In 1Pietro 5:5 c’è scritto: “Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili.

·        La fede: rimanendo legati all’esempio di cui sopra; se l’umiltà può rappresentare il faro, la fede deve essere, per noi, l’ancora che appoggiandosi sul fondo ci tiene assicurati alla salvezza, che come abbiamo detto passa attraverso la conoscenza e l’accettazione della verità. Quando c’è vera fede, non esiste la paura. La vera fede ci fa recuperare la vista, ci fa capire cose che non avremmo mai pensato di riuscire a comprendere, ci fa ottenere il perdono da Dio e ci salva. Ogni cosa ci verrà fatta secondo la nostra fede, con la certezza (secondo la promessa di Gesù) che avendo la fede come un piccolo granello di senape, niente ci sarà impossibile. Ecco perché la fede ci avvicina al mistero di Dio, perché senza la fede non c’è conoscenza, non c’è umile predisposizione all’ascolto di Dio e del prossimo, non c’è crescita alcuna! Si rimane in una forma larvale, dove non avverrà mai la metamorfosi necessaria per essere accettati nel promesso Regno di Dio. Senza la fede non c’è conversione dalle tenebre alla luce, non c’è perdono dei peccati, non c’è accesso alla grazia. Ecco che abbandonare a volte ogni forma di ragionamento, ed ancorarsi soltanto alla fede, si dimostra la scelta giusta per scacciare le paure e dare ristoro alle nostre anime.

·        La speranza e l’amore: Ci siamo resi conto dell’importanza del faro, ci siamo ancorati a Dio attraverso la fede, ma adesso riconosciamo il valore della speranza e dell’amore. Credo che la speranza sia il comburente, mentre l’amore il combustibile. Il motore della nostra barca, non potrebbe mai funzionare senza di essi, e noi non saremmo mai in grado di raggiungere il porto. La speranza è l’aspettazione fiduciosa, nella realizzazione delle promesse del Signore, l’amore è la materia prima; è quella forza unica, quell’energia che riesce a dare il moto ed il senso profondo alla nostra esistenza e a quella del nostro prossimo. Credo che senza la speranza nelle promesse di Dio, non ci possa esse un vero amore, perché mancherebbero l’umiltà e la fede, e questo vorrebbe dire credere in un amore a tempo; un amore che si lascia condizionare da verità relative e dipendenti dalla nostra ragione. L’amore di Dio è un’altra cosa, perché Dio stesso è amore. Sperare in Dio significa abbandonarsi, per fede, nella certezza dell’amore assoluto; di quell’amore che non muta con il cambiare delle stagioni; di quell’amore che era, che è e sempre sarà; di quell’amore che si manifesta amando con semplicità, senza condizione e senza scopo alcuno. Questo è l’amore di cui ci parla il Signore! La ragione ci aiuta a crescere nella conoscenza della verità, ci offre solide basi sulle quali irrobustire la nostra fede e la nostra speranza, ma il fondamento è l’amore: senza di esso nulla avrebbe senso, né oggi su questa terra, in quella futura che ci è stata promessa. Oggi viviamo in un mondo che confonde il vero significato dell’amore in tanti altri surrogati di poco valore; in un mondo che ci riempie di tante chiacchiere (telegiornali, talk show, documentari, eventi sportivi, film, serie televisive etc.) che hanno l’unico scopo di congestionare le nostre menti, appiattire i nostri pensieri ed infine allontanarci dalla verità; dove ogni cosa è facilmente riconducibile a pochi denominatori comuni: sesso, potere, competizione, violenza. In altre parole, non c’è posto per il vero amore!

Come disse l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “…la nostra conoscenza è imperfetta, e imperfetto è anche quello che profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, tutto quello che è imperfetto sarà annullato.” E poi: “…Ora vediamo come in uno specchio, in maniera oscura, ma allora vedremo in modo chiaro, faccia a faccia; adesso conosco soltanto in modo imperfetto, allora invece conoscerò come sono conosciuto.”

In forza di queste promesse, con la giusta umiltà e nella certezza della fede, l’unica cosa importante è credere nell’amore di Dio. Non è l’uomo che ama Dio, ma è Dio che ama l’uomo e lo ama per primo. “In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.” (1Giovanni 4:10) Da questo dipende, in qualche modo, la nostra capacità di amare Dio; l’essere stati amati per primi.

I dogmi, le credenze, le dottrine, le religioni, sono opere dell’uomo e per questo imperfette. Ci avrebbero dovuto avvicinare alla conoscenza di Dio ed invece ci hanno fatto alzare delle barriere invalicabili che ci hanno allontanato da Lui e dai nostri fratelli.

Se siamo veramente in Cristo, se siamo stati veramente crocifissi con Lui sulla croce, se non apparteniamo più a noi stessi, ma a Dio che ci ha generati a nuova vita, abbiamo quindi l’obbligo di dimostrare di essere delle nuove creature; disintossicandoci da tutte quelle cose che non sono da Dio e che quindi ci impediscono di crescere nella conoscenza della Sua volontà.

Gradualmente, con l’aiuto dello Spirito Santo e con la nostra umile predisposizione, il nostro ascolto sarà affinato ad una migliore comprensione dei misteri di Dio, ma non alla totale conoscenza, questa (se Dio lo vorrà) ce l’avremo solo quando un giorno saremo al Suo cospetto. Siamo delle semplici creature: questo non va dimenticato!

Per concludere, vorrei per un attimo ritornare al punto di partenza del nostro viaggio e riformulare la domanda: “quanto siamo in grado di riconoscere in noi l’incapacità umana di comprendere Dio e i suoi misteri?”

Io, ho riflettuto parecchio su questa domanda e sono giunto ad una conclusione quando ho osservato le orme che si vedono impresse sulla spiaggia in figura. Facciamo finta che esse rappresentino la nostra consapevolezza delle cose di Dio, mentre il mare la conoscenza assoluta di Dio e dei Suoi misteri; fin quando i nostri passi si mantengono paralleli alle onde del mare, le orme che lasciamo sulla sabbia rimangono impresse e ben visibili, ma tutte le volte che dirigiamo i nostri passi verso il mare o ci avviciniamo alle sue onde, le orme svaniscono e non esistono più.

Personalmente credo, quindi, nell’importanza di mantenere la giusta e doverosa distanza da concetti più grandi delle nostre capacità.

Per adesso, mi limito a pensare a quando Dio compirà l’impossibile: fare entrare tutta l’acqua del mare in una piccola buca.

 

 

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