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ASCOLTO: IL CUORE DELLA RIEDUCAZIONE CRISTIANA - di T.M. - 25-4-18
Alcune settimane fa ero al saggio di musica di mia figlia e, complici le melodie dei nostri piccoli, riflettevo sul fatto di quanto quella in cui viviamo sia una società in cui si sente molto, troppo, ma si ascolta poco, pochissimo. Le ragioni sono molte, non ultima la "fretta", che è il grande male dei nostri tempi. Più aumenta la tecnologia, che dovrebbe essere fonte di aiuto, e più siamo stressati, alienati, dipendenti da essa. Meno umani e più automi. Abbiamo meno tempo oggi di quanto ne avessero coloro che ci hanno preceduti. Penso spesso a mio nonno, al duro lavoro che conduceva nei campi. Alle sveglie all'alba, alle cene in orari che per me erano quasi da merenda, al letto che lo attendeva alle 21.30 precise. Eppure aveva sempre tempo per tutto: per pregare, per se stesso, per la comunità, per la famiglia, per noi nipoti. Lo ricordo sotto il fico nelle ore pomeridiane più calde. Ricordo i saggi consigli dispensati durante le interminabili partite a briscola o quando mi caricava sul trattore e andavamo insieme in campagna. Aveva sempre tempo per ascoltarmi, più di quanto abbiano mai fatto i miei pur ottimi genitori. E più di quanto ne abbia io per mia figlia, che pure considero il più bel dono di Dio. Non credo sia un caso che tu abbia posizionato l'ascolto come il terzo dei cinque punti. Il punto centrale, il cuore del progetto di rieducazione Cristiana. Mi diletto di giornalismo e l'ascoltare, nel senso di recepire e comprendere, è un cardine di questa meravigliosa professione. Un atteggiamento che mi viene naturale, perché è essenziale per potere scrivere un "buon pezzo", per essere capace di trasmettere ai lettori ciò che il nostro interlocutore vuole spiegare, per capire realmente il "vissuto" dei protagonisti delle vicende di cui scriverò. Non so se questo atteggiamento, per me così naturale, sia il frutto di tanti anni dedicati alla scrittura o sia una qualità innata. Ma è qualcosa che mi viene spontaneo, che mi riesce senza pensarci, senza forzature. Per contro, dal punto di vista della Fede, credo che l'ascolto sia uno degli scogli più ardui da superare. E' facile rivolgersi a Dio per esporGli i nostri malanni, per invocare un suo intervento. Tante volte ci ricordiamo di Lui quando ci troviamo in qualche situazione ingarbugliata, che da soli non riusciamo a districare. Ma quante volte, invece, ascoltiamo ciò che Dio ha da dirci? E come possiamo metterci in Suo ascolto? Ascoltare un uomo è relativamente facile. C'è la sua presenza materiale, c’è la sua voce. Ci sono i suoi sguardi, le sue mimiche, i suoi toni. Con Dio è un'altra faccenda. Alcuni sostengono che la coscienza sia la voce di Dio. Un assunto che mi convince poco, perché la coscienza cambia da uomo a uomo e da contesto in contesto. E allora, come ascoltare veramente Dio? Come capire il progetto che vuole spiegarci?
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