ATTEGGIAMENTO CRISTIANO VERSO LE PERSONE “DIFFICILI” - Differenza tra insegnante ed educatore – di Renzo Ronca – 10-9-15- aggiornam. 4-5-21

 

 

Come era l’atteggiamento interiore di Gesù verso gli uomini? Di solito rispondiamo dicendo che Gesù ci ama, ama il mondo e ha dato la Sua vita per noi. E' certamente vero ma queste sono parole molto usate, che nel dirle hanno perso gran parte del significato e della loro vitalità. Occorre scavare di più.

 

Prendiamo per esempio come si comportava Gesù quando qualcuno Lo trattava male. Egli non rispondeva mai per le rime trattando male l’interlocutore, ma in un modo o nell’altro diceva sempre cose utili per quella persona. Coglieva l’occasione per evidenziare delle carenze in modo costruttivo, come farebbe un insegnante premuroso verso un allievo-bambino ribelle e maleducato. Gesù, per nulla coinvolto negli stati collerici aggressivi, tentava in ogni modo di proporre, di dare, di trasmettere mezzi per il miglioramento di chi aveva di fronte, al fine di fargli comprendere la verità delle cose.

Potremmo dire che Gesù in ogni persona –meglio ancora se era la peggiore persona del mondo- cercava il modo di redimerla liberarla dal male per fargli poi arrivare l’amore l’accoglienza di Dio.

Praticamente in un mondo destinato alla condanna per via del peccato presente, ogni anima era per il Signore un figlio di Dio da salvare, da aiutare, da fornirgli degli input di riflessione, affinché si ravvedesse e capisse chi era il Dio dell’amore e della giustificazione. Sarebbe stato illogico per uno che conosce la verità mettersi a competere rabbiosamente con la rabbia di chi è schiavo dell’inganno. Immaginate se uno psicologo di fronte ad una rispostaccia si mettesse a litigare col paziente!

Alle volte, quando era inutile parlare rimaneva silenzioso (vedi davanti a Pilato), ed anche questo è un buon insegnamento per noi oggi, che siamo sempre pronti a polemizzare e a strillare.

 

 

E noi credenti? Qual è il nostro sentimento di fronte al prossimo, soprattutto al prossimo “difficile” e qualche volta odioso?

 

Certo come cristiani sappiamo che "l’odio si vince con l’amore"; ma al di là della bella frase fatta, sappiamo davvero come attivare i meccanismi di questo amore cristiano? Il nostro è un atteggiamento doveroso, una recita perché “dobbiamo” essere buoni, o è un sentimento che ci sgorga spontaneo dal cuore?  Qual è il modo migliore di affrontare una persona che polemizza con noi, ci dice cose spiacevoli o ci offende?

 

Prendiamo la differenza tra l’educatore e l’insegnante (due parole  che usiamo come sinonimi, ma non lo sono): c’è un modo di fare l’insegnante che è di una logica fredda: entri in aula, metti subito la nota a chi disturba e se questo insiste lo mandi fuori dalla porta! Niente da dire, tu devi insegnare e quindi chi vuole ascoltare ascolti, chi non vuole ascoltare se ne vada. Mettiamo però che la classe che ti è capitata sia una classe “difficile” e tutti in un certo senso sono disordinati e confusionari, allora che fai quando entri? Mandi tutti fuori dalla porta? Dunque a chi insegni? Non lavorerai più! Oppure li tieni in classe ma ti metti a urlare con loro? Oppure smetti di insegnare e dici: “ma fate come vi pare, peggio per voi”?

Qui allora c’è bisogno di qualcuno con un ruolo diverso: l’educatore. Questi non si limita ad insegnare una materia ma sa anche come farlo caso per caso. Valuta la situazione sociale dei ragazzi, delle loro famiglie, le loro esperienze, la loro maturità... si fa un quadro preciso per ognuno, e in tutto questo cerca il modo migliore per “arrivare” ai loro cuori, per poter trasmettere ed essere capito. Può sembrare una faticaccia, ma se l’educatore ha la giusta preparazione psicologica non è troppo coinvolto emotivamente, e ce la farà a trasmettere sia l’amore che le regole; e non manderà nessuno degli allievi fuori dalla porta.

 

Noi siamo stati “educati” da Gesù con pazienza, giustizia ed amore. Il Signore non si è mai stancato di noi. La missione di Gesù nel Suo primo avvento (1) è stata quella di recuperare i Suoi figli, salvarli dallo stato di confusione e morte in cui si dibattevano; quello era l’obiettivo. Molti di noi hanno ricevuto affetto cura ed attenzione anche se non lo meritavano, io per primo perché ero tra quelli più “difficili”, ribelli ed indisponenti. Tuttavia se oggi siamo cristiani salvati vuol dire che il Signore non si è fermato alla nostra apparenza; non ci ha risposto per le rime come meritavamo, ma “nonostante noi” ha visto in noi quel bene che noi stessi non vedevamo: cioè il motivo per cui eravamo stati creati, la nostra vera identità di figli di Dio.

 

Bene, e allora, se è così, come mai non ricambiamo l’amore ricevuto usando più pazienza verso le persone difficili che ci capitano? Perché quando ci capita qualcuno odioso finiamo per litigare o per cacciarlo fuori dalla nostra vita?

Forse usiamo l‘atteggiamento cristiano del freddo insegnante che sbatte i cattivi fuori dalla porta e non quello dell’educatore che è addestrato a non tenere conto delle apparenze.

 

Il Signore Dio dice: «Ora andate e imparate che cosa significhi: "Voglio misericordia e non sacrificio"; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori» (Matteo 9:13).

 

Quindi quando ci troviamo di fronte una persona difficile che fa sempre questioni di dottrine e che non vuole ascoltare le cose evangeliche che diciamo, cerchiamo di non prendere questo come una prova terribile che ci è “toccata, speriamo che finisca presto”, perché sarebbe solo un sacrificio, un dovere privo d’amore vero.

Chiediamoci invece: “Perché questa persona è così? Come posso fare per aiutarla a comprendere quell’amore di Dio che io ho ricevuto? Quali sono le difficoltà, gli ostacoli che glielo impediscono? Come posso trovare un modo adatto per comunicare con lei senza cadere io stesso nella rabbia e nell’aggressività? Cosa ne ha determinato l’atteggiamento ostile? Ha delle ferite in fondo al cuore? Come intercedere per lei? Ecc.“  

 

Anche se non è facile, cerchiamo di metterci nei panni dell'altro, ne capiremo i limiti e le ferite, i lati deboli e quelli forti.  Chiediamo al Signore il necessario distacco ma che non sia freddezza; il giusto modo di guardare ed agire ed amare senza sforzo, con serena spontaneità, proprio come se parlassimo ad un figlio o a una persona di casa. Nessuno dice che sia facile, ma più accogliamo il Signore in noi e più anche il nostro temperamento migliorerà.

 

 

 

 

 

  

 

(1) Il “primo avvento di Gesù” è quello che già conosciamo dove ha vissuto come uomo sulla terra duemila anni fa. Lo chiamiamo “primo avvento” per differenziarlo dal secondo, quando Gesù tornerà  non più nell’umiltà dell’agnello, ma come Re potente a giudicare le nazioni e a governare con giustizia per moltissimi anni.

 

 

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