Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 IL CORBAN - Marco 7:5-13 - QUANDO LA RELIGIONE PRENDE IL POSTO DI DIO - P.3  - di Angelo Galliani - 18-8-15 - h.8,15 -(livello 2 su 5)

 

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LA DISTRAZIONE RELIGIOSA

Prima di procedere nelle nostre riflessioni, permettetemi di sottolineare un aspetto della questione. Gesù dice ai farisei: “Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!”.  Ebbene, c’è da notare come tale “annullamento” della parola di Dio non avvenga in modo esplicito e dichiarato, ma in modo strisciante. Non si cancella pubblicamente un comandamento (sarebbe troppo sfacciato!) ma lo si rende inefficace con qualche prescrizione religiosa “speciale”. Questa è la famosa tecnica della distrazione dell’attenzione, tecnica usata comunemente dai prestigiatori (e talora anche da certi politici!) nel corso delle loro esibizioni: per non far vedere il trucco che adottano con la mano destra, attraggono la nostra attenzione sulla sinistra. Infatti è scientificamente provato che il nostro pensiero non può concentrarsi contemporaneamente su due cose diverse (ecco perché, tra l’altro, è molto pericoloso truccarsi o parlare al cellulare mentre si è alla guida). Dunque, i farisei, mettendo in mostra ben bene la mano della loro “offerta a Dio”, nascondevano astutamente l’altra mano, che rimaneva chiusa nei confronti dei genitori o, più in generale, di chiunque si trovasse nel bisogno.

 

CHI MALEDICE … SIA CONDANNATO A MORTE

Vorrei evitare di commentare ora anche il secondo passo richiamato da Gesù: “Chi maledice padre o madre sia condannato a morte”, ma ci sono costretto, visto che esso entra a pieno titolo nel contesto dell’episodio preso in esame. Diciamolo francamente: per la cultura occidentale moderna, questo comando sembra un’esagerazione. Qui da noi, nessun Codice Penale, nessun Pubblico Ministero e nessun tribunale potrebbero giungere a decretare la condanna a morte per chi maledice i propri genitori. Però, cultura a parte, rimane una verità che nessuno può disconoscere o cambiare: i nostri genitori sono coloro attraverso i quali Dio ci ha dato la vita, ci ha messi nel mondo e, in misura molto varia, ci ha in qualche modo protetti ed amati, soprattutto quando non eravamo in grado di provvedere a noi stessi. Dunque, tutti noi abbiamo un grande debito nei confronti  di Dio, un debito che passa attraverso le figure umane di papà e mamma. Aggiungo che gli affetti di famiglia sono componenti essenziali nel nostro corretto ed armonico sviluppo psichico e caratteriale, ed i nostri rapporti con la società sono uno specchio più o meno fedele di quello che sono stati i rapporti coi nostri genitori. Dico questo non per fare un’apologia delle mamme e dei papà (che pure hanno i loro difetti, e che pure commettono a volte errori fatali, se non addirittura crimini, nei confronti dei figli); dico questo solo perché c’è un rapporto preciso fra una famiglia disgregata e una società disgregata. Se le famiglie vanno male, la società non potrà che mostrarne i segni negativi, in vari sensi e a vari livelli. Dunque, la “condanna a morte” evocata dal comandamento citato da Gesù, magari non avviene nei tribunali umani, ma avviene senz’altro, sotto altri aspetti, nel tessuto di una società disfatta, caotica, preda delle proprie ambizioni e del proprio egoismo. Una società in cui padri e madri non siano più “onorati”, e dove non ci sia più spazio per l’amore e la gratitudine, è destinata fatalmente al l’abbrutimento e alla barbarie.

 

UN DIO ABUSATO

Nell’accusa di Gesù rivolta ai farisei, possiamo riconoscere un fatto grave: nel mondo religioso talvolta si giunge ad abusare del nome di Dio: lo si strumentalizza per i propri comodi, o per i propri interessi. Un esempio presente nei Vangeli stessi, come tutti certamente ricorderete, è quello che ci documenta su un Gesù che “perde la pazienza” davanti allo spudorato commercio che veniva effettuato all’interno del tempio di Gerusalemme. Con la scusa ufficiale di permettere ed alimentare il culto sacrificale, i cambiavalute e i venditori di animali facevano lucrosi affari sulle spalle dei pellegrini che venivano da lontano. Un altro esempio, non meno famoso per noi Protestanti, è quello di Martin Lutero che, giunto in pellegrinaggio a Roma, si trovò di fronte ad un altrettanto spudorato commercio, basato stavolta sulle “indulgenze”. La gente pagava somme più o meno ingenti per abbreviare i tempi di soggiorno in Purgatorio … E il papato, spacciandosi per “vicario di Cristo”, incassava montagne di denaro. In tal modo sono state rastrellate ricchezze enormi, che a loro volta sono state in buona parte impiegate per costruire templi sempre più sfarzosi, ricchi di opere d’arte, marmi, altari e decorazioni. Tutto ciò sempre con la scusa di “donare a Dio”, mentre i poveri e gli emarginati (cioè proprio coloro che Dio ci chiede di aiutare) continuavano ad essere ignorati e, di fatto, praticamente disprezzati.

 

PER CONCLUDERE

Qualcuno ha detto che l’umanità è come una famiglia di gobbi: ciascuno può vedere la gobba altrui, ma non riesce a vedere la propria. Questa buffa metafora contiene una verità: di solito è facile cogliere i difetti e le incoerenze altrui, ma raramente si riesce ad esaminare onestamente se stessi. Però, come sappiamo, la parola di Dio è come uno specchio, in cui ciascuno può vedere non solo il proprio volto, ma anche la propria … “gobba”. Questo è un lavoro che solo Dio sa compiere, nel profondo della nostra coscienza. Le parole umane lasciano il tempo che trovano: magari possono stimolare, provocare; ma il più delle volte danno semplicemente fastidio, perché non si è disposti a svolgere un’onesta autocritica guidata dallo Spirito (ecco perché essere profeta è sempre stato molto pericoloso!). Dunque, carissimi, non sono certo le parole di un sermone, quelle che possono produrre qualche cambiamento, perché vengono presto dimenticate. Ma sono solo le parole dello Spirito quelle che possono fare, di tutti noi, persone molto diverse da quei farisei formali e pedanti: persone coscienti di quel prossimo (parente che sia o no) che aspetta di essere “onorato” in un modo assai concreto.

Un abbraccio a tutti.

 

 [PDF completo: IL CORBAN - Marco 7:5-13 - QUANDO LA RELIGIONE PRENDE IL POSTO DI DIO ]

 

 

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