LA TRISTEZZA SECONDO IL MONDO E LA TRISTEZZA SECONDO DIO

 

di Renzo Ronca - 26-6-15 -

 

 

 

 

Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte. (2Corinzi 7:10)

 

Probabilmente se avessimo potuto vedere il viso di Pietro (dopo il triplice rinnegamento del Signore) e il viso di Giuda (dopo aver preso i trenta denari), avremmo visto  espressioni simili sul loro volto, cioè di grande tristezza, grande dolore, forse rabbia contro se stessi. Potremmo anche dire una tristezza simile. Ma come fu diverso il comportamento dopo!

 

Pietro amava Gesù e lo aveva già riconosciuto come Signore [1], credeva in Lui come ultimo rifugio in ogni circostanza [2]. Seppure nella tristezza del peccato commesso sapeva che il Signore era il Dio dell’amore; anche se straziato dal pensiero di averLo deluso, sapeva che tornando a Lui avrebbe comunque potuto ricevere la vita eterna e il perdono nella vita presente; e così fu.

 

Giuda seguiva Gesù come avrebbe seguito un Davide vendicativo contro gli oppressori, si aspettava da Lui una liberazione molto concreta ed immediata del popolo, forse con le armi. Giuda pur seguendo Gesù non era cambiato dentro [3] e quando capì di aver sbagliato ad averlo tradito, il senso di colpa invece di passare in un istante attraverso un pentimento assorbito dallo Spirito di Dio che gli apriva la porta della grazia, si richiuse su se stesso in una disperazione sorda e cieca che lo portò all’autodistruzione.

 

Quando ci capita di essere tristi  e malinconici subito telefoniamo a chiunque conosciamo, l’importante è evitarlo, non restare soli. C’è da chiedersi se sia giusto, se invece qualche volta non si debba fare spazio ad una “sana tristezza” riflessiva.

Il nostro sistema occidentale, basato su una educazione consumistica dove ogni spot televisivo ti mostra persone sciocche sorridenti e felici mentre spendono acquistando fesserie, non ammette che ci sia la tristezza: chi è triste è considerato “anormale”, fuori da ogni giro. Ne siamo certamente condizionati.

Tuttavia esiste una tristezza “buona” che viene da Dio: quella che per un po’ ti distacca dal presente e ti isola per riflettere. Riflessioni non distruttive ovviamente, ma positive, alla luce della grazia del Signore.

 

I Corinzi, dopo le lettere di Paolo, soprattutto dopo quella che era di tipo disciplinare [4] mostrarono un grande cambiamento verso il bene: il loro cristiano ravvedimento fu la conseguenza della inziale tristezza secondo Dio, che portò i seguenti frutti:

«a) tanta premura per fare ammenda per cercare una riparazione;

b) tante scuse per riscattare se stessi;

c) tanto sdegno contro gli oppositori di Paolo;

d) tanto timore per la loro passività e i suoi effetti nocivi;

e) tanto desiderio e tanto zelo per Paolo;

f) prontezza nell’eseguire la punizione. In tutto questo, in virtù del loro sincero pentimento avevano dimostrato di essere puri.» [5]

 

Facciamo tesoro allora, dell’esempio dei Corinzi. Può capitare che il Signore ci mandi dei rimproveri, delle correzioni; potrà farlo direttamente o tramite altri fratelli o per mezzo di circostanze che ci inducono a riconsiderare qualche nostro errore. Ebbene, accogliamo questa correzione sapendo che è per il nostro bene. Non ci lasciamo vincere dalla tristezza o dal senso di colpa! E se anche questo si affacciasse, preghiamo, preghiamo, preghiamo il Padre nel nome di Gesù risorto che ci ha amati così tanto e vedrete che prestissimo quella tristezza ci porterà in dono un nuovo modo di essere, più elevato, attivo, maturo e consapevole. Lo Spirito Santo ci educa ogni giorno ed ogni giorno ci rende migliori in modo da essere sempre più pronti ad abbracciare il Signore quando sarà il momento della Sua venuta. Lode a Dio.

 

 

 

 

  

 

[1] E Simon Pietro, rispondendo, disse: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». (Matteo 16:16)

 

[2] E Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna. (Giovanni 6:68)

 

[3] Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto quest'olio per trecento denari e non si sono dati ai poveri?» Diceva così, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, ne portava via quello che vi si metteva dentro. (Giov 12: 4-6)

 

[4] Paolo scrisse quattro lettere alla comunità di Corinto in questo ordine: la 1^ (andata perduta); la 2^ (che corrisponde alla 1 Corinzi della nostra Bibbia); la 3^ (andata perduta, quella con provvedimenti disciplinari); la 4^ (che corrisponde alla 2 Corinzi della nostra Bibbia).

 

[5] dal Commentario “Investigare le Scritture”

 

 

 

 

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