Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

Offerte e sacrifici nel cortile del santuario - E’ il peccatore che uccide l’animale - (SANTUARIO 6)

di Renzo Ronca - 9-5-12

 

 

 

[fig.14 Imm da “Uno studio sul significato spirituale del Tabernacolo” ]

 

 

 

 

La volta scorsa abbiamo visto l’importante differenza della imposizione di una mano e di due mani (D). Il peccatore ponendo una mano sul capo della vittima offerta si identifica con essa perché è pura e, chiedendo perdono a Dio, offre questa purezza all’Eterno, che l’accetta come accettò il sacrificio di Gesù offerto per noi.

 

Adesso introdurremo il “sacrificio” vero e proprio. Ci occuperemo di due punti in particolare:

1) Il concetto di sacrificio ed olocausto a quel tempo che non aveva il significato che ha per noi oggi;

2) L’uccisione dell’animale che avveniva per mano dell’offerente, non da parte del sacerdote; come mai?

 

1) Il  concetto di sacrificio ed offerta - Nel complesso rituale israelitico vi erano diversi tipi di  “offerte” e “sacrifici” (A); non entreremo qui nel particolare; ricorderemo solo “l’olocausto” (B)  e il “sacrificio per  il peccato” (C).

Quello che è importante è capire che tutto il sacrificio era visto in senso positivo, non come punizione ma quasi una festa, come una cosa piacevole e bella.  

 

“la parola «sacrificio» non è sinonimo di sofferenza, dolore, tristezza, come può sembrare. Essa esprime per contro: la gioia della lode (vedere olocausto); l'allegrez­za e il ringraziamento per quanto ricevuto (vedere sacri­ficio di azione di grazia); l'esultanza per quello che si è (avere l'Eterno quale Dio che guarisce dalla lebbra). Anche il sacrificio per il peccato, anche se è seguito dall'olo­causto, esprime gratitudine. In questo caso la tri­stezza dell'israelita non era data dal sacri­fi­cio in sé, ma dalla presa di coscienza che con il proprio comportamento aveva disono­rato Dio. Il sacrificio era motivo di gioia, era il mezzo, il rito con cui si esprimeva di accettare la volontà di Dio, cioè il suo perdono, la sua grazia.” (D)

 

L’idea moderna di sacrificio invece evoca subito dolore, sofferenza, “croce pesante”, tristezza, perdita. Per capire il senso delle parole della Bibbia allora, dobbiamo fare uno sforzo e ripescare il significato originale ebraico.

 

Il modo di vedere le cose attraverso gli occhi degli Israeliti, rispecchia il modo giusto che Dio stesso aveva trasmesso loro. L’Eterno infatti si è rivelato a tutti noi tramite quel popolo di Israele e noi dobbiamo averne rispetto; Dio si è fatto carne come giudeo in Cristo, parlando  con termini e mentalità israelitica.

Questo significa che noi occidentali, quando consultiamo la Bibbia dobbiamo sforzarci di farlo alla maniera giudaica non alla maniera occidentale.

Ad esempio io quando leggo i passi che parlano della croce e della passione di Cristo rimango spesso bloccato da quanto Lui ha patito e vengo riempito di dolore. Questo mi  ha impedito per lungo tempo di percepire l’amore, la pace la benedizione che il sacrificio di Cristo ci ha donato. Nella mentalità giudaica e negli scritti dell’AT infatti è assente ogni commento o senso di colpa per la vittima offerta. Se mai più che di “pena” per la vittima si può parlare di “responsabilità” come vedremo subito.

 

2)La responsabilità del peccato. L’uccisione dell’animale avveniva per mano dell’offerente (Lev 1:4-5)  Chi aveva commesso un peccato ed aveva pregato l'Eterno per il perdono, uccidendo la vittima sacrificale di persona, doveva anche capire che i suoi errori avevano comunque causato la morte di una vittima innocente. Il peccatore israelitico scegliendo la vittima pura e senza difetto, portandola al sacerdote, identificandosi con essa mentre chiedeva perdono a Dio, scannandola direttamente, vedendone il sangue, non poteva non collegare tutti questi atti in un insieme unico e divenire più consapevole delle sue azioni.

 

Anche oggi dovremmo capire quanto le nostre azioni non sono staccate da un perfetto insieme che è la Chiesa del salvati. Se un membro di questa famiglia soffre per un peccato commesso, soffre tutta la Chiesa come una famiglia ferita. E così, come il capofamiglia israelitico era responsabile per le persone che erano sotto la sua casa e per esse andava a compiere il sacrificio, così il nostro peccato ha caricato Gesù di responsabilità perché Egli è il capo e responsabile della nostra famiglia spirituale, della Chiesa dei salvati. Per questo si immolò sulla croce: per i nostri peccati che dovevano essere comunque espiati.

 

Per questo chi è stato salvato deve essere maggiormente consapevole delle sua azioni e mettercela tutta per non peccare più.

 

Oggi invece si è diffusa l’idea superficiale di un dio che perdona tutto come un semplice passaggio mentale, quasi magico. Secondo questa tendenza  in un attimo  tutto il male evapora come una fase logica e graduale della spiritualità: ti battezzi e sei perdonato, stop finito. E’ vero che Dio ci perdona ma non saltiamo di pari passo quello che c’è in mezzo: tra peccato e perdono c’è un pentimento per aver offeso l’Eterno.

 

Dobbiamo capire che se io non pago oggi la pena di questa offesa, è perché qualcuno la deve comunque aver già pagata! C’è una vittima (Gesù) che l’ha pagata per me, ha sparso del sangue perché io e te siamo oggi perdonati.

 

Il peccato dell’uomo è stato lavato dal sangue di Cristo e l’uomo che in Cristo crede e confida, deve mantenersi puro come in un ringraziamento perenne.

 

Il cristiano maturo infatti, a somiglianza del Cristo, offrirà se stesso a Dio come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio.

“Dio ha manifestato la sua misericordia verso di noi. Vi esorto dunque, fratelli, a offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente, a lui dedicato, a lui gradito. È questo il vero culto che gli dovete”. (Rom. 12:1 vers TILC)

 

"Infatti il sangue di capri e di tori e la cenere di una vitella bruciata purificano i sacerdoti dalle impurità materiali e li rendono adatti a celebrare i riti; ma quanto più efficace è il sangue di Cristo! Mosso dallo Spirito Santo, egli si è offerto a Dio, come sacrificio perfetto. Il suo sangue purifica la nostra coscienza liberandola dalle opere morte, e ci rende adatti a servire il Dio vivente". (Ebrei 9:13-14 vers. TILC)

 

Ma ovviamente questo credente nato di nuovo presenterà un sacrificio diverso, non più cruento, bensì fatto di ringraziamento, di lode perenne; perché il sacrificio vero per la nostra salvezza è stato compiuto una volta sola da Gesù, e sarà valido per sempre.

“ma io ti offrirò sacrifici, con canti di lode; adempirò i voti che ho fatto. La salvezza viene dal SIGNORE” (Giona 2:10)

 

Lode a te Signore nostro! Per il Tuo sacrificio d’amore noi ti ringraziamo con tutto il cuore, la mente e l’anima.

 

(continua)

 

 

 

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NOTE

 

(A)Deve essere prima fatta una distinzione fra il concetto di offerta e quello di sacrificio.  La parola "offerta" denota diverse categorie di doni fatti al Signore: 1. L’offerta prescritta da essere completamente o parzialmente bruciata sull’altare. 2. L’offerta volontaria da bruciarsi parzialmente sull’altare e consumata dai sacerdoti e dagli Israeliti come pasto comune. 3. La decima dei propri proventi (prodotti della terra e del bestiame). La parola "sacrificio" denota  il modo particolare con il quale vengono presentate particolari offerte. La parola zebah (sacrificio) è connessa alla parola mizbeah (altare), ed entrambe sono connesse con il verbo greco che significa "macellare, abbattere, uccidere". [“Offerte e sacrifici nella Bibbia” - riforma.net]

 

(B) L'olocausto, parola che significa "salire", era il sacrificio della lode, della devozione (Nm 15:3,8), era il sacrificio quotidiano del culto pubblico presentato ogni mattina e ogni sera. Era anche offerto a seguito del sacrificio per il peccato (Nm 29:16,22,25,28,31,34, 38). Era l'omag­gio principale nei confronti del Creatore, era l'atto d'adorazione per ec­cellenza, serviva all'espiazione, cioè alla purificazione (Lv 1:4) perché esprimeva l'adorazione e il riconoscimento dell'Eterno. Questo sacrifi­cio testimoniava che l'offeren­te gioiva dell'amicizia e della benedizione di Dio. Il rito si concludeva con un banchetto religioso che esprimeva la riconoscenza, l'allegrezza per la comunione con Dio. Chi partecipava a questo festino doveva essere puro perché la vittima era pura (Lv 7:20) [da Il libro di Levitico, di A. Pellegrini]

 

(C) Il sacrificio per il peccato (Lv 5:1-6) lo faceva l'israelita pentito di aver peccato. Con il rito dimostrava di accettare il perdono di Dio offren­do un agnello [o se non aveva la possibilità una tortora, due piccioni oppure parti di farina] [da Il libro di Levitico, di A. Pellegrini]

 

(D) da Il libro di Levitico, di A. Pellegrini

 

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