LA CONVIVENZA E' PECCATO?

di Angelo Galliani - (22-1-09) 9-2-13

 

 

 

Come spesso accade, ci sono domande che, essendo mal poste, non ammettono alcuna risposta esatta. Ad esempio, se ci domandassero: “Il cane è davvero amico dell’uomo?”, ci troveremmo nella stessa difficoltà, senza poter rispondere né sì né no. Infatti, se da un lato ci sono noti diversi commoventi episodi di fedeltà ed affetto (di un cane nei confronti del padrone), le nostre cronache registrano purtroppo altri episodi, in cui dei cani si sono resi protagonisti di tremende aggressioni ai danni di incauti passanti, soprattutto bambini, o ai danni dei loro stessi padroni.

Analogamente, nel caso della “convivenza”, come nel caso del cane, non si può rispondere il modo netto, con un sì o con un no, perché la realtà si presenta con un insieme multiforme di casi che vanno ben distinti l’uno dall’altro.

Se con la parola “convivenza” si intende un rapporto di coppia stabile (?) non ufficializzato da documenti legali, è evidente che una condizione di peccato non può essere semplicemente figlia dell’illegalità.

Infatti, ci sono molte cose legali che non vanno d’accordo con la misericordia e la giustizia di Dio (ad esempio, quando vengono sequestrati i pochi beni di un poveraccio che si è reso debitore insolvente, oppure quando uno viene condannato alla sedia elettrica…).

Ci sono poi molte cose illegali, o per lo meno non considerate come legali, che invece sono atti di misericordia e/o di giustizia (qui mi si consenta di non fare esempi; “a buon intenditor…”).

Se dunque il peccato, in senso cristiano, non è necessariamente correlato a questioni legali, a documenti ufficiali e carte bollate, allora a che cosa può essere messo in relazione?...

La risposta, in questo caso, è fin troppo semplice: all’amore. Come sappiamo da Gesù stesso, l’amore è il “cuore” della volontà di Dio, perché Dio stesso “è amore”.

Dunque, ogni rapporto umano che non si fondi sull’amore, ma su qualche altra cosa, non rispecchia la volontà di Dio, ed è quindi passibile di essere considerato come “peccato”.

Mi si perdoni la semplificazione, che forse potrebbe apparire eccessiva; ma ritengo che questo sia l’unico criterio per orientarsi in una casistica fin troppo complessa e differenziata. Infatti, le persone stanno insieme per i motivi più diversi, molti dei quali abbastanza palesemente egoistici: per motivi di insicurezza, per opportunismo sociale, per interesse economico, per garantirsi lo scambio sessuale, per certe consuetudini sociali, per semplice abitudine… E chi più ne ha più ne metta. In questo senso, molte unioni ufficiali e legalissime potrebbero essere “stonate” e di ben poco valore, davanti a Dio, perché formate dall’unione di due diversi egoismi.

Però, viceversa, è anche vero che la convivenza in sé non può dirsi indice di maggiore correttezza o maggiore spiritualità. A volte, anzi, essa è solo segno di maggiore consapevolezza delle proprie incertezze, che magari vengono dichiarate senza mezzi termini fin dall’inizio.

Quindi il punto cruciale, che vorrei sottolineare, è questo: in realtà non può avere un reale contenuto spirituale la distinzione fra unioni “legali” e unioni “di fatto”, come se solo le seconde fossero riprovevoli davanti a Dio.

Come ho già detto, sono invece da considerarsi riprovevoli quelle unioni in cui il partner viene trattato come un oggetto, per realizzare fini puramente egoistici, in qualunque senso ciò si concretizzi praticamente.               

 

Correlazioni:

 

MATRIMONI CONSAPEVOLI TRA FEDI DIVERSE, SI PUO’?  RR

 

Quando lui diventa evangelico e lei rimane cattolica  RR 2012

 

E’ peccato sposare un non credente?  RR 2011

 

 DIVORZIO, MATRIMONI MISTI, CONVIVENZE, ECC - PAGINA 8 DI ES3  RR 2001

 

 

 

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