APPROFONDIMENTI SULLA COSCIENZA DOPO LA CONVERSIONE E SUL MODO RAGIONATO DI APPLICARE LE SCRITTURE PER CRESCERE NON PER CONDANNARE - DIVORZIO E BIBBIA 4 – di Renzo Ronca - 11-1-19

 

 

 

Sig. Renzo, da giorni ripenso a quello che ha pubblicato circa il matrimonio e divorzio ho letto il suo commento e quello del prof Sargentini e li ho trovati piuttosto “freddini” formali anche se rispettosi della Bibbia ma leggermente staccati dalla realtà. Forse ho provato questa sensazione perché cercavo una risposta al mio caso personale, che comunque le espongo: come considerare la separazione/divorzio (davanti alla legge di Dio e a Dio Padre) nel caso di chi si è sposato civilmente in una fase della vita in cui era ateo e poi ha avuto il dono della fede? […]

 

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Gentile lettore è vero, forse sono stato piuttosto sbrigativo in “Divorzio e Bibbia 1”, ma dopo “Divorzio e Bibbia 2” del Prof. Sargentini   c’è stato anche “Divorzio e Bibbia 3” di cui scritto di oggi potrebbe essere una specie di continuazione (lo ha letto?) e vi sono stati anche scritti precedenti. Ad ogni modo non ha torto, bisognerebbe avere sottocchio l’insieme degli scritti, anche degli altri casi; e siccome i casi sono sempre diversi l’uno dall’altro ho pensato di fare una specie di nuovo dossier in cui mettere i più importanti (tra cui inserirò anche questo), in modo da avere in futuro una prospettiva più ampia per eventuali interessati. [Il dossier di 34 pagine in PDF  è qui: DIVORZIO E BIBBIA ]

 

Veniamo alla sua domanda: come considerare la separazione/divorzio (davanti alla legge di Dio e a Dio Padre) nel caso di chi si è sposato civilmente in una fase della vita in cui era ateo e poi ha avuto il dono della fede?

Vedo che fa subito una distinzione tra “Legge di Dio” e “Dio Padre”. Teoricamente dovrebbe essere la stessa perché il giudizio di Dio (quello chiamato “universale” alla fine dei tempi) avverrà ad opera di Dio Padre sulla base della Sua Legge.[1]  

 

Quindi finché è Dio il soggetto che considera valuta e giudica, possiamo dire che “Legge di Dio” e “Dio padre” possono essere unificati. La differenza a cui forse lei si riferiva era l’applicazione della “Legge di Dio” da parte delle chiese, in base al loro modo di interpretare la Scrittura. Vedo che lei è evangelico, dunque immagino sappia quanto diversa sia la dottrina ad es. tra cattolici e protestanti. Non solo, ma tra evangelici stessi saprà che ci sono differenze notevoli che posso sorprendere, sia per eccessiva rigidità  che per eccessiva tolleranza.

Per questo io non parlerei più di dottrine di questa o quella chiesa cristiana (che evidentemente non sono mai uguali tra loro) ma parlerei di coscienza del singolo “nato di nuovo in Cristo” in base alla maturità che è scaturita dal rapporto suo personale con il Signore. Accennammo alla  “Azione di Dio nella coscienza dopo la conversione” la volta precedente verso la fine (DIVORZIO E BIBBIA 3 - Legge e coscienza), forse è il caso di riprendere il pensiero, che vorrei sottolineare bene: non parlo di coscienza in senso generale  perché ognuno può avere una coscienza condizionata da una cosa o dall’altra, e nemmeno della coscienza psicologica o politica, ma mi riferisco esclusivamente alla coscienza del singolo individuo “NATO DI NUOVO IN CRISTO”, cioè che ha veramente sperimentato in se stesso l’esperienza della rigenerazione, dovuta ad un incontro spirituale interiore col Risorto. Questo tipo di coscienza cristiana, che sarebbe una risultate tra il  l’“Io” della persona convertita e l’espressione educatrice dello Spirito di Dio, è sempre in evoluzione, così come sempre si espande Dio. La maturità di questa persona viene allora a santificarsi e consacrarsi sempre più a somiglianza del Signore.

Probabilmente quanto dico non soddisferà i credenti più tradizionalisti, ma penso che una stessa azione, commessa da due persone diverse, potrebbe essere valutata diversamente da Dio. Solo chi sa leggere nel cuore infatti può stabilire se c’è stato un volontario peccato-trasgressione della legge oppure no. Due coniugi  che si separano non sono mai uguali ad altri due che si separano; stessa cosa per i coniugi che di fronte a certe difficoltà decidono di rimanere insieme; ogni caso è diverso dall’altro. Lo schema a blocchi è una invenzione politica: divorzio, aborto, gay, utero in affitto, embrioni, libera droga, libera morte, profughi si profughi no, ecc., non si possono risolvere con un si o con un no. Questa tendenza che riduce tutto al si e al no, al bianco o al nero, alla condanna o all’assoluzione, sembra democrazia, ma in realtà è una lotta di potere che non risolve niente. Uscirà solo una imposizione legislativa che spaccherà il paese in due, che non tiene mai conto del singolo e che può causare grandi ingiustizie. Solo Dio è in grado di non fare “di tutta un erba un fascio” e di tenere conto di quello che c’è nel cuore di ciascuno (anche per questo noi aspettiamo il Suo governo non quello umano).

Può sorgere a questo punto una domanda: se solo Dio sa quello che pensa e se noi non dobbiamo giudicare, allora a che servono le Scritture? Le Scritture servono moltissimo ma dobbiamo imparare a saperle leggere. Per prima cosa evitiamo di prendere  la frasette del NT come fossero un altro decalogo! Se avessimo avuto bisogno di un ulteriore codice, Dio ci avrebbe aggiunto i comandamenti 11, 12, 13… .

Nell’AT la legge era diventata un idolo, così tanto da “uccidere” - per così dire - lo stesso Messia Gesù Cristo. Va da sé allora che noi cristiani formati nel NT, non dobbiamo fare lo stesso errore dei giudei. Per cui prenderemo le Scritture, soprattutto del NT, non come codici legislativi utili per stabilire il grado della condanna, ma come AIUTI, mezzi di sviluppo, riferiti alla nostra COSCIENZA RINNOVATA per farci CRESCERE e capire di volta in volta il comportamento migliore.

Col rischio sempre di scandalizzare qualche fondamentalista cristiano, vorrei aggiungere che le nostre decisioni anche se prese con coscienza cristiana –oggi-, possono modificarsi –domani-, nel corso della nostra crescita spirituale morale e comportamentale. Il nostro cuore batte, si muove, si evolve, cresce, diventa sempre più “grande”. Anche la nostra mente, seguendo il cammino di Dio, acquista sempre più spazio di pensiero. Ed anche la nostra coscienza com-prende sempre più cose; questa è quella che chiamo “espansione spirituale”: cioè uno sviluppo spirituale e mentale sempre più ad immagine del Dio di giustizia e d’amore.

Stabilito questo, e cioè che il ruolo di giudice non compete a nessun uomo e a nessuna denominazione, possiamo avvicinarci con maggiore saggezza e rispetto al caso che lei ha proposto che sicuramente adesso le apparrà un poco più “relativo”. Per relativo mi riferisco ad una priorità che l’apostolo Paolo soleva mettere in evidenza: “Infatti, tanto la circoncisione che l'incirconcisione non sono nulla; quello che importa è l'essere una nuova creatura.” (Galati 6:15);   “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2Corinzi 5:17). Secondo me infatti è alla luce di questi grandi direzioni, ben rimuginate, che dobbiamo proseguire la nostra strada di crescita nella coscienza e conseguentemente nell’applicazione giornaliera della stessa.

Proviamo infatti a mettere l’ultima frase della Scrittura “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2Corinzi 5:17), accanto alla sua domanda: come considerare la separazione/divorzio nel caso di chi si è sposato civilmente in una fase della vita in cui era ateo e poi ha avuto il dono della fede?

Cosa ne deriva? Una riflessione. Se lei oggi è “in Cristo”, è una “nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove”. Che significa? Detto in maniera fin troppo terra-terra si potrebbe parafrasare in questo modo: “Quello che è stato è stato, ragiona come sei oggi, al presente, unito al Risorto”. Non voglio dire che un matrimonio civile prima di convertirsi non vale niente, intendiamoci bene! Assolutamente no! Voglio semplicemente dire che in questo caso la sua coscienza è cambiata e non è più la stessa di prima. Dopo il matrimonio lei ha accolto con gioia la fede nel Signore. Non so su cosa era fondato il vostro matrimonio prima, cosa vi aveva spinti ad unire i vostri progetti di vita; qualunque essi siano stati (buoni o cattivi), erano comunque diversi da quelli che ora albergano nel suo cuore; e a quanto pare non nel cuore di sua moglie (altrimenti sua moglie avrebbe camminato insieme a lei, si sarebbe convertita pure lei in qs anni,  o avrebbe mostrato un cenno di interesse, non una chiusura così netta, seppure sofferta).

Secondo me non ci sono peccati o sensi di colpa (è solo la mia opinione): uno è cambiato l’altra no. Il suo matrimonio civile come era prima non funziona più e dunque va oggi rivisto e corretto alla luce di un’altra direzione che è sopraggiunta. Il cambiamento cristiano, la trasformazione delle nostre coscienze per mezzo dello Spirito di Dio non è certo un fatto di cui vergognarsi; se mai è un fatto di cui assumersi anche la responsabilità.

Il mondo funziona con un certo tipo di ingranaggi; quando uno diventa cristiano gli ingranaggi del mondo si inceppano ed è logico che si creino situazioni spiacevoli anche all’interno delle famiglie. Quando uno lascia entrare il Signore nel suo cuore, tutto il verso della sua vita cambia: prima era il “regno della morte”, dove tutto comunque alla fine moriva per sempre, adesso con la speranza cristiana è il regno della vita, dove tutto può risorgere. Sono due direzioni contrapposte.

Le famiglie già vivono solitamente con equilibri precari, poi quando c’è una rivoluzione di questo genere come la fede cristiana, allora tutti gli equilibri diventano squilibri; ci si deve rimettere coraggiosamente in discussione per riequilibrarsi; lo dovrebbero fare possibilmente tutti i componenti della stessa famiglia; infatti non sono rari i casi in cui dalla conversione di un membro si convertono anche gli altri. Ma quello che non si dice è che non sempre avviene così, spesso è vero il contrario, cioè molte famiglia si sfasciano.[2]    

 

Non a caso Gesù dice: “Voi pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto divisione; 52 perché, da ora in avanti, se vi sono cinque persone in una casa, saranno divise tre contro due e due contro tre; 53 saranno divisi il padre contro il figlio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia, la figlia contro la madre; la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera» (Luca 12:51-53).  Queste affermazioni di Gesù sono molto forti e di solito non se ne parla quando si predica nelle chiese, perché agli ascoltatori piace molto di più l’immagine di un dio pacifico che dice: “amiamoci tutti e facciamo un mondo di pace senza guerre”. Ma purtroppo chi predica così non tiene conto della prima e della seconda venuta di Cristo, dove la seconda sarà ben diversa dalla prima. Ecco le parole di un noto commentario biblico in merito ai passi di questi versetti in Luca 12:49-53 «Effetti della prima venuta di Cristo (12:49-53) - 12:49 Il Signore Gesù sapeva che la sua venuta sulla terra non avrebbe, inizialmente, portato pace. Prima doveva provocare divisioni, conflitti, persecuzioni, spargimento di sangue. Egli non venne con il dichiarato scopo di causare tale fuoco sulla terra, tuttavia fu questo l’effetto, o la conseguenza, della sua venuta. Nonostante i dolori e le ostilità che esplosero durante il suo ministero sulla terra, fu solamente alla croce che il cuore dell’uomo si manifestò per quello che era. […] 12:51-53 Gesù sapeva molto bene che la sua venuta non avrebbe portato pace sulla terra. Perciò avvisò i discepoli che le persone convertite sarebbero state perseguitate e scacciate. L’ingresso del cristianesimo, in una famiglia media di cinque persone, avrebbe diviso la famiglia. […] Questo brano smentisce la teoria che Gesù sia venuto per unire gli uomini (devoti e non) in un’unica “fratellanza universale”. Al contrario, li ha divisi come non lo erano mai stati prima!»[3]

 

Non vorrei concludere cinicamente dicendo: “in certi casi il divorzio è una normale conseguenza, ognuno è responsabile delle sue scelte”, ma concludo con una realistica considerazione: Dove c’è una vera “nuova nascita cristiana” nulla è più come prima. Abbiamo visto che cambiano le coscienze e in una famiglia cambiano gli equilibri. E’ vero che chi ama l’altro si deve preoccupare per l’altro, ma questo non vuole dire che deve annullarsi tristemente per l’altro dimenticando soffocando o nascondendo la sua fede cristiana. Dove non è possibile la condivisione della fede tra coniugi e dunque la condivisione dei progetti insieme e per estensione della vita in comune, se ne prenda atto, si decida quello che si deve decidere e, seppure con dispiacere per chi non accoglie il cambiamento, si vada avanti.

E’ pur vero che molti cristiani riescono a vivere e ad amare un coniuge non credente, ma anche qui bisogna vedere tante cose: fino a quando un credente può “trainare” o convivere in una famiglia dove ad esempio Dio è visto come una necessità puerile? Io non lo so. Certa è una cosa: in questi casi per il credente è difficile restare ma è anche difficile andarsene. E’ una situazione difficile in cui nessuno dovrebbe fare da maestro.

Secondo me nel cristiano che vive bene la sua “consacrazione” si vengono a formare piano piano delle consapevolezze. In tali consapevolezze l’una o l’altra decisione ci viene suggerita in qualche modo da Dio stesso, che ci darà anche la forza e i mezzi per realizzarla.

 

 

 

 

 


 

[1]

Quando parliamo di “Legge” ci riferiamo alla “legge morale” o “regale”, cioè al decalogo.

 

[2]

Oppure, come nel caso di certe chiese, è spesso la donna ad essere penalizzata, perché nell’ottica di una certa dottrina essa è “sottoposta comunque all’uomo”, quindi il consiglio che danno certi preti e pastori alle donne che vogliono divorziare è quasi sempre quello di non farlo, anche a costo di subire passivamente un comportamento anticristiano del marito.

 

[3]

“Il commentario biblico del discepolo” di William MacDonald

 

 

 

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