Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 Genesi 3:22 “L’uomo è diventato come uno di noi… che non prenda anche del frutto dell’albero della vita…”

di Renzo Ronca - 21-7-15- h.8 - (livello 4 su 5)

 

 

  

 

DOMANDA:  "Vorrei capire meglio Genesi 3:22..."

RISPOSTA: Più ci addentriamo nello studio della Bibbia e meno ci basta il materiale che abbiamo sotto mano, è normale. Ed è anche bello questo ns desiderio di sapere.

Il libro della Genesi è il più studiato di tutti. Vi sono persino delle parti che sembrano in contraddizione e che vanno avvicinate con moltissima cautela. Certe volte vorrei essere un rabbino per avere il suo bagaglio culturale e la padronanza della sua lingua. Beati loro che nell’ebraico possono esplorare l’oceano della conoscenza! Noi occidentali facciamo del nostro meglio ma non sempre arriviamo a cogliere tutte le sfumature. L’ebraico infatti non ha un ricchissimo vocabolario e la stessa parola può avere innumerevoli significati. Se uno non sta più che attento al contesto generale dunque, può facilmente capire una cosa per l’altra.  Ti converrà andando avanti nelle tue riflessioni servirti di scritti sempre più specifici, non sempre raggiungibili nel web. Ma veniamo al passo specifico:

 Genesi 3:22

Poi Dio il SIGNORE disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre».

 Fermo restando che la nascita del male rimane comunque per noi un mistero, resta il fatto che il peccato entrò nell’Eden per mezzo del “serpente” e inquinò la purezza dell’uomo gettandogli dei dubbi sulla veridicità di quanto l’Eterno aveva detto. Non solo ma gli mise un terribile “seme di superbia”: ricordiamo questo passaggio: “Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male»”. (Genesi 3:4-5)

Eccola la radice “affascinante” del peccato: il voler essere come Dio.

Non so se il serpente intendesse dire “essere un Dio allo stesso modo dell’Eterno” oppure “essere eterni come era eterno Dio”.  Ma certo una volta buttato l’amo, vedendo che l’uomo abboccava (mettendo cioè in dubbio la Parola di Dio, quindi accettando l’idea che la verità non fosse in Dio), non si prese la briga di spiegarlo.

Ancora oggi l’esaltazione/ribellione dell’uomo ha come base questo profondo peccato: volersi sentire come Dio.

Tuttavia se è vero che l’uomo poteva conoscere il bene ed il male, non poteva arrivare ad essere eterno se non per mezzo “dell’albero della vita”. Questo albero della vita era nell’Eden, non era quello del “bene e del male” ed era per così dire teoricamente “raggiungibile”: “Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.” (Genesi 2:9)

Il serpente propose all’uomo una scorciatoia: arrivare alla vita eterna senza passare per una crescita graduale secondo il piano di Dio che prevedeva all’uomo appena creato una crescita prima di  arrivare alla maturità, momento in cui avrebbe poi potuto conoscere sia l’albero del bene e del male che l’albero della vita. [La parola “proibire” non si esclude possa avvicinarsi in questa ottica alla sua radice latina “pro-habeo” “per avere”, “prima di avere”]. L’albero della conoscenza del bene e del male doveva essere conosciuto al momento stabilito da Dio non “fuori tempo” e non certo per “essere come Dio”.

L’intervento drastico dell’Eterno fu necessario perché l’uomo non solo aveva conosciuto il bene ed il male, ma conoscendolo prematuramente, sotto una spinta di dubbio verso Dio, si era “contaminato” “inquinato” perché “preso” dal male stesso [diversa è la condizione di Dio che conosce il bene ed i male ma non ne è preso].

Tale inquinamento non poteva sussistere in un ambiente incontaminato come l’Eden, dove l’uomo e Dio si potevano “incontrare” direttamente [“Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera..” (Genesi 3:8a)]

L’uomo dunque sarebbe stato subito distrutto alla presenza di Dio, proprio per aver “inglobato” il peccato.

L’intervento di Dio allora fu rapido e molteplice:

1) Allontanò l’uomo da quell’ambiente sia per non distruggerlo con la Sua sola presenza (pensa ad esempio a materia ed antimateria due realtà che non possono convivere unite) e sia per salvarlo con un piano che lo avesse “ripreso” “riagganciato” nel tempo. [il rivestimento di pelli –che sono fatte di animali uccisi- allude anche al sacrificio dell’agnello-Gesù che ci salva]

2) L’albero della vita non fu più raggiungibile (probabilmente fu portato in cielo) perché non si può raggiungere l’eternità con il peccato. Per assurdo se un peccatore diventasse eterno sarebbe “come Dio”, e questo non sarebbe possibile. Non a caso ritroviamo questo albero della vita alla fine, in Apocalisse [secondo alcuni studiosi le sue foglie serviranno di nutrimento a quelli salvati dopo l’inizio del millennio, secondo altri serviranno come una specie di balsamo per tutti].

3) La presenza di angeli che sbarrano le porte in un certo senso impedisce/interrompe quel primo progetto di crescita dell’uomo. Egli potrà arrivare all’eternità solo con il riscatto del sangue dell’Agnello.

4) Come conseguenza del peccato, nella “correzione” di Dio, l’uomo per essersi innalzato a voler pensare di essere come Dio dovette conoscere non le vette elevate dell’eternità ma la bassezza della terra da cui era nato. Non solo della terra in senso generale, ma una terra “maledetta” (Gen 3:17) che avrebbe ricambiato il suo lavoro con fatica e tribolazioni.

 

 

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