IL SENSO DELL'ATTESA: LA TENSIONE DELL’ANELITO

              Prepariamoci al rapimento della Chiesa 3  - di Renzo Ronca  - Genn. 2006 (ried.17-8-12)

 

 

 

 

 

 

Parleremo questa volta del desiderio dell’anima nostra verso Dio, che abbiamo chiamato “tensione dell’anelito”.

 

“Io li attiravo con corde di umana gentilezza, con legami d'amore; ero per loro come chi solleva il giogo dal loro collo, e mi piegavo per dar loro da mangiare.” (Osea 11:4)

 

Dio ci attira dolcemente con amore infinito ed il nostro cuore s’innamora. L’amore è come un legame. Un legame delizioso, ma è pur sempre una corda che si tende…

 

In certi casi questo amore diventa forte, il desiderio di Dio come una passione e la Sua nostalgia ti può struggere il cuore. Ciò che si prova è una specie di ferita d’amore, una bramosia difficile da spiegare che ti fa perfino soffrire e che si placa solo alla Sua presenza.

 

Ricordo una coppia di Napoli (felicemente sposata, con 3 figli): a quel tempo erano giovani fidanzati e lui dovette partire per fare il soldato in un paese del nord. I due erano così innamorati che appena poteva lui la chiamava al telefono, ma… per la commozione non riusciva a parlare e nemmeno lei. Così passavano lunghi minuti a piangere insieme, chiamandosi ripetutamente per nome tra i singhiozzi.

 

Come si può spiegare quell’emozione?  Felicità o dolore? Passavano il tempo contando i minuti per la telefonata e poi quando sentivano la voce dell’altro, il piacere si univa alla nostalgia, al desiderio di abbracciarsi ed alla sofferenza. Un amore forte che si può acquietare solo con l’abbraccio vero, reale, dove uno si perde nell’altro, fuori dal mondo.

 

Con tutti i limiti dell’esempio, vi sono anime così innamorate di Dio che lo desiderano incessantemente e nella preghiera vorrebbero slanciarsi in quell’abbraccio e perdersi in Lui. Ed il Signore pure ci ama profondamente, esclusivamente, fortemente. Per questo Egli si rivela ai nostri cuori.

 

Ma quanto potrà rivelarsi Dio? Quanto della Sua santità e della Sua gloria può essere contemplato dall’uomo senza che l’uomo ne sia annichilito?

 

Finché resteremo in questo corpo mortale non potremo vedere e gustare Dio completamente. La Sua gloria la Sua potenza ci distruggerebbe. Egli si rivela tenendo conto della debolezza dei nostri vasi.

Più sarà forte, intensa, la Sua rivelazione e più sarà forte e struggente poi il ricordo e la nostalgia.

 

Il nostro corpo, misteriosamente, in rari casi che i contemplativi chiamano “rapimento mistico” e che sono come degli anticipi del rapimento della Chiesa, può percepire il divino, subirne un’emozione fortissima, ma per la grazia Sua non esserne distrutto[1].

Ma ogni volta che preghiamo, ci accostiamo per fede al Signore e si può arrivare a sentirlo davvero vicino, come se si potesse ammirarlo….. ed è così difficile interrompere quei dolci momenti!

 

E poi cosa succede allo spirito nostro? L’anima nostra assetata non si accontenta e vorrebbe fondersi con l’Amato; perdersi in Lui essere un tutt’uno con Lui.

Come spiegare all’anima nostra che deve saper aspettare?

 

Credo sia molto difficile.

Non ci resta che imparare convivere con questa nostalgia spirituale e cedere dolcemente al richiamo d’amore che ci “costringe” a struggenti momenti di intimità con l’Amato. Li’ accanto a Lui, troveremo riposo. Se poi dopo, nel quotidiano, sentiremo ancora più forte il desiderio di Lui, consoliamoci pensando che presto, molto presto, staremo insieme per sempre.

 

Ma amarlo non significa vivere questo rapporto solo per se stessi, in una sorta di “egoismo spirituale”:

Dopo che ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giona mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo Signore, tu lo sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli». (Giovanni 21:15)

 

L’amore di Gesù ci spinge ad amare l’altro, a trasmettere quanto abbiamo ricevuto. Questo Lui vuole. La volontà di Dio per noi è importante se davvero Lo amiamo. Vivere è importante perché Lui vuole che viviamo. Compiamo i nostri doveri riflettendo il più possibile quell’amore con cui Lui ci avvolge nei momenti di comunione.

 

Insopprimibile, comunque resterà sempre in noi quell’anelito, quel desiderio di essere uniti a Lui; solo parzialmente domato dalle attività . Prepotente è quest’amore verso Dio. A volte non ci importerebbe di niente e di nessuno; e forte sarebbe la tentazione di appartarci, anche fisicamente dal mondo, per poter gustare sempre, egoisticamente, le dolcezze di Dio.

 

Gli chiese per la terza volta: «Simone di Giona, mi ami tu?». Pietro si rattristò che per la terza volta gli avesse chiesto: «Mi ami tu?», e gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore.

In verità, in verità ti dico che, quando eri giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà là dove tu non vorresti». (Giovanni 21:17-18)

 

Seguiamo docilmente, umilmente, lo Spirito Santo cari amici; sforziamoci di attendere e di placare la nostra passione da Lui stesso accesa; lasciamo che nella nostra anima rimangano le “ferite” di Dio. Egli, molto presto le fascerà con la Sua piena presenza.

 

Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata. Ho chiesto loro: «Avete visto colui che il mio cuore ama?».

Le avevo appena oltrepassate, quando trovai colui che il mio cuore ama. L'ho stretto saldamente e non intendo lasciarlo finché non l'avrò condotto in casa di mia madre e nella camera di colei che mi ha concepito.

Vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per le gazzelle e per le cerve dei campi, non destate e non svegliate l'amore mio finché così le piace. (Cantico 3:3-5)

  (continua)

 

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[1] 2Corinzi 12:2 Io conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa (se con il corpo o fuori del corpo non lo so, Dio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo.

 

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